Christian Raimo – Tutti i banchi sono uguali

Dispositivi di disuguaglianza censitaria

recensione di Jacopo Rosatelli

dal numero di novembre 2017

Christian Raimo
TUTTI I BANCHI SONO UGUALI
La scuola e l’uguaglianza che non c’è
pp. 142, € 16
Einaudi, Torino 2017

Christian Raimo - Tutti i banchi sono ugualiNon “la scuola secondo me”, ma “un tentativo di ampliare e chiarire le questioni che mi si sono presentate in questi ventidue anni da studente e da docente”: questa la dichiarazione d’intenti che Christian Raimo offre, in apertura, al lettore. Un tentativo, sia detto subito, pienamente riuscito. Raramente i libri sulla scuola a maggiore diffusione compiono la difficile impresa di affrontare i problemi aperti nel mondo dell’istruzione con autentica competenza del particolare, da un lato, e sicura capacità di inquadramento nelle più vaste dinamiche sociali, dall’altro. Con aderenza al qui e ora delle politiche concrete, ma anche con profondo respiro storico e sguardo lungo, senza banalizzazioni o rappresentazioni di comodo, in voga fra i gentiliani di destra e di sinistra, e soprattutto senza rinunciare a un punto di vista limpidamente schierato. In questo caso, a favore dell’ideale di uguaglianza e, quindi, di una scuola pubblica che abbia come obiettivo l’inveramento dell’articolo 3 della nostra Costituzione.
A Raimo va dunque il merito di averlo fatto, scrivendo un libro che è innanzitutto una critica spietata della cosiddetta riforma della “buona scuola” (ufficialmente: l. 107/15), ma che a ciò non si limita. In queste pagine vive un’idea radicalmente diversa dal modello che Matteo Renzi ha imposto nonostante enormi proteste, ma anche un’alternativa a quanto c’era prima del diluvio (dell’ultimo diluvio). Non si avverte nostalgia per il buon tempo andato, quando “la scuola era seria e gli alunni ubbidenti studiavano”: nessun rimpianto per la perduta età dell’oro, anche perché i problemi di lunga durata che il sistema scolastico italiano si porta dietro sono almeno pari, per numero e importanza, ai guasti di fattura più recente. Ad esempio, antichissimo è il male della dispersione – cioè “i ragazzi che perde”, che per Don Milani era il problema della scuola – e il fenomeno a essa collegato delle ripetizioni private, un mercato che Raimo denuncia come addirittura in crescita e che non esita a definire “il più grande dispositivo di disuguaglianza censitaria che si produce in Italia”. La formale parità di condizioni del mattino diventa clamorosa disparità di pomeriggio: alla fine, chi ha famiglie con più capacità di spesa “viene perso” di meno. L’elenco potrebbe essere lungo: l’orientamento verso la scuola superiore, i compiti a casa, ma anche il significato dei voti (“l’ultimo potere” dell’insegnante), sono problemi affrontati dall’autore con ricchezza di riferimenti e documentazione, e che datano da ben prima che sulla scuola italiana si abbattessero le riforme targate Moratti, Gelmini e Giannini.

Un’altra idea di scuola

Portati dal vento di questi ultimi due decenni di egemonia neoliberale sono invece gli effetti dell’ideologia aziendalista sia nel modo di concepire la professione docente (e l’intera “comunità educativa”), sia nella più concreta pratica didattica. Raimo punta il dito contro la competizione fra insegnanti, uno dei pilastri dell’edificio della “buona scuola”: valorizzare il lavoro di maestri e professori – cosa di cui ci sarebbe disperato bisogno – non ha nulla a che fare con il premio ai presunti migliori. E lo stesso efficace esercizio critico non risparmia l’alternanza scuola-lavoro, altro punto chiave della l. 107, che lungi dall’offrire agli alunni la possibilità – assai benefica se orientata pedagogicamente – di fare più esperienza del mondo (anche del mondo del lavoro, dunque), li costringe nella grande maggioranza dei casi a stage senza retribuzione e senza ricaduta formativa. A meno che si consideri formativo “che un ragazzo di diciott’anni impari i valori di Zara o le soft skill di McDonald’s e non abbia mai sentito parlare di rappresentanza sindacale, non abbia idea di come funzioni il jobs act, non sappia dell’esistenza dello Statuto dei lavoratori”. Forse c’è chi lo pensa, ma per fortuna c’è anche chi pensa il contrario. E fra i più significativi pregi del volume è mettere in evidenza che sono in tanti ad avere “un’altra idea di scuola”. L’autore, nella sua sempre chiara e brillante argomentazione, cita moltissimi studi, libri, articoli che negli ultimi anni hanno affrontato i principali nodi sociali, istituzionali, didattici della questione istruzione nel suo complesso, mostrandoci l’esistenza di un prezioso serbatoio di idee frutto di un fecondo dialogo fra esperti e operatori. Tante sono le intelligenze che quotidianamente pensano – e, quando possono, praticano – una scuola che riesca davvero ad “avvicinare alla conoscenza coloro che non le sono già familiari”, facendola essere “la porta del mondo intorno a noi e del mondo che noi siamo”, nella difficile ma irrinunciabile esperienza della cooperazione e dell’incontro fra diversi. Il problema è che oggi si tratta spesso di intelligenze stanche o disorientate, prive di voce e rappresentanza nel dibattito pubblico. Raimo, che è insegnante, scrittore e giornalista, ha prodotto un antidoto alla depressione professionale e alla solitudine politica, un potente e prezioso stimolo intellettuale per tornare a credere davvero nella centralità della “scuola aperta a tutti” e nella sua promessa di uguaglianza.

jacopo.rosatelli@gmail.com

J Rosatelli è dottore di ricerca in studi politici, insegnante e giornalista