Jadwiga Pinderska-Lech: dal sottosuolo ancora tante memorie

Documenti, testimonianze, fotografie, disegni per conoscere Auschwitz

intervista di Alessandro Azzolina

dal numero di settembre 2017 

Quando e come nasce la casa editrice del Museo statale di Auschwitz che lei attualmente dirige, e quale tipo di pubblicazioni propone?

La casa editrice del Museo di Auschwitz nasce nel 1957, sessant’anni fa. Nel suo statuto si parla di tre compiti principali: la pubblicazione dei documenti dell’archivio del Museo di Auschwitz, la pubblicazione delle testimonianze di sopravvissuti e, in generale, la divulgazione della conoscenza della storia del campo di Auschwitz. Perseguiamo la nostra missione pubblicando soprattutto libri che raccontano le vicende dei prigionieri (romanzi e racconti), le elaborazioni frutto di anni di ricerche dei nostri storici, libri di memoria dedicati a varie categorie di deportati, album con foto dell’epoca nonché ristampe del materiale illustrativo d’archivio. Scegliendo il materiale da pubblicare ci concentriamo soprattutto su quello conservato nei nostri archivi, ma siamo aperti pure ad altri testi che ci vengono proposti. Di tanto in tanto riceviamo, per esempio, dei manoscritti realizzati da sopravvissuti ormai scomparsi da anni che ci vengono sottoposti dalle famiglie. A volte ci vengono consegnate delle vere e proprie perle dal valore storico e testimoniale altissimo. Oggi nella nostra offerta abbiamo circa trecento titoli in diverse lingue. Alcuni di questi libri vengono ristampati quasi ogni anno. È il caso, per esempio, di La speranza è l‘ultima a morire di Halina Birenbaum e Infanzia dietro il filo spinato di Bogdan Bartnikowski. I due scrittori, sopravvissuti all‘orrore dei campi di concentramento, sono ancora vivi e spesso riusciamo a invitarli agli incontri con i lettori. In questi momenti di incontro i libri prendono letteralmente vita e le storie che raccontano ci commuovono e ci fanno pensare.

Negli ultimi anni pare si stia determinando un’attenzione specifica della vostra casa editrice rispetto al libro illustrato, quali sono gli ultimi titoli proposti e perché tale scelta?

È così. Crediamo che il libro illustrato attiri l’attenzione del lettore, soprattutto quando le illustrazioni rappresentano vere e proprie prove testimoniali. Negli ultimi tre anni abbiamo prodotto due pubblicazioni di questo tipo, tradotte in diverse lingue. Sono Disegni da Auschwitz e Le favole di Auschwitz. Entrambe le pubblicazioni non solo raccontano un pezzo di storia del campo ma hanno anche un valore educativo. Disegni da Auschwitz è la riproduzione di 34 tavole illustrate, nascoste in una bottiglia da un prigioniero anonimo, ritrovate due anni dopo la fine della guerra tra le rovine di una baracca di Birkenau. Il Museo custodisce un totale di circa 2000 disegni e quadri realizzati di nascosto dai prigionieri oppure commissionati direttamente dai nazisti. Tra questi solo i cosiddetti Disegni da Auschwitz mostrano le camere a gas e le selezioni degli ebrei deportati. Invece le Favole di Auschwitz raccoglie le storie elaborate da un gruppo di prigionieri che decise di scrivere e illustrare delle favole pensate per i loro bambini rimasti a casa. Questa storia per anni rimase completamente sconosciuta, fino all’arrivo all’archivio del Museo di Auschwitz della prima favola salvatasi. Negli anni successivi ne arrivarono altre. Il libro contiene sei diverse favole, delle quali quattro illustrate. Questo genere di pubblicazione può aiutare ad avvicinare e introdurre ai più piccoli la tematica della deportazione.

Gli archivi del Museo di Auschwitz contengono ancora molto materiale inedito? Su cosa si concentrerà l’attenzione della casa editrice nei prossimi anni?

I nostri archivi contengono due tipi di materiale inedito: migliaia di documenti legati a vari aspetti di funzionamento del complesso concentrazionario di Auschwitz e migliaia di pagine delle testimonianze di sopravvissuti. La nostra attenzione si concentrerà sia sulla prima che sulla seconda fonte storica, con la differenza che i documenti verranno scelti e commentati dagli storici, mentre le testimonianze sono analizzate e trasformate in libri dai redattori della nostra casa editrice. Resta ancora un vasto archivio su cui lavorare.

Il tema della traduzione è particolarmente delicato quando si tratta di documenti storici. In particolare, rispetto alla Shoah, il rischio di produrre traduzioni imprecise può produrre involontarie sponde per vecchi e nuovi negazionisti. Quali scelte operate in tal senso?

Il Museo di Auschwitz ha visitatori da tutto il mondo e le nostre pubblicazioni sono tradotte in oltre venti lingue. Ci rendiamo conto di quanto sia importante la buona qualità della traduzione e per questo affidiamo questo compito a soggetti madrelingua con lunga e comprovata esperienza nella traduzione. I testi tradotti vengono poi ricontrollati sia sotto l’aspetto linguistico che dal punto di vista storico. La preparazione di un testo per la stampa dura parecchi mesi, ma so che i lettori apprezzano il nostro lavoro e trattano i nostri libri come una fonte veramente affidabile e seria.

Con la scomparsa dei testimoni diretti dell’orrore concentrazionario le fonti librarie e archivistiche assumono un valore crescente. In che modo i libri della vostra casa editrice affrontano tale questione?

Siamo ancora nella confortevole situazione in cui diversi testimoni sono ancora in vita. Sono persone anziane, ovviamente, molto lucide e attive, sempre pronte a partecipare ai convegni e alle conferenze organizzate dal Museo di Auschwitz. Ci rendiamo conto che questa situazione non durerà per sempre. La casa editrice non ha in programma di cambiare la linea generale della sua progettazione editoriale per i prossimi anni oppure il modo di pubblicare i libri. Continueremo la riedizione dei libri più interessanti da pubblicare e la ricerca di nuovi documenti. Credo che la voce dei sopravvissuti contenuta nei libri rimanga per sempre forte e che anche le future generazioni siano sensibili a queste storie. Recentemente, in occasione del settantesimo anniversario della fondazione del Museo di Auschwitz e sessantesimo anniversario dell`esistenza della casa editrice, abbiamo pubblicato una raccolta esclusiva e limitata dei più interessanti libri su Auschwitz scritti in prevalenza nei primi anni dopo la fine della guerra. Dieci autori scelti da noi sono i sopravvissuti che presentano Auschwitz da vari punti di vista. Sono persone deportate nel campo in diversi periodi, di diversa formazione culturale ed esperienza, persone che svolgevano nel campo diverse funzioni, ebrei e non ebrei. La nostra proposta, anche se contiene anche libri molto conosciuti come Se questo è un uomo di Primo Levi, La notte di Elie Wiesel oppure Gli uomini ad Auschwitz di Hermann Langbein, è stata accolta con grande entusiasmo dei lettori in Polonia ma anche all’estero (ci sono la versione polacca e inglese). Questo vuol dire che l`interesse verso i libri su Auschwitz non cala e speriamo che rimanga così ancora a lungo. La scomparsa degli ultimi sopravvissuti è invece il problema degli educatori. La possibilità di ascoltare un sopravvissuto raccontare la sua storia, di poter parlare con lui, di abbracciarlo, sono i momenti indimenticabili per tutti e di grande valore educativo. Quindi gli educatori del Museo di Auschwitz, e non solo, hanno davanti a loro un grande problema da risolvere: come parlare di Auschwitz e della Shoah dopo la scomparsa dei testimoni diretti dell`orrore della deportazione e dei campi di concentramento e di sterminio nazisti? Pubblichiamo da qualche anno i libri della collana intitolata in inglese “Voices of Memory”. Ogni libro di questa serie riguarda un tema (per esempio: gli esperimenti medici condotti sui prigionieri, le prigioniere incinte e i bambini nati nel campo, le punizioni nel campo, il destino dei prigionieri di guerra sovietici deportati ad Auschwitz), la collana contiene anche dei frammenti di testimonianze, le foto d`archivio e la riproduzione dei documenti. La collana è indirizzata soprattutto a insegnanti ed educatori ed è spesso trattata come materiale di studio per le lezioni sulla storia dei campi di concentramento.

In qualità di direttrice della casa editrice ma, ancor prima, di guida di lungo corso ad Auschwitz, cosa pensa delle iniziative di divulgazione partecipata come quella del Treno della memoria?

Il progetto, nel tempo, mi pare abbia superato la mera attività educativa per diventare una vera e propria missione. Migliaia di ragazzi, ma anche parecchi adulti, hanno avuto la possibilità di toccare con mano un pezzo di storia non facile e tante persone, se non incoraggiate, non fanno questo sforzo. Tanti di loro, grazie a questo viaggio, cambiano il loro comportamento, a volte anche visione della vita. Lo so perché per esempio Halina Birenbaum mi invia le lettere che riceve dalle persone che hanno letto il suo libro La speranza è l`ultima a morire comprato nelle librerie del museo, e sono spesso lettere scritte dai partecipanti a questi viaggi.

jadwiga.lech@auschwitz.org

J Pinderska-Lech è direttrice della casa editrice del Museo di Auschwitz

I libri del Museo statale di Auschwitz- Birkenau tradotti in italiano

Auschwitz-Birkenau. Il luogo nel quale ti trovi, a cura di Pawel Sawicki, trad. dall’inglese di Diego Audero Bottero, 2012
Disegni da Auschwitz, a cura di Agnieszka Sieradzka, trad. dal polacco di Serafina Santoliquido, 2011
Le favole di Auschwitz, trad. dal polacco di Alessio Costa, 2009
Igor Bartosik e Adam Willma Io dal crematorio di Auschwitz. Intervista a Henryk Mandelbaum ex prigioniero membro del Sonderkommando nel KL Auschwitz, trad. dall’inglese di Anna Lia Guglielmi-Miszerak, 2005
Halina Birenbaum La speranza è l’ultima a morire, trad. dal polacco di Alessio Costa, 2001
Kazimierz Albin, Mandato di cattura, trad. dal polacco di Anna Lia Guglielmi-Miszerak, 1989
Tadeusz Sobolewicz Sono sopravvissuto dunque sono, trad. dal polacco di Luca Palmarini e Serafina Santoliquido, 1987
Bogdan Bartnikowski Infanzia dietro il filo spinato, trad. dal polacco di Anna Lia Guglielmi- Miszerak, 1985
Helena Dunicz Niwińska Una violinista a Birkenau, trad. dal polacco di Alessio Costa, 2013