Zerocalcare – Un polpo alla gola

       Un’ipotesi in attesa di verifica

                                              rencensione di  Daniele Brolli

dal numero di gennaio 2013

Zerocalcare
UN POLPO ALLA GOLA
pp. 188, € 16,
Bao Publishing, Milano, 2012

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Due domande che forse sono identiche: quanti sono i passati che può vivere una sola persona e quante volte può rivivere il proprio passato? Per un narratore il passato non è un tempo, spesso è un luogo in cui si trova intrappolato e da cui non riesce a uscire, specie se si tratta di infanzia, adolescenza… degli anni giovani. Chi racconta si guarda indietro troppo presto e presto scopre tutto ciò che i riti di passaggio gli hanno impedito di vivere al momento giusto. E si vieta di non capire tante cose che lo aiuterebbero ad andare avanti con meno dolore. Può risultare paradossale pensare al lavoro di Zerocalcare in questo modo, ma ammantato da una cospicua quantità di ironia emerge sempre il profilo scuro della morte: un’amica perduta, un cadavere abbandonato in una macchia d’alberi vicino alla scuola. E come per Antoine Doinel ne I quattrocento colpi di Truffaut, per cui la scoperta del mare non è una liberazione evidente dalla propria assenza di sé, la soluzione non risolve nulla per chi legge: trovare un responsabile (come nel secondo caso citato) non è il fattore determinante dell’eliminazione del “polpo alla gola” che attanaglia il protagonista, di quello deve liberarsi da solo. Con le sue pagine Zerocalcare recupera l’idea di un fumetto d’autore – di formazione – italiano, segnalandone, grazie al processo identitario del successo attribuitogli da gran parte dei suoi lettori, una sorta di tradizione inaugurata dal Penthotal di Andrea Pazienza. Diviene così uno specchio per capire il carattere di un certo ambito giovanile, semplicemente perché ne mette in gioco i modi di vita, con tanto di idiosincrasie, paranoie e paure. Una voce e un registro linguistico che, in alcuni frangenti, tra i narratori italiani contemporanei si avvicina a certi romanzi di Niccolò Ammaniti da Branchie Io e te.

Contiguità di sensazioni di lettore tutte da verificare ma che riconoscono quasi una scuola romana dell’approccio narrativo. Pazienza nel 1977 dava testimonianza in Penthotal della dimensione dello “studente fuori sede”, Zerocalcare invece parla di ragazzi cresciuti – ma sarebbe più opportuno definirli ben saldi nella loro idea di non crescere – insieme: pigramente oscillanti tra sentimenti e comodità borghesi e il desiderio di uscirne, di emanciparsi. Non sono nerd ma a un passo dall’esserlo. O forse non sono nerd come i protagonisti di Big Bang Theory semplicemente perché l’Italia è diversa dagli Stati Uniti. Certo, non appena si vede, si ascolta, si legge qualcosa di nuovo la prima tentazione nel parlarne è quella di ricondurlo nel solco rassicurante di ciò che si conosce. Anche se bisogna ammettere che Zerocalcare, malgrado il ritratto di un ambiente domestico borghese con tanto di televisore al plasma, non rinuncia mai a una certa dose di inquietudine, al di là dell’incombere più o meno ricorrente del discorso sulla morte. I suoi aiutatori invisibili, teneri e inflessibili, sarcastici e inopportuni ripropongono in parte il meccanismo magicamente riuscito di interazione tra il protagonista e un subconscio petulante in grado di ironizzare su se stesso che tra anni Ottanta e Novanta ha raggiunto il suo vertice nel Calvin & Hobbes di Bill Watterson: con l’armadillo inaspettato aggiornamento di una tigre di pezza, quasi a dire che passata una certa età, se proprio ci si vuole abbandonare a un “compagno di giochi invisibile” si deve riconoscerne per intero la bizzarria. La forza della proposta iniziale di Zerocalcare sta anche in quella serialità, quella costanza ravvicinata di proposta al lettore, che oggi giornali e riviste non sono più in grado di offrire al fumetto (perché l’epoca delle riviste è finita e per lo scarso interesse che hanno ormai contenitori di altro genere come i quotidiani nel proporle al proprio interno) e che la rete offre. Le pagine in bianco e nero postate regolarmente sul blog di Zerocalcare hanno creato affezione nel lettore e hanno permesso la crescita libera da pressioni economico-produttive di storie e personaggi. Ribadendo un’altra trasformazione; le autoproduzioni d’autore che, a seguito dell’attenzione riscossa o semplicemente segnalate da un esempio cartaceo, finivano per approdare alla maggiore visibilità di una diffusione non più clandestina, sono passate alla rete, dove internet si propone come mezzo di visibilità più democratico e forse anche più professionale (niente a che vedere con fotocopie o stampe fatte in proprio). Una serie di considerazioni sparse, quindi, che vorrebbero segnalare Zerocalcare come protagonista di una svolta, sommessa, che finalmente non scimmiotta le vite degli altri. Anni di graphic novel d’importazione, con il taglio autobiografico di autori statunitensi e francesi ci hanno fatto credere che quelle fossero le nostre vite e hanno portato alla produzione di graphic novel italiani in cui i protagonisti sembravano alieni, personaggi asettici assenti dal nostro orizzonte sociale. Zerocalcare ha il grande merito di aver restituito un forte connotato italiano alla vena “autobiografica” (autobiografica per convenzione, è riferito al taglio narrativo, non significa che tutto quanto si narra è successo all’autore) del nostro fumetto.

D Brolli è scrittore, consulente editoriale e sceneggiatore di fumetti