Roberto Todisco: un estratto da “Jimmy Lamericano”

Roberto Todisco ha ricevuto una menzione speciale della giuria

nella XXX edizione del Premio Calvino

Garbo a Villa Clerici nel 1940

Solo Gennarino non era a lavorare e già Jimmy imprecava e sbuffava, quando lo videro arrivare. Ma non sembrava più il ragazzo che tutti chiamavano Rodolfo Valentino… Aveva la faccia bianca e gli tremavano le labbra. Sudava. Dovete venire con me, biascicò. Un miracolo, un miracolo, un miracolo, ripeteva…

Percorsero il viale, giù, verso il grande cancello. Il ragazzo che tutti chiamavano Rodolfo Valentino era pallido e le gambe lo tenevano appena. Si bloccò. Fece segno con la mano di guardare più in là. Una lunghissima automobile bianca ferma all’ombra di una magnolia.

Insomma ormai ve lo aspettate, è inutile che la faccia troppo lunga, poggiata a quella macchina, con un basco nero di traverso sulla testa e una sigaretta fra le dita c’era una donna sottile che fissava un ciuffo di erbe selvatiche. Sulle prime non la riconobbero. Poi la donna sentendoli arrivare alzò lo sguardo e un mento leggermente appuntito. Era tremendamente familiare quel volto, eppure inconsueto, nuovo, irriconoscibile. Così rimasero tutti impietriti, sporchi di terra e di sudore, osservati dai più grandi e più celesti occhi che avessero mai visto.

La donna che noi sappiamo essere Greta Garbo gettò a terra la sigaretta fumata a metà, la schiacciò con la punta del piede. Quando cominciò a parlare Jimmy e gli altri furono presi alla sprovvista, perché quasi non aveva mosso quelle labbra magnetiche. I need to stay hidden for a few hours, could you help me? Aveva una voce leggermente rauca, Gino gli aveva sentito dire una battuta, una volta, con quella voce. Italo si sentì subito investito del ruolo di tramite, Ha bisogno di nascondersi. Siamo tutti qui per questo, pensarono all’unisono. Così Italo rispose senza aspettare che gli altri parlassero. Of course, I should hide the car too, disse la Garbo muovendo dei passi. You can follow us driving it, rispose Italo e fece segno agli altri di muoversi. Nessuno ebbe il coraggio di entrare in macchina. Quando passarono accanto al campo da tennis la Garbo si voltò a guardare quel rettangolo di terra e un poco sorrise, probabilmente chiedendosi in casa di quali strambi individui fosse finita, che se ne stavano chiusi in una villa a costruire campi da tennis mentre fuori nel mondo c’era la guerra.

In casa l’aria era fresca e la Garbo tolse il basco, restando con i capelli leggermente scarmigliati. Sembra una ragazza, pensò Jimmy. La fecero accomodare in salotto e lei si sedette, mentre tutti rimasero in piedi. Gennarino era il più stravolto, guardava con gli occhi rotondi e la bocca aperta. Sit down, please. You make me feel like a painting in a museum… La Garbo si era lasciata andare contro lo schienale della poltrona, aveva buttato la testa all’indietro e teneva gli occhi chiusi, il collo lungo, bianchissimo. Sembrava dormisse…

Fu così che iniziò la più straordinaria sera nella vita degli abitanti di Villa Clerici, passata ad aprire bottiglie di vino insieme a Greta Garbo, la donna più famosa del mondo, e ad ascoltare una storia incredibile. La Garbo mano a mano che scivolava nel racconto scaldava la voce, che aveva perso la nota di rauco. Aveva una fisicità primordiale, vibrante. Gesticolava un poco, liberando a tratti dalle maniche larghe della giacca due polsi sottili. A Gennarino a un certo punto, ma non fu mai pronto a giurarlo, sembrò di sentire l’odore della sua pelle. Così deve profumare la luna, pensò.

(…) seppero che la Divina era diretta nella villa sulla costiera in cui era stata già due anni prima, quando ne avevano parlato i giornali e tutto il paese. Ad attenderla stavolta, però, non c’era Stokowski. A questo punto fece una piccola pausa…. Ad attenderla, riprese, c’erano emissari del governo sovietico. Si fermò di nuovo, ma stavolta solo per dare il tempo che il colpo inferto dalle sue parole si fosse assestato. Pare che Stalin avesse visto la sua interpretazione dell’ufficiale sovietico e ne fosse rimasto molto colpito…

Non lo farà? chiese Giulia. Greta Garbo scosse la testa. Nessuno le chiese il perché, ma in fondo sapevano. Non ha paura che gliela faranno pagare? chiese Teresa con gli occhi stanchi. I’m sure, but I don’t care. E la sua meravigliosa carriera? Un’ombra di fastidio le attraversò gli occhi. La scacciò con un gesto della mano. I need to fail only once. Only one failure and I’ll be free. Tutti tacquero. Poi all’improvviso Gennarino parlò. Me lo fa un autografo? Gli altri lo fulminarono con lo sguardo. La Garbo dovette capire, che gliel’avranno chiesto in tutte le lingue del mondo. Annuì. Così Gennarino tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il portafoglio, ne estrasse una piccola foto dai bordi seghettati come un francobollo, che la ritraeva in primo piano con le mani sulle guance e le dita sulle tempie, i capelli tirati all’indietro. La Garbo sorrise. Gennarino gliela porse tremante. Aveva trovato il pezzo più prezioso della sua collezione.