Alda Merini – Furibonda cresce la notte

Una secca stilettata

recensione di Giuseppe Zaccaria

dal numero di gennaio 2017

Alda Merini
FURIBONDA CRESCE LA NOTTE
Poesie e lettere inedite

introduzione di Silvano Trevisani, con una nota di Vincenzo Guarracino
pp. 215, € 13
Manni, Lecce 2016

Alda MeriniNel 1984 Alda Merini lasciava Milano e si trasferiva a Taranto, per sposare in seconde nozze il medico Michele Pierri, poeta oggi dimenticato ma ai suoi tempi apprezzato da critici e scrittori come Bo e Macrì, Ungaretti e Pasolini. Nel ricostruire questo segmento biografico, Silvano Trevisani ne sottolinea l’importanza, sia sul piano della tormentata esistenza della poetessa, sia – ed è ciò che soprattutto conta – nei riflessi della sua non meno accidentata produzione letteraria. Conosciutisi nel 1981, il loro rapporto durò sino al 1988, anno della morte di Pierri, consentendo a Merini di vivere in una condizione di relativa sicurezza e tranquillità, anche se non del tutto priva di crisi nervose. Ma soprattutto il soggiorno tarantino coincise con un’alacre ripresa dell’attività letteraria, dopo il silenzio ventennale dovuto alla malattia psichica e ai ricoveri in manicomio. In Puglia escono due importanti raccolte, Le satire della Ripa, presso il Laboratorio Arti Visive di Taranto (1983), per interessamento del pittore Giulio De Mitri, e La Terra Santa e altre poesie, presso l’editore Lacaita di Manduria (1984); poco dopo, nel 1986, sarebbe stata pubblicata, da Scheiwiller, L’altra verità. Diario di una diversa.

Le lettere testimoniano questi legami locali (due di esse sono inviate a Giacinto Spagnoletti), consentendo di precisare quei contenuti autobiografici, fatti di presenze e di affetti, che costituiscono la radice della poesia di Merini; una poesia che sembra conservare spesso l’immediatezza della confessione orale (tra quelle che sono qui pubblicate particolarmente significativa è Anima mia, da cui è ricavato il titolo del libro: “Anima mia poiché furibonda / cresce la notte fuori d’ogni porta…”). A parte vanno considerati nove componimenti poetici in dialetto milanese, unici nell’intera produzione della scrittrice, che sono stati tradotti da Alberto Casiraghy e su cui così si è espresso, nella breve presentazione, Vincenzo Guarracino: “Il risultato, grazie alla lingua… e alla forma epigrammatica, è quello di una stilettata secca e breve, di un sibilo di sillabe…, che punge giungendo al bersaglio e quasi non lascia trasparire l’impegno e l’ingegno della scrittura”.

giuseppe.zaccaria@lett.unipmn.it

G Zaccaria è professore emerito di letteratura italiana