Luglio/Agosto 2016 – In questo numero

Per dare una forma al mondo

Il numero di Luglio/Agosto della rivista non si concede il lusso di una vacanza spensierata e continua a puntare uno sguardo preoccupato sul  mondo. Nella  foresta  fittissima dei  Segnali troviamo  una riflessione  sul  volume  appena  pubblicato  da  Codice  che  raccoglie  alcuni  articoli  di  Evgeny Morozov  apparsi  sulla  stampa  internazionale  nel  2013  e  nel  2014,  e s’intitola Silicon  Valley:  i signori del silicio: “La tesi principale è che la ‘rivoluzione digitale’ non faccia altro che portare all’estremo lo spirito e le logiche del capitalismo, proponendo un’ideologia neoliberista che è incarnata alla  perfezione  dalle  aziende  americane  della  Silicon  Valley  quali  Google,  Facebook,  Amazon, Apple  e  molte  altre  (…).  In  sostanza,  scrive Morozov,  ‘Facebook  fornisce  la connessione  a  quei paesi  in  cambio  del  diritto  di  monetizzare  le  vite  dei  loro  cittadini  una  volta  che  guadagneranno abbastanza  soldi’”.  Come  fa  notare  Gabriele  Balbi,  autore  del  Segnale,  si  tratta  di  “una  forma  di mercificazione  del  sé,  perché  siamo  disposti  a  cedere dati  sensibili  in  cambio  di  servizi  più efficienti,  economici  e  tagliati  sui  nostri  desideri.  Il  libro  di  Morozov  ci  invita  insomma  a  fare  un passo  indietro:  la  costante  connessione,  la  condivisione  del  nostro  privato  (e  dei  nostri  dati),  le offerte che  ‘non possiamo rifiutare’ non  fanno altro che arricchire  le aziende della Silicon Valley  e perpetrare  la  loro  logica  di  sfruttamento.  Altro  che  intelligenza  collettiva,  altro  che  potenziamento della socialità”.

Una riflessione che si salda efficacemente con quella condotta da Federico Paolini, che sta producendo una serie di interventi sull’ambiente riferiti a libri recentemente pubblicati e che punta  il dito contro la  mancanza di controllo delle fonti  nel  nostro  sistema di comunicazione: “Per diffondere una consapevolezza realmente  informata circa i molteplici  aspetti che compongono  la questione ambientale,  appare sempre più necessario  depurare il dibattito sia dalle narrazioni ideologiche e strumentali, sia da quelle teleologiche.  Nel quadro odierno –  caratterizzato dalla progressiva affermazione dell’ambientalismo radicale e dalla moltiplicazione, favorita dalle  nuove forme di comunicazione (social network), di apprendisti stregoni che diffondono informazione  a-scientifica  o,  peggio,  anti-scientifica –  il  raggiungimento di questo obiettivo non risulta agevole”.

Sapere  raccontare  un  fenomeno  o  mostrarne  alcuni  aspetti  può  cambiare  la  valutazione  dei  dati  di realtà?  Sembra  di  poter  rispondere  positivamente  se  si guarda  alla  tesi  economica  di  Harry  G. Frankfurt, posta al centro dell’analisi di Adelino Zanini, sempre nella sezione dei Segnali,: “La tesi di  Frankfurt  è  netta  e  ruota  attorno  al  principio  secondo  cui,  per  quanto  indesiderabile  possa sembrare  la  disuguaglianza  economica,  non  vi  è  ragione  per  considerarla  moralmente  deprecabile. Deprecabili possono essere le diseguaglianze di altro genere ad essa conseguenti e tali da richiedere ‘appositi monitoraggi legislativi, normativi, giudiziari e amministrativi’. Ciò non può tuttavia porre in discussione l’intrinseca innocenza della disuguaglianza economica e, dunque, non può condurre a ‘propugnare  l’egualitarismo  economico  come  autentico  ideale  morale’.  Il  problema  non  è  la disuguaglianza,  bensì  la  povertà,  il  non  avere  ‘abbastanza’  da  parte  di  molti  (ove  l’avverbio  indica uno  standard,  più  che  un  limite  da  raggiungere).  L’obiettivo  di  fondo  dovrebbe  certamente  essere quello   di   ridurre   sia   la   povertà   sia   l’eccessiva   ricchezza,   anche   per   contenere gli   effetti potenzialmente  antidemocratici  che  di  normale  accompagnano.  Questo  può  benissimo  comportare una  riduzione  della  disuguaglianza,  ma  di  per    tale  riduzione  non  può  costituire  la  nostra ambizione  primaria.  L’uguaglianza  economica  non  è  un  ideale  moralmente  prioritario  (…)  Dopo tutto –  afferma  l’autore –  la  disuguaglianza  è  una  caratteristica  puramente  formale, e  una caratteristica  formale, relativa  al rapporto fra due  elementi,  non può  implicare  niente riguardo alla desiderabilità o al valore di uno di essi, o alla relazione che sussiste fra i due. Ciò regge, però, sino a che  si trascurino tutti  i problemi connessi alla misurabilità dei criteri di soddisfazione, ai confronti interpersonali di  utilità,  etc.  E,  soprattutto,  ciò  regge  sino  a  che  si  ragioni  in  termini  di  singoli individui”. “L’Indice” di luglio-agosto mette quindi in guardia,  in filigrana, sulla seduzione delle narrazioni, sia di quelle  affidate all’incessante storytelling mediatico sia  di quelle che costruiscono teorie senza tenere conto dell’impatto che esse  hanno sulla  vita delle persone. Dietro i  numeri e  le teorie  ci  sono  sempre  individui  e  vite.  Allora  forse  la  cosa  migliore  è  distinguere  bene  lo  spazio  della narrazione da quello della teoria.

E la rivista non si sottrae a questo compito,   perché anche in questo numero dà molto spazio al racconto della “letteratura”.  Si descrive l’umorismo spiazzante di Alan Bennett  e si recensiscono libri di Irena Brežná, Chigozie Obioma, Edna O’Brien, Nathalie Sarraute,  Peter  Matthiessen,  Tiziano  Scarpa  e    Antonio  Pascale.  Ma  il  miglior  omaggio  alla letteratura è quello di Michael  Cunningham che  nel  libro Un cigno selvatico ci trasporta in un  mondo fiabesco in grado di dare (in un movimento virtuoso e non vizioso dal fantastico alla realtà) un forte insegnamento per la vita: “Molte fiabe parlano di persone comuni, ma che difficilmente accettano in modo tranquillo il  loro destino: quelle che non si ribellano non entrano nelle storie, di nessun tipo, perché sono passive. Nel racconto di Jack  e  l’albero di  fagioli un ragazzino vende  la  mucca di sua madre per una manciata di fagioli, con la speranza che la magia cambierà le loro vite. Mentre nella fiaba del Nano Tremotino un mugnaio cerca di far sposare la propria figlia al re, raccontando che la ragazza sa mutare la paglia in oro. Se Jack e il mugnaio avessero quietamente accettato la loro sorte, non  ci  sarebbero  state  le  loro  storie.  No,  i  racconti  riguardano  persone  che  cercano  di  cambiare  il loro destino”.   

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