Beppe Fenoglio – Il libro di Johnny

Illuminare la zona grigia

recensito da Mimmo Franzinelli

dal numero di luglio/agosto 2015

Beppe Fenoglio
IL LIBRO DI JOHNNY
a cura di G. Pedullà, pp. LXXXVIII-791, € 28
Einaudi, Torino 2015

Il libro di Johnny fornisce finalmente a un largo pubblico gli elementi essenziali per cogliere il nocciolo del capolavoro fenogliano: il suo carattere di romanzo di formazione, col sofferto passaggio dalla condizione dell’adolescente cresciuto sotto la dittatura alla dignità di uomo libero e responsabile, che nell’esperienza partigiana oltrepassa la linea d’ombra verso la maturità. Il sapiente lavoro di Gabriele Pedullà sulle varie versioni del testo presenta in una luce nuova l’esponente più creativo della narrativa resistenziale, scardinando la gabbia temporale che imprigiona Il partigiano Johnny (nell’edizione curata da Lorenzo Mondo nel 1968 con esiti alterni e poi nella versione – di maggior rigore critico – di Dante Isella del 1992) tra l’8 settembre 1943 e l’aprile 1945, in un arco temporale troppo angusto per dispiegare complessità ed evoluzione del protagonista e dell’opera. Restavano infatti esclusi passaggi essenziali per la collocazione dei venti mesi di renitenza e Resistenza dentro la storia di una generazione che non inizia con l’armistizio, ma giunge a quel fatidico tornante con l’ingombrante bagaglio di condizionamenti con cui (prima a scuola e poi nel regio esercito) Johnny e tanti suoi coetanei dovranno fare i conti al momento di scegliere l’illegalità, e poi ancora nella vita alla macchia.

Lo scrupoloso lavoro di Maria Corti (per l’edizione del 1978 con tre diverse stesure del libro), imprescindibile riferimento per l’immersione nel microcosmo fenogliano, ha raggiunto soltanto gli studiosi ed è ignoto alla massa dei lettori, cui oggi si rivolge il testo curato da Pedullà, per inaugurare una nuova stagione nella fortuna editoriale dello scrittore piemontese. Con ogni accorgimento critico e il recupero di parti espunte dalle edizioni canoniche, il curatore colloca in una linea di continuità la stesure originarie di Primavera di bellezza e Il partigiano Johnny, con esiti narrativamente assai felici. La qualità letteraria del nuovo libro, nella rappresentazione epica di stati d’animo ed eventi personali e collettivi, ne guadagna, oltrepassando di gran lunga le vicende della guerra civile e della guerra di liberazione nelle Langhe, nella descrizione del processo di ricerca e liberazione interiore di un uomo alla ricerca del suo posto nel ­mondo. Chi intenda analizzare come determinati eventi entrino nella vita dell’autore per poi riverberarsi nella sua creazione letteraria, potrà utilmente scorrere Con la libertà e per la libertà, l’autobiografia scritta a inizio 1946 del comandante delle divisioni alpine del Cuneese, Mauri (Enrico Martini), di cui Fenoglio fu apprezzato collaboratore e che ritrae con efficacia nel testo, col suo nome di battaglia. Ulteriori e più approfonditi riscontri si potranno ricavare dalla documentazione d’epoca sulle formazioni di Mauri, suddivisa in ben sei archivi (cfr. il saggio di Luciano Boccalatte su Il primo gruppo di divisioni alpine in Piemonte, nel volume Formazioni autonome nella Resistenza. Documenti, curato nel 1996 da Gianni Perona per l’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia)

Fenoglio rappresenta una fonte di prim’ordine sull’Italia in guerra; Claudio Pavone cita in una quindicina di occasioni Il Partigiano Johnny nel saggio storico sulla moralità della Resistenza Una guerra civile (Bollati Boringhieri, 1991), riconoscendo all’autore di aver “saputo esprimere con forza poetica la congiunzione di libertà e di energia conseguente alla scelta resistenziale”. E valorizza pure il diario del suo maestro Pietro Chiodi: Banditi (ora riedito da Einaudi con un saggio introduttivo di Gian Luigi Beccaria).

A un sessantennio dalla composizione, Il libro di Johnny è persistentemente all’avanguardia su temi colpevolmente trascurati dalla storiografia resistenziale, a partire dal trasformismo opportunistico di elementi transitati (senza travaglio autocritico) dal fanatismo fascista al dogmatismo comunista, col loro bagaglio di violenza e intolleranza: è il caso, in particolare, del commissario politico garibaldino Némega, formatosi nei corsi di mistica fascista e divenuto insegnante di ortodossia staliniana dei partigiani. Fenoglio rileva peraltro come solo un’infima minoranza dei componenti della Stella rossa condivida l’ideologia del commissario e dunque nega l’identificazione (proposta nel dopoguerra da Luigi Longo, Pietro Secchia) tra Resistenza e comunismo. Questo, probabilmente, il motivo per cui la stampa comunista “scomunicò” nel 1952 I ventitre giorni della città di Alba, quale pamphlet ­filofascista. Alcuni brani ora inseriti nel libro aprono una finestra sulla “zona grigia” popolata di imboscati e opportunisti, abili nel proteggere i propri interessi con i fascisti, i partigiani e i tedeschi, pronti a saltare all’ultimo momento sul carro dei vincitori: è il caso di Alessandro e altri comprimari del romanzo, anticipazione e personificazione della continuità delle istituzioni tra fascismo e democrazia.

Il libro di Johnny è insomma il romanzo definitivo e più profondo sulla guerra civile in Italia, sia sul piano della libertà espressiva che su quello della comprensione e dell’interpretazione della Resistenza in una dimensione di universalità, con una straordinaria penetrazione psicologica di personaggi e situazioni. Grazie all’impegno di Gabriele Pedullà, la scrittura di Fenoglio (come già in precedenza per le cure editoriali di Maria Corti e Dante Isella) si autorigenera e risulta autorigenerante per lettori curiosi e ­partecipi.

www.mimmofranzinelli.it

M Franzinelli lavora alla Fondazione Rossi-Salvemini di Firenze