#LibriInTasca: Stig Dalager – L’uomo dell’istante

La parabola di un’anima

consigliato da Domenico Calcaterra

#LibriInTasca è lo Speciale che accompagnerà la vostra estate sul sito dell’Indice. Sarà un compagno di viaggio loquace e mai banale, e si comporrà di tanti consigli di lettura suggeriti da voci diverse e penne più o meno note: libri pensati per viaggiatori in cerca di avventure e tomi poderosi per chi poltrisce sotto l’ombrellone.

Stig Dalager
L’UOMO DELL’ISTANTE. Un romanzo su Søren Kierkegaard
pp. 416, €18,50
Iperborea, Milano 2016

DalagerWittgenstein ne era più che convinto: Søren Kierkegaard, per lui, fu senz’altro il pensatore «più profondo» del secolo scorso, al punto di ritenerlo un «santo». Ingabbiarlo entro ingessanti definizioni può oggi non bastare a coglierne la grandezza. E forse, a restituirne ai lettori l’attualità del suo pensiero, aiuta più un libro come L’uomo dell’istante. Un romanzo su Søren Kierkegaard di Stig Dalager, uno dei più apprezzati scrittori danesi contemporanei (non nuovo a fare romanzo partendo dalla biografia di celebri personalità, si rammentino i romanzi dedicati a H.C. Andersen e Marie Curie), scritto per celebrare il bicentenario della nascita del pensatore danese.

Copenaghen 1855, Søren, all’età di soli 42 anni, ormai pronto a morire, si trova ricoverato nell’ospedale cittadino. Il torpore della malattia lo induce a «scivolare indietro nel tempo»: nelle intermittenze à rebours dell’agonia, tra il sonno e la veglia, ripercorre la sua «battaglia» esistenziale, i propri dissidi interiori, i legami irrisolti («una specie di bilancio prima che scenda il buio»). Sopraffatto da una «cacofonia di voci» e di «volti», a ritornare più spesso sono le figure del padre, animato da una religiosità severa e convinto che la propria famiglia sia stata «maledetta», pagando il prezzo delle sue colpe di gioventù; e Regine Olsen, effigie di tutta una vita, la cui tormentata storia d’amore incarna quel conflitto tra estetico ed etico, piacere e dovere, che sta al centro della sua opera forse più celebre Enten-Eller (Aut Aut): «ogni volta che l’etico prende il sopravvento, ne viene totalmente soggiogato, privato da ogni potere, in funzione di un autolesionistico asservimento al dovere». Logorante partita a scacchi che lo angoscia, tra desiderio d’amore e inadeguatezza a un legame stabile, tra sentimento e cognizione della sua incapacità a consegnarsi a una normale esistenza coniugale. E seppure avrà modo di porre fine, dopo mille titubanze, alla loro relazione – complice quello stato malinconioso che mai lo abbandonerà –, ricorrendo all’arma estrema della scortesia e ottenendo così di rendersi volutamente odioso agli occhi di lei, quello per Regine sarà malgré lui un amore destinato a sopravvivere, tra le ceneri, a confermarsi e rinsaldarsi nel tempo.

Con dovizia di dettagli e attraverso l’attingere al vasto corpus di diari, lettere e opere, Stig Dalager riesce nel felice intento di trattare Kierkegaard alla stregua dei suoi personaggi, in un sapiente gioco d’incastro tra biografia e bibliografia, volto a tracciare la parabola di un’anima. In tal senso il romanzo si può leggere anche come appassionata meta-riflessione sul valore dell’autobiografia. E cosa fa Dalager, per far piombare il lettore nel mondo del filosofo danese, se non trasformarlo in grande personaggio al quadrato, emblema di se stesso e della sua vita intera? Cogliendo, del personaggio-uomo Kierkegaard, quel «movimento esistenziale» che si riverbera, attraverso il liberatorio e terapeutico atto della scrittura (solo efficace antidoto a un’inguaribile malinconia), in ogni sua opera, avendo consacrato, il Nostro, l’intera vita a «trovare se stesso attraverso tutti i suoi personaggi».

In quest’epoca di ipermercificazione (anche dell’umano), devota al più sfrenato e spersonalizzante consumismo, tornare a Kierkegaard può agire come stimolo alla riscoperta di una soggettività radicale, alla costruzione di una verità che sia valida «per me»  (per ciascuno di noi!), reimmettendoci entro una del tutto obliata dimensione religiosa del pensare e del ricercare (figlia di quella innata tensione verso l’assoluto che è propria dell’uomo), e che stia a cuore (in egual misura) tanto al credente quanto al non credente.

domenico.calcaterra@gmail.com

D Calcaterra è insegnante e critico letterario

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