Davide Rondoni: “La poesia è come l’acqua”

E come l’acqua gira in tutti i canali che trova

intervista a Davide Rondoni di Costanza Carla Iannacone

L’ultimo libro di Davide Rondoni pubblicato quest’anno da San Paolo Edizioni si intitola Il bacio di Siviglia (pp. 208, € 12). Al centro del romanzo le vicende di un giovane seduttore di donne di ogni classe sociale, Miguel Mañara. Oltre che saggista, critico, autore di teatro e traduttore, Davide Rondoni ha collaborato a “L’Avvenire” e al “Sole 24 Ore” e ha fondato, insieme a Gianfranco Lauretano, la rivista “ClanDestino” di cui è direttore responsabile.

I libri oggi non sono più quelli di una volta, sono solo delle belle copertine con un titolo a effetto stampato sopra. Gran parte di questi libri occupano gli scaffali delle librerie, è un po’ come andare al mercato della frutta ed essere attratti dal colore e dalla forma delle arance, dei pomodori, delle fragole, delle ciliegie, delle mele… tornati a casa, una volta sbucciate, cotte o spremute ci si accorge che non hanno sapore. Come si è giunti a questo punto? Come si è evoluta la letteratura nel tempo?

Per fortuna non è tutto così. Ci sono un sacco di buoni libri, che vale la pena “sbucciare”, certo l’editoria in parte si è evoluta in senso mercantile (del resto l’editore in molti casi è un imprenditore, per quanto anomalo per genere di merce e per organizzazione del mercato) e questo porta a seguire le direttive, le consuetudini del mercato e dei suoi riti e, a volte, dei suoi sconci rituali. Ci sono anche editori che non rinunciano alla loro precipua vocazione culturale. La letteratura non so se “si evolve”, l’arte della parola non cambia nella sua tensione fondamentale di dire il mondo, di inseguirne il mistero, di raccontarne le fattezze fuggenti e memorabili… cambiano gli stili, le fortune, i supporti.

Lei è anche un poeta. La poesia non è un genere che riscontra grandi consensi di pubblico e di editori (eppure i grandi scrittori sono stati, prima di tutto, dei grandi poeti). Non pensa che, anche questo, è cattiva cultura? In che modo riscatterebbe la poesia?

La poesia non ha bisogno di essere riscattata, magari liberata da certe deviazioni metodologiche scolastiche sì (e su questo ho scritto un libro Contro la letteratura. Una strage di scrittori a scuola di cui uscirà a settembre una nuova edizione). Gli editori la stampano poco? Ma lei gira in altri modi, come voce, come appunto in internet, come radio, come lettura pubblica o intorno al fuoco. La poesia è come l’acqua, gira in tutti i canali che trova. È sempre stato così. Non bisogna valutare la vita della poesia con il numero di libri. E poi ci sono molti luoghi comuni su questa cosa, ad esempio so che il “meridiano” (La verità della poesia. “Il meridiano” e altre prose, pp. 93, € 14, Einaudi, Torino 2008) ovvero un libro delle poesie di Paul Celan (non un poeta semplice) ha venduto più di undicimila copie. Non sono tanti i narratori che ci arrivano… e poi quanti libri ha venduto Dante? E Leopardi? E Ungaretti? E Lorca?

 Nella sua carriera, a quali poeti/scrittori si è ispirato e a quali si ispira ancora?

Siamo nel paese nella lingua con i più bravi poeti della storia, da Dante a Leopardi a Luzi. Per me è stato importante l’incontro con i maledetti, “ma sarebbe meglio chiamarli assoluti” come dice Verlaine in quella magnifica antologia. Ho tradotto due volte Rimbaud e Baudelaire.

“La poesia mette a fuoco la vita” si legge appena si entra nel suo blog. È corretto dire che la poesia ha a che fare con Dio?

Non è scorretto, per molti criticuzzi e poetucoli è scorretto. Vorrebbero eliminare il problema di Dio dalla vita e quindi dalla cultura umana, ma così facendo rendono la cultura stessa poco interessante. Senza il problema di Dio, ovvero del significato, e della prospettiva ultima in cui guardare le cose, la cultura diviene solo dibattito noioso di opinioni in cui prevale il più forte. E la poesia una decorazione intellettuale. Quindi è scorretto, e io sto in tale scorrettezza.

Su “Il Sole 24 Ore” c’è un articolo a sua firma, Di lui i migliori dicevano che fosse il migliore, che i riferisce a Davide il re dei poeti e autore dei Salmi (per una strana coincidenza Davide è anche il suo nome, che in ebraico vuol dire “amato”). Qual è stato l’autore fino ad oggi, includendo anche lei nella lista, che ha incarnato di più la figura del poeta?

La figura del poeta non si incarna in qualcuno come se fosse uno spirito divino. La poesia è un’arte umana, e avviene in tante sorprendenti figure diversissime tra loro. Montale era diverso da Ungaretti, no?

In un’intervista del  1966 John Lennon disse una frase che suscitò diverse reazioni, considerata anche molto provocatoria, “Siamo più popolari di Gesù Cristo. Non so chi morirà per primo tra il rock and roll e il Cristianesimo”. Lei cosa ne pensa?

Diceva spesso cose banali Lennon, e quella frase getta una luce sinistra su un certo modo idolatrico di intendere se stessi e la propria arte. In ogni caso, è evidente che per lui la “popolarità” era tutto. Direi che Michael Jackson e Madonna sono più popolari dei Beatles e che la moda del rock è passata abbastanza in fretta. Ma di palloni gonfiati è piena la storia.

“Lo scrittore è un uomo che più di chiunque altro ha difficoltà a scrivere”, diceva Thomas Mann. Che rapporto ha con la scrittura?

Quando mi dicono “Ah che bello, scrivi poesie”, rispondo che leggere le poesie è bello, scriverle un inferno.