Come sono cambiati il ruolo e l’immagine della letteratura

Passare attraverso i processi editoriali come una salamandra

di Gian Carlo Ferretti

dal numero di febbraio 2018

Ha ancora un ruolo la letteratura nella nostra nuova condizione esistenziale? Non c’è dubbio che nel passato il suo ruolo si poteva vedere o percepire in modo esplicito: non tanto o non solo per lo spazio che la letteratura occupava (per esempio in libreria, sulle pagine dei giornali, nelle recensioni settimanalmente pubblicate), o per il tempo che alla letteratura veniva da molti dedicato con la lettura quotidiana, quanto soprattutto per ciò che la letteratura significava nell’immaginario collettivo.

Con la diffusione sempre più ampia e sempre più invadente degli strumenti di comunicazione digitale, che cambiano il modo di gestire il proprio tempo, e di vivere il tempo libero (si pensi alle e-mail o alle letture in internet, e in generale agli smartphone), e con la diffusione quasi incontrollabile dei social network, l’immagine della letteratura conosciuta nel passato sembra essersi molto modificata, se non venuta meno. Questo non significa necessariamente che non si leggano più testi letterari, ma che la letteratura non ha più il ruolo sociale di formazione o di conoscenza che aveva in passato. O almeno la letteratura come la conoscevamo. A questo si aggiunge il discorso sulle diverse forme che la letteratura può presentare nei blog o in altri luoghi della rete. Venendo meno il ruolo che le era riconosciuto, sono venute meno altre cose: per esempio una precisa distinzione della qualità della letteratura, per cui tutto ciò che viene pubblicato sembra avere lo stesso valore. E questo è un problema di informazione, di trasmissione di valori, che investe comunque l’editoria.

Stefano Calabrese - Narrare al tempo della globalizzazioneUn volume di saggi a cura di Stefano Calabrese, Narrare al tempo della globalizzazione (pp. 215, € 16, Carocci, Roma 2017) ha cercato di spiegare come stanno cambiando le varie forme narrative oggi: dai romanzi di vasto successo alle forme della serialità televisiva, dalle fanfiction (opere scritte dagli ammiratori di certe opere originali) ai graphic novel (il nome blasonato con cui oggi vengono chiamati i fumetti con proprietà o pretese letterario-artistiche). Un volume utile come sondaggio descrittivo della galassia narrativa trans-nazionale e trans-mediale, ma ancora carente come inquadramento quantitativo dei fenomeni, e come analisi teorico-critica dei problemi. Resta aperto in particolare un discorso specifico sull’editoria libraria e sulla rete.
Ci si può chiedere anzitutto, con una domanda secca: quale letteratura produce oggi l’editoria? Se si considera nelle sue linee generali la situazione degli ultimi anni e decenni, ci si trova di fronte a una serie di profonde trasformazioni che riguardano soprattutto le concentrazioni, ma che spesso si estendono all’intero quadro. Certo, partendo da un atteggiamento pragmatico si deve ammettere che oggi la ricerca di nuovi scrittori, e le scelte e il lavoro di molti bravi editor si svolgono all’interno di più ordinati e razionali processi produttivi, distributivi e finanziario-amministrativi; che tutti gli scrittori possono beneficiare di una ottimizzazione dei contenuti attraverso vari formati, e di sempre più estese connessioni internazionali, realizzate con acquisizioni di quote di case straniere, joint venture, coedizioni, e con maggiori presenze sul mercato estero; e si deve ammettere ancora che sono sempre più serrati e producenti gli interscambi tra editoria e televisione. Bastino gli esempi di Gomorra e delle serie di Andrea Camilleri.

In generale poi gli scrittori sono al centro di numerose iniziative per la promozione della lettura, nelle quali si impegnano spesso gli editori insieme alle istituzioni pubbliche: settimane del libro, feste, convegni, saloni, fiere, festival, mostre, premi, eccetera. Mentre, all’interno del grande pubblico, si distingue un piccolo esercito di lettori anticonvenzionali e anticonformisti, sorretti dall’avventuroso e imprevedibile passaparola, e formati attraverso il mondo dei circoli politico-culturali, le librerie indipendenti, i presìdi del libro, Fahrenheit, lo stesso internet. Pubblico sul quale uno scrittore originale e innovatore può contare.

Ma per contro, partendo da un atteggiamento critico, si devono descrivere processi piuttosto diversi. C’è anzitutto una prevalente fine delle specificità e identità editorial-culturali, e delle appartenenze come manifestazioni non soltanto di fedeltà ma soprattutto di sintonia intellettuale tra scrittore e editore; un appiattimento delle differenze, con una intercambiabilità di sigle e politiche editoriali e con un diffuso nomadismo degli scrittori, che riflette una generale caduta degli schieramenti, del dibattito e del confronto ideale, e al tempo stesso vi contribuisce; il progressivo venir meno di un lavoro intellettuale collettivo interno ed esterno alle case editrici, anche conflittuale ma fecondo, che poteva contribuire alla formazione di un autore, alla sua stessa crescita (la casa editrice come scuola); il passaggio da processi decisionali complessi e problematici, vere e proprie discussioni critiche talora, a decisioni sempre più accentrate; la crisi o rottura dell’equilibrio tra criterio di qualità e criterio di successo, politica di stagione e politica di durata, e l’accentuazione di una logica commerciale (l’ossessione del best seller) che toglie potere ai consulenti intellettuali, sostituendoli con gli agenti letterari o con gli scout, e finalizza la sperimentazione del nuovo direttamente al mercato (se un nuovo autore non vende, viene abbandonato); e dunque le conseguenze che da tutto questo possono derivare per il lavoro e l’autonomia degli scrittori, cui si accompagna una crisi o perdita di ruolo della letteratura; e ancora la necessaria consapevolezza che quel piccolo esercito di vivaci lettori è soltanto l’avanguardia di sparute masse, e che tutti insieme registrano anno per anno variazioni statistiche dello zero virgola in più o in meno, un po’ come accade per il prodotto interno lordo.

Un fenomeno che coinvolge (come è ben noto) le responsabilità della stessa editoria, le insufficienze della scuola, i limiti e le storture dell’informazione dei vari media, le carenze delle biblioteche, la forza di una distribuzione che penalizza tuttavia le librerie indipendenti. È un fenomeno che richiama il rapporto stretto tra gli indici di lettura e il progresso sociale e civile di un paese. Spesso questi aspetti positivi e negativi si intrecciano in modo contraddittorio. Per esempio l’interesse delle concentrazioni a non snaturare le case editrici piccole e medie da loro acquisite (specializzate o sperimentali), nel quadro di strategie articolate e pluraliste, favorisce quella stessa ricerca di nuovi autori, e il loro passaggio a case editrici più grandi. Un passaggio che può essere gradito dagli autori, ma che mette le piccole case così defraudate in una posizione di subalternità e debolezza, mentre lo scrittore passa da un pubblico più definito a un pubblico più indistinto. Certo non mancano all’interno o all’esterno delle stesse concentrazioni, case editrici che mantengono e rinnovano almeno in parte la loro identità e tradizione, da Feltrinelli (l’unica grande casa a mantenere una continuità di famiglia) a Einaudi, ad alcune case piccole e medie, anche se esse risentono oggettivamente di quella situazione generale. Inoltre sappiamo bene che la letteratura, o più precisamente la creatività letteraria, può seguire talora strade ben più imponderabili di quelle dell’editoria, restando magari ignorata o sottovalutata nei suoi valori oggi, perché passa attraverso i processi editoriali come una salamandra, o perché in questi processi fa qualche segreto incontro felice, o perché ne è assolutamente fuori, proiettata verso un futuro imprevedibile e senza limiti. Un risvolto inesplicabile e sfuggente della dominante letteratura prodotta dall’editoria, che conferma indirettamente l’intero quadro.

Rete, editoria e letteratura

Venendo a parlare della rete, con la consapevolezza di una situazione in costante magmatico mutamento, si possono individuare alcune direttrici molto generali. Tenendo anche conto che, rispetto al passato, i ruoli di chi scrive e di chi legge tendono a confondersi in modo ambiguo e irrisolto. Dei nuovi spazi discorsivi virtuali ha beneficiato soprattutto la scrittura testimoniale, diaristica, personale, che un tempo si svolgeva soltanto in ambito privato o nelle conversazioni interpersonali, negli scambi epistolari, nelle edizioni del sottobosco, eccetera. Per questa esperienza i media digitali (blog collettivi, forum, messaggistica istantanea) hanno rappresentato non solo una moltiplicazione di spazi, ma anche l’introduzione di nuove modalità di organizzazione del discorso, il cui potenziale è ancora ben lontano dall’essere esplorato e sfruttato. Di questo, tra vecchi e nuovi media, Giulia Iannuzzi si è occupata nel saggio Electric hive minds. Italian science fiction fandom in the Digital Age (“Journal of Romance Studies”, 2016), a proposito di un genere come la fantascienza, il cui pubblico rappresenta da anni un segmento molto intraprendente.
Ma c’è da dire che almeno in questa fase storica, le estesissime possibilità di parola offerte a masse assenti dalla tradizionale “repubblica delle lettere”, appassionati, lettori, scriventi, si collocano tra una vagheggiata “democratizzazione” e una reale sovrapproduzione, tra una generosa apertura e un diffuso caos, senza escludere surrettizi condizionamenti. La scrittura letteraria creativa è meno presente nei luoghi virtuali della rete, non solo dal punto di vista quantitativo ma soprattutto qualitativo. La rete è molto sfruttata come grande vetrina, luogo di visibilità e promozione di autori, testi, iniziative editoriali, che continuano tuttavia a cercare la loro vera affermazione letteraria e culturale nelle sedi tradizionali della “repubblica delle lettere” e dell’editoria libraria istituzionale, o che partendo dalla rete mirano in ultima analisi a conquistarsi un’immagine o a raggiungere una legittimazione sulla carta. Certo, esiste una punta avanzata di esperienze creative che “recependo il medium come messaggio” cerca di incorporare il digitale e internet nel processo della scrittura per ottenerne un sovrappiù di senso, ma si tratta, almeno per il momento, di un’avanzata avanguardia la cui circolazione e ricezione resta limitata a una cerchia ristretta di colleghi e specialisti. I nuovi media perciò non sembrano avere ancora espresso e dispiegato il loro grande potenziale, e non sembrano ancora capaci di influire in modo decisivo sulla trasformazione del ruolo della letteratura nel mondo contemporaneo. C’è un ultimo ma non meno importante aspetto: il ruolo dei nuovi media nei processi di circolazione, apprendimento e insegnamento della letteratura. Si possono qui distinguere due piani: da un lato la fruizione di testi letterari tramite supporti mediatici diversi da quello a stampa, con i loro aspetti peculiari (l’audiolibro, l’e-book), e dall’altro le trasposizioni/adattamenti di opere in testi di diversa natura mediale. Si apre qui una complicata serie di pratiche, che vanno dalle utilizzazioni delle nuove tecnologie nell’ambito dello studio e della didattica, alle trasformazioni del lettore in co-autore, dagli esperimenti di scrittura collettiva alle aperture del blog. Sulle quali pratiche non è sempre facile pronunciarsi con sicurezza, ma nelle quali sembra delinearsi il pericolo di una separazione tra un pubblico in grado di accedere alla complessità linguistico-retorica e testuale dell’opera letteraria, e un pubblico confinato nel mondo dell’audiovisivo e/o del testo breve e di istantaneo consumo. Una separazione che riproporrebbe in termini nuovi, la storica contrapposizione tra alta e bassa cultura, privilegio e privazione, potere e subalternità. Con paradosso apparente insomma si riproporrebbe qualcosa di molto vecchio, proprio nel modernissimo mondo della rete.

gcferretti@alice.it

GC Ferretti è critico letterario e storico dell’editoria