Michela Ponzani – Figli del nemico. Le relazioni d’amore in tempo di guerra 1943-1948

Parlava un’altra lingua però sapeva amare

recensione di Patrizia Dogliani

dal numero di ottobre 2015

Michela Ponzani
FIGLI DEL NEMICO.
Le relazioni d’amore in tempo di guerra 1943-1948
pp. 175, € 20
Laterza, Roma-Bari 2015

Figli del nemicoI “figli del nemico” sono i nati durante il conflitto e a seguito di occupazioni di truppe nemiche. Dopo un lungo silenzio su questo delicato argomento riguardante la seconda guerra mondiale in tutti i fronti di guerra, asiatici come europei, da pochi anni gli storici stanno esaminando quanto è accaduto soprattutto in quei paesi che hanno sofferto di una lunga presenza dell’esercito del Terzo Reich sul loro territorio, in Francia e in quei paesi nordici riconducibili dall’ideologia nazista a un’assimilazione razziale con la razza ariana: Norvegia, ­Finlandia, ­Danimarca, Olanda. In alcuni di questi paesi, la ricerca storiografica è stata coadiuvata e ancor più spesso anticipata dai protagonisti stessi: figli e figlie che giunti a un’età che preannuncia la vecchiaia, a sessanta e più anni dalla loro nascita, hanno sentito il bisogno di uscire dal silenzio, a volte dalla vergogna nelle quali li avevano relegati la società, la famiglia, la comunità, e di riscattarsi dalla loro condizione di paria, per conoscere chi erano stati i loro padri ed eventualmente incontrare per la prima volta le loro famiglie d’origine. In Francia, dove le nascite nei quattro e più anni di occupazione tedesca furono molte, la bella ricerca dello storico Fabien Virgili, è stata accompagnata da un film documentario nel quale per la prima volta i “figli del nemico” parlano della loro esperienza e danno un volto alle loro traumatiche ­esperienze. In Italia, sino a questo sentito libro della storica Michela Ponzani, non esisteva un analogo studio. Il ritardo non è forse tanto dovuto a un’insensibilità storiografica sull’argomento, quanto più a un’assenza di memoria pubblica su tale fenomeno rispetto ad altri paesi.

Gli italiani sembrano non essersi accorti di questi eventi, neppure quando essi erano al centro di canzoni di successo come la Tammurriata nera, composta nel 1944, o 4 Marzo 1943 di Lucio Dalla. Le cause possono essere state molteplici. Ponzano non ne parla esplicitamente, ma si deducono dal suo lavoro: limite temporale della presenza della Wehrmacht in Italia (dal settembre 1943 all’aprile 1945 su tutto il territorio nazionale, ma molte regioni sono liberate ben prima), presenza meno stanziale e dunque meno a contatto quotidiano con i civili, e al contrario presenza prolungata di altri eserciti, alleati e “liberatori” e dunque non appartenenti al nemico, dai quali nascono altri figli spesso indesiderati. La tradizionale morale cattolica italiana ha inoltre spinto ad altri silenzi, come nel caso molto specifico delle violenze sessuali in Ciociaria, presto dimenticate sino a recenti studi che si basano sulla storia orale, come quello magistrale di Tommaso Baris.

Dunque Michela Ponzani si è trovata ad affrontare per la prima volta quest’argomento, e lo ha fatto estendendolo il più possibile oltre i limiti stessi del termine e della natura di “nemico”. Per fare questo ha utilizzato una vasta documentazione, dalle carte delle Nazioni unite (Unrra) e della Croce rossa internazionale, alla registrazione di testimonianze orali e alle migliaia di richieste d’aiuto inviate all’Ufficio informazioni per i prigionieri di guerra, allestito dal Vaticano, i cui fondi sono da pochi anni consultabili. Ne risulta un mosaico di soggetti e di condizioni molto diversificato. La scelta dell’autrice è stata quella di non soffermarsi solo sulla nascita, desiderata o indesiderata, dei “figli del nemico”, ma anche sul loro percorso personale e legale, e anche sul destino di tanti altri bambini nati nel corso della seconda guerra mondiale da genitori considerati tra loro nemici: figli di internati militari in Germania e di donne tedesche; figli di prigionieri dell’esercito germanico e di donne italiane; figli apolidi nati da rifugiati in Italia; figli comunque nati da situazioni irregolari, sui quali ha pesato sin dalla nascita la decisione della loro nazionalità, e dunque della loro tutela, anche se la paternità veniva riconosciuta. Benché la Costituzione italiana abbia sancito l’equiparazione tra figli legittimi e figli naturali, di fatto la legislazione nazionale, sino al nuovo codice di famiglia degli anni settanta, ha discriminato gli illegittimi, e a maggior ragione i “figli del nemico”. Infatti, secondo una circolare emanata da Roma nel 1945 dal governo provvisorio, anche in presenza di un riconoscimento di paternità, veniva “imposto al neonato il cognome della madre”, se nato “dall’unione naturale di donne nubili italiane con cittadini germanici”.

Il libro di Michela Ponzani apre nuove strade di ricerca e di approfondimento che vanno percorse. L’entusiasmo con il quale è stato concepito e scritto a volte lo rende dispersivo agli occhi dello storico, ma fortemente interessante per il lettore comune che rimane catturato dalle tante testimonianze e vicende personali narrate, sulle quali si è finalmente rotto il ­silenzio.

patrizia.dogliani@unibo.it

P Dogliani insegna storia contemporanea all’Università di Bologna

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