Pietro Crivellaro – La battaglia del Cervino

Per fare gli italiani

recensione di Andrea Casalegno

dal numero di novembre 2016

Pietro Crivellaro
LA BATTAGLIA DEL CERVINO
La vera storia della conquista
pp. 212, € 18
Laterza, Bari 2016

“Albergo di Breuil, 14 luglio 1865. Caro Quintino, con un espresso ti mando un dispaccio a S. Vincent, distante di qui 7 ore di cammino. Oggi alle 2 pomeridiane con un buon cannocchiale vidi Carrel e soci sulla estrema vetta del Cervino… Dunque il successo pare certo… Whymper era andato a tentare dall’altra parte, ma credo invano… Farò il possibile per aspettarti onde possa venire tu stesso. F. Giordano”.

Il messaggero che si precipita a rotta di collo per recapitare questo dispaccio dell’ingegner Felice Giordano a Quintino Sella, ministro delle Finanze del nuovissimo Regno d’Italia, non è un qualunque valligiano; è il viceparroco di Cogne Amé Gorret, appassionato scalatore, che conosce palmo a palmo le montagne in cui è nato e che ha già compiuto nel 1857 un tentativo di salita al Cervino. La notizia della vittoria corona anni di tentativi. Per decenni le nostre Alpi sono state terreno di gioco e di conquista quasi esclusivo degli alpinisti inglesi. Finalmente gli italiani si sono presi la rivincita! Quintino Sella lavorava da anni per realizzarla.

Sella non è solo una grande figura della Destra storica, l’inflessibile custode del pareggio di bilancio. Ingegnere, geologo, ha la passione dell’alpinismo. È convinto del valore educativo, soprattutto per i giovani, del rischio consapevolmente affrontato per scalare le montagne, e lo offende, come patriota, il pensiero che le prime ascensioni siano praticamente un monopolio degli inglesi. Per questo ha guidato nell’agosto 1863 la prima salita italiana alla vetta del Monviso (la prima assoluta se l’è aggiudicata nel 1861 l’inglese William Mathews, condotto da una grande guida di Chamonix, Michel Croz); per questo ha fondato al Castello del Valentino di Torino, il 23 ottobre dello stesso anno, il Club Alpino Italiano.

Jean-Antoine CarrelMa la grande sfida è quella del Cervino. Sella e Giordano ci contano, perché sono riusciti ad accaparrarsi Jean Antoine Carrel, detto il Bersagliere (ha combattuto nelle guerre d’indipendenza), la guida che da anni cerca di raggiungere la cima della Gran Becca dal versante italiano, a quel tempo ritenuto l’unico percorribile. Dal 1862 Carrel è l’uomo di fiducia di Edward Whymper, un incisore inglese poco più che ventenne, che sta rapidamente diventando il maggior collezionista mondiale di cime inviolate. Anche in quel luglio 1865, dopo un 1864 di attesa, Carrel è in parola con lui. Ma le ragioni patriottiche prevalgono, aiutate da sostanziosi compensi: il Bersagliere si sgancia con una scusa e mette la sua esperienza al servizio di Sella e Giordano.
Whymper ne è amareggiato ma non si dà per vinto, e decide di tentare l’ascensione dal versante svizzero di Zermatt. Là incontra alcuni alpinisti inglesi che stanno lavorando allo stesso obiettivo. Nasce così una cordata di sette persone: tre guide, due svizzere, Taugwalder padre e figlio, e il fortissimo Michel Croz, che Whymper ben conosce; e quattro di coloro che a quel tempo venivano chiamati “viaggiatori” e che, pur condotti in vetta da guide locali, si arrogavano il vanto di ogni prima ascensione. Sono Whymper, il reverendo Charles Hudson, alpinista di grande esperienza, lord Francis Douglas e un giovane fisicamente forte ma del tutto inesperto, Douglas Hadow. Può sembrare assurdo cooptarlo nel tentativo di scalare una cima che i più considerano inviolabile; ma il veterano Hudson garantisce per lui e Hadow è accettato.

Chi arriverà primo in vetta?

 Ecco perché il 14 luglio 1865 sul Cervino sono in corso due tentativi, uno italiano dal Breuil e uno inglese da Zermatt. Chi arriverà primo in vetta? L’abate Gorret corre a valle con l’annuncio della vittoria. Ma l’entusiasmo dura solo qualche ora. Mentre Carrel sta per affrontare il passo decisivo, a poco più di 200 metri dalla cima, sente delle voci in vetta, e gli crolla il mondo addosso. Era così sicuro che l’ascensione dal versante svizzero fosse impossibile, che se l’è presa comoda, litigando perfino coi compagni di cordata! Avrebbe potuto tranquillamente vincere, e invece… Affranto, non prova neppure a proseguire: ordina la discesa e ritorna al Breuil quasi di nascosto. Gli uomini visti in vetta erano gli inglesi! E infatti il 15 luglio una seconda lettera parte dal Breuil. Giordano scrive a Sella: “Caro Quintino, ieri fu una cattiva giornata e Whymper finì per spuntarla contro l’infelice Carrel… Io procuro di fare come Terenzio Varrone dopo la battaglia di Canne”. Eppure non tutto è perduto. Il 16 luglio Giordano scrive: “Whymper giunse primo… ma purtroppo la pagò cara. Nello scendere dalla punta tre viaggiatori e la guida famosa Croz di Chamonix che era in testa rotolarono sino al fondo del picco… A Zermatt si è nella tristezza. Jeri a forza d’arrabbiarmi organizzai un’altra spedizione che partì questa mane e se il tempo la seconderà spero che pianterà la bandiera sul picco”.
cervino-whymper

La conquista del Cervino di Whymper in una stampa di Gustave Doré

La vittoria di Whymper si era subito mutata in tragedia. Hadow, scivolato nei primi passi della discesa, aveva travolto Croz e trascinato nell’abisso anche Hudson e Douglas. Solo la rottura della corda aveva permesso a Whymper e ai due Taugwalder di salvarsi. La stampa inglese, invece di celebrare il trionfo, condanna unanime la “follia” dell’alpinismo. Lo stesso Whymper, pieno di sensi di colpa, invia un dettagliato resoconto dei fatti non a un giornale del suo Paese ma, il 26 luglio,“al segretario del Club alpino italiano”, che immediatamente lo pubblica.

Sarà la cordata italiana, in fondo, a trionfare: arriva felicemente in vetta il 17 luglio, lungo un itinerario più difficile di quello svizzero, grazie al ritrovato Carrel e alla determinazione dell’abate Gorret, e ritorna indenne. Era stato Gorret a promuovere immediatamente un nuovo tentativo “con chi ci sta”: questa volta però senza compensi, unico obiettivo dev’essere “salvare l’onore della Patria”. Gorret stesso racconterà la scalata in un’avvincente relazione.

CrivellaroLa sfida per il Cervino è stata narrata molte volte. Mai però con questa ricchezza di dettagli e con un uso così esaustivo delle fonti; in parte anche inedite, come il diario privato della consorte di Quintino Sella. Crivellaro fa parte di quella piccola schiera di intellettuali alpinisti che ci hanno dato le pagine migliori sulla storia delle nostre montagne, e che sono un vanto dell’alpinismo torinese. Responsabile del Centro studi del Teatro Stabile di Torino, accademico del Cai, storico dell’alpinismo, giornalista, ha messo a frutto per questo libro il suo talento di scrittore, noto fin dal bel racconto “Maledetta Solleder”, la sua lunga consuetudine con l’archivio della Fondazione Sella di Biella, per la quale ha condotto studi e curato importanti mostre, e la sua conoscenza diretta del terreno. Quando ci accompagna lungo questa avventura non solo fa parlare le fonti originali ma descrive itinerari che ha scalato personalmente. Anche i numerosi dialoghi d’invenzione, che contribuiscono a rendere vivo il racconto, sono ricostruiti estrapolando dalle fonti e hanno il sapore dell’autenticità.

In questo libro la battaglia del Cervino appare per la prima volta sul suo vero sfondo, si colloca cioè a pieno titolo tra le vicende della “nuova Italia” nata dal Risorgimento, fra il contestato trasferimento della capitale del Regno da Torino a Firenze (1864) e la scarsa gloria conquistata contro l’Austria nelle battaglie del 1866.

Convinto come Massimo D’Azeglio che il compito dell’oggi sia “fare gli italiani”, Quintino Sella propone ai giovani del paese, finalmente unificato, il nuovo orizzonte dell’avventura alpina. L’impegno di ministro delle Finanze gli ha impedito di partecipare alla scalata nel 1865, ma si riscatterà più di dieci anni dopo, il 13 e 14 agosto 1876, con la traversata integrale del Cervino: salita dalla cresta del Breuil e discesa su Zermatt, su quella che diventerà la “via normale” svizzera. Un’impresa assai notevole per quell’epoca, compiuta insieme ai figli Alessandro e Corradino. Due anni dopo Sella scalerà il Monte Bianco “mezzo sfatto dall’inerzia e dalla febbre”: ha superato i cinquanta e da anni soffre di malaria.

casalegno.salvatorelli@gmail.com

A Casalegno è giornalista