Francesco Paolo de Ceglia – Il segreto di san Gennaro

Sangue freddo davanti al re d’Italia

recensione di Andrea Nicolotti

dal numero di gennaio 2017

Francesco Paolo de Ceglia
IL SEGRETO DI SAN GENNARO
Storia naturale di un miracolo napoletano
pp. 410, € 32
Einaudi, Torino 2016

Francesco Paolo de Ceglia - Il segreto di san GennaroLa relazione di un anonimo cronicista del 1389 costituisce la prima attestazione di un prodigio legato al sangue del martire Gennaro, pare sconosciuto fino a quel momento, nella città di Napoli. Per una curiosa coincidenza nello stesso anno, in pieno scisma d’Occidente, in Francia il vescovo di Troyes scriveva al papa per denunciare l’esposizione di una falsa sindone di Cristo, anch’essa mai menzionata nei secoli precedenti. Entrambe le reliquie, comparse nella storia allo stesso tempo, hanno avuto una gran fortuna, sia quella oggi conservata a Torino sia quella di Napoli, divenuta subito famosa per il suo comportamento straordinario: il sangue di Gennaro conservato in due ampolle, si raccontava, passava dallo stato solido a quello liquido, anzi, andava in ebollizione quando veniva avvicinato al reliquiario antropomorfo contenente le reliquie corporali del santo. È importante evidenziare questo punto di partenza: alle sue origini il sangue si comportava in modo da far pensare che l’azione meravigliosa fosse il prodotto dell’interazione fra le due reliquie. Il beato Cherubino da Spoleto, ad esempio, teorizzava che i cambiamenti del sangue dallo stato solido a quello liquido, e viceversa, dipendessero meccanicamente dalla distanza fra le ampolle e il busto-reliquiario con la testa del santo. Qualcun altro osava addirittura pensare che il sangue ribollisse di rabbia perché nel reliquiario era stata inserita per sbaglio non la testa del martire Gennaro, bensì quella di Timoteo, il suo carnefice. Nel suo libro de Ceglia cerca di raccontarci – e ci riesce perfettamente – «gli sforzi compiuti da uomini e donne del passato per concettualizzare un fenomeno», quello della liquefazione, che meglio si comprende gettando uno sguardo sulla credenza, all’epoca diffusa, in una sorta di magia contagiosa per cui «gli oggetti che siano stati in contatto gli uni con gli altri resterebbero sempre in relazione di simpatia anche una volta separati». Salta subito agli occhi la stridente differenza rispetto a ciò che accade oggi, dal momento che ai giorni nostri la vicinanza fra le due reliquie ha perso qualunque importanza nel verificarsi del prodigio. E saltano agli occhi anche le discrepanti descrizioni del fenomeno da parte dei testimoni oculari dei secoli passati, inizialmente attenti a descrivere la liquefazione del sangue, poi l’ebollizione, e infine, dalla metà del Settecento a oggi, di nuovo la liquefazione.

Due Europe inconciliabili

L’autore non si limita a indagare l’ambiente napoletano, ma si apre all’Europa. Se nel mondo cattolico le meraviglie che si attribuivano ai resti umani sembravano aver luogo soltanto con i corpi dei santi, in quello protestante erano ascritte anche ai cadaveri comuni. Quello che in Italia era un miracolo, in Germania poteva essere un evento naturale: l’interpretazione di questi fenomeni rivela l’esistenza di due Europe con due visioni della natura poco conciliabili. Qui si fa sentire la formazione di de Ceglia di storico della scienza, che getta una luce inaspettata sulla genesi e sulle metamorfosi del fenomeno napoletano.

Intanto a Napoli la liquefazione del sangue era divenuta progressivamente un momento centrale della vita cittadina. All’inizio del Seicento nasce un vero e proprio organo di governo della Cappella del tesoro di san Gennaro, la Deputazione, che affonda le sue radici nei «sedili» del patriziato e del popolo napoletano ai quali era affidato il governo della città. La Deputazione si occupa ancor oggi di gestire le reliquie di Gennaro, a discapito dell’autorità arcivescovile che a lungo (e da ultimo assai recentemente) ha cercato senza successo di far prevalere la propria autorità. Ma Gennaro è un santo della città di Napoli, più che della chiesa; ed è la città intera che si fa carico di celebrare la sua festa principale, approntando effimeri catafalchi riccamente decorati che fungevano da palcoscenici sui quali il busto del santo era collocato in attesa dell’arrivo del suo sangue, per provocare il miracolo.
L’attesa dello scioglimento del sangue subisce a sua volta una progressiva ritualizzazione popolare, simbolicamente rappresentata, perlomeno a partire dal XVIII secolo, dalle cosiddette «parenti di san Gennaro» che invocano e quasi costringono il santo a compiere presto il miracolo. Nasce anche una letteratura che cerca di spiegare il significato degli scioglimenti e dei mancati scioglimenti, in quanto la reliquia si comporta talora in modo inaspettato: ad esempio si scioglie davanti ai francesi conquistatori e di fronte a Garibaldi, ma non al cospetto del re Vittorio Emanuele. Ma essa, oltre che miracolosa, è anche uno strumento apotropaico, capace perfino di fermare l’eruzione del Vesuvio.

Cosa c’è nelle ampolle napoletane?

De Ceglia, verso la fine del libro, deve anche occuparsi di tutti coloro che hanno provato a dare una spiegazione naturale al fenomeno della liquefazione. I tentativi di riprodurre lo scioglimento del sangue sono vecchi di secoli: molti uomini di scienza, più che teologi, si sono occupati del prodigio. Anche perché questo prodigio non era esclusivo, ma attestato anche in altre città con sangui di altri santi oggi caduti nell’oblio. Esisteva anche un secondo miracolo del sangue di san Gennaro, attestato a partire dal Settecento, sulla presunta pietra insanguinata della sua decapitazione sulla quale si diceva avvenisse un’altra liquefazione; fino a che, nel 1972, non si rivelò che la pietra non conteneva sangue ma era solo ricoperta di vernice e cera.

Ma cosa c’è davvero nelle ampolle napoletane? L’esame del presunto sangue non si può fare senza trapassare il vetro, e questo ha condizionato tutti gli studi. Nel tempo si sono moltiplicati i tentativi di produrre sostanze simili al sangue e capaci di liquefarsi grazie al calore o al movimento. A inizio Novecento persino alcuni ecclesiastici si sono dedicati al discredito del sangue (gli stessi che talora, contemporaneamente, screditavano la Sindone); qui e là si aprono i primi tentativi di studio scientifico, non sempre liberamente concesso e dai risultati questionabili. Nei decenni scorsi gli stessi studiosi impegnati nella ricerca del sangue sulla Sindone (in testa Pierluigi Baima Bollone) hanno cercato di verificarlo anche nell’ampolla napoletana, e gli stessi chimici che hanno tentato di riprodurre la reliquia torinese (in testa Luigi Garlaschelli) si sono impegnati nel creare un finto sangue miracoloso. Le due reliquie si rivelano ancora una volta legate da un sottile filo rosso. Perché anche se oggi la chiesa, per siffatte reliquie, tenta di essere più prudente a livello ufficiale ed evita di appoggiare formalmente la credenza nella loro autenticità, il sostegno fornito anche ai più alti livelli, con la parola ma anche con i fatti, non cessa di essere forte. De Ceglia al termine del suo godibile libro centra il problema attuale, lo stesso che vale per tutte le reliquie miracolose ancora in piena attività e, vien da dire, proprio per questo più o meno escluse da una verifica sperimentale di tipo scientifico che possa portare a risultati su cui discutere con cognizione di causa: «Occorrerebbe condurre osservazioni con criteri condivisi da scienziati, credenti e non, nella massima serenità e trasparenza. Senza segreti. Senza trabocchetti. Senza scommesse alla maniera dell’‘Asino’, ma con il genuino proposito di comprendere quel che accade». Qualunque possa essere il risultato, ancora una volta questo libro dimostra che il rinnovato interesse per una storia delle devozioni ha di per sé una sua forte ragion d’essere.

andrea.nicolotti@unito.it

A Nicolotti insegna storia del cristianesimo all’Università di Torino

Somatizzare i segni della santità: sul numero di gennaio anche Maria Pio Donato, docente di storia moderna, ha recensito Il segreto di san Gennaro.