Antonia Arslan – Il rumore delle perle di legno

Una mano al bastone e l’altra tra quelle della nipote

recensione di Laura Savarino

Antonia Arslan
IL RUMORE DELLE PERLE DI LEGNO
pp. 177, € 17
Rizzoli, Milano 2015

Arslan - CopertinaFili sottili di perle di legno sono appesi alla porta del bar. Il loro lieve tintinnio annuncia l’entrata o l’uscita di un avventore. Il locale è impregnato dall’odore di tabacco e caffè, ma l’aroma non disturba la bambina: Antonia ci entra spesso, anche senza consumare nulla, solo per il gusto di essere lì. Gli anni sono quelli difficili della Seconda guerra mondiale, e il bar è uno dei molti ricordi che si affacciano nella mente adulta di quella stessa bambina: Antonia racconta al lettore la sua storia, rivive la sua infanzia con l’occhio cresciuto dell’esperienza e la trasferisce sulla pagina con spontaneità e leggerezza.

La guerra, i bombardamenti, la vita in città e il trasferimento in campagna; il nonno Yerwant, la madre Vittoria, la balia e il fratellino: Antonia racconta il passato per episodi, così come le torna in mente, svincolata da pretese cronologiche ma obbedendo soltanto al fluire dei ricordi. Emerge allora la delicata descrizione di un’infanzia popolata da una schiera di personaggi diversi, che si aggirano per casa Arslan e partecipano alla formazione di Antonia, ritratti di uomini e donne umanissimi che nella memoria acquistano importanza e dignità. E così Gigia è la cuoca dal cuore grande che dà da mangiare alle prostitute di nascosto dalla padrona, Mademoiselle Arpiarian è l’educatrice che non sorride mai ma che offre sempre biscotti e caffè, Teresa è la balia che piace a tutti i soldati ma che ha occhi solo per i suoi bambini. A ognuno di essi è dedicato un paragrafo, un episodio, un bozzetto, sebbene alcuni più di altri popolino i ricordi della voce narrante.

Sono il nonno Yerwant e la madre Vittoria a impadronirsi della pagina, il primo saggio e tranquillo, la seconda bella e indecifrabile. Per la giovane madre Antonia ha una sconfinata ammirazione, ma la sfuggente Vittoria è troppo presa dai suoi impegni per accorgersene. È il nonno il vero alleato della bambina: a lei Yerwant ha aperto il cuore e la mente raccontandole del suo drammatico passato in uno svanito Oriente, e con lei ha assistito attonito a una violenta pioggia di bombardamenti, una mano al bastone e l’altra tra quelle della nipote. Un’aria intima e raccolta si respira tra le righe mentre Antonia adulta continua a raccontare, ispirata dal luogo o dall’oggetto su cui posa lo sguardo. Il rumore delle perle di legno è il terzo movimento di una sinfonia della memoria iniziata con La masseria delle allodole e proseguita con La strada di Smirne, modulato dall’autrice con penna sapiente sulla più domestica delle quotidianità. La tragedia armena, in questa partitura, rimane sullo sfondo, affiorando carsicamente di tanto in tanto attraverso i personaggi del nonno, che si sente colpevole di essere un agiato sopravvissuto, e della zia Henriette, che vagheggia la patria perduta; o anche di Mademoiselle Arpiarian, l’insegnante di francese, che cita pudicamente il Grande Male.

Per Antonia bambina l’Armenia resta un paese favoloso da mettere accanto ai tanti altri evocati dalle sue letture. Solo lentamente in lei si farà strada la coscienza della catastrofe che ha travolto il popolo e la cultura di cui è in parte erede. E il testo più denso di questa faticosamente conquistata coscienza sarà Il ­libro di Mush.

laurasavarino4@libero.it

L Savarino è redattrice editoriale