Mark L. Winston – Il tempo delle api

Impollinatrici sotto stress

recensione di Enrico Alleva e Michela Colombo

dal numero di gennaio 2018

Mark L. Winston
IL TEMPO DELLE API
Lezioni di vita dall’alveare
ed. orig. 2015, trad. dall’inglese di Allegra Panini
pp. 331, € 23
il Saggiatore, Milano 2017

Mark L. Winston - Il tempo delle apiÈ dai tempi della splendida e tuttora irrinunciabile collana rizzoliana “L’Ornitorinco”, curata dal mai abbastanza compianto naturalista-architetto di giardini Ippolito Pizzetti, figlio di Ildebrando, che non si vedevano saporiti testi sulle api. Né possiamo scordare l’impatto mediatico internazionale ma anche italiano che ebbe nel 1979 per Zanichelli il libro del famosissimo mirmecologo di Harvard Edward O. Wilson Sociobiologia. La nuova sintesi. Dal formicaio alla società umana. Gli insetti sociali, api formiche e termiti, hanno infatti sempre entusiasmato legislatori, generali, statisti: dittatori e scienziati, politici, chi crede in un ordine naturale della società umana contempla stupefatto e ammirato come un pio monaco benedettino o cistercense la miracolosa armonia di queste complesse e numerosissime società di insetti. Tanti sarebbero, fin dall’antichità, i riferimenti bibliografici. Ma in questo inizio periglioso di terzo millennio, post-umanesimo e società liquida stimolano desideri naturalistici nuovi. Il rinascimento gagliardo e rigoglioso degli orti urbani ne resta un esempio vivido e attuale, per non parlare dei boschi verticali, cresciuti pure in pieno centro meneghino. Gli alveari spuntano ovunque e di recente (settembre 2017) la rivista “The Scientist” sottolineava l’importanza di ripopolare di bombi, grandi e potenti impollinatori, il relitto urbano postmoderno della città fantasma Detroit.
In libreria i libri sulle api dunque abbondano, visto il desiderio di ruralità che si diffonde soprattutto fra i giovani; ma molti hanno forma opaca e non sempre molto riuscita ne è la trattazione. Adombrano quel desiderio di natura giuliva per chi in questi anni si sente – magari da pensionato – un provetto apicoltore, scherzi onirici ma a loro modo produttivi (di miele) della terza età. Questo libro di Winston, invece, possiede sostanzialmente molti canoni di scientificità.

Metafora della società umana

Il testo rappresenta una forte, convinta e convincente messa in discussione dei metodi estensivi ed industrializzati di agricoltura e apicoltura, tipici di Stati Uniti e Canada, e invita leggiadramente a valorizzare la biodiversità degli impollinatori, tanto quelli selvatici (inclusi i dimenticati pipistrelli e altri insetti pronubi), che quelli domestici come appunto le api; spinge a una valorizzazione culturale e colturale delle vegetazioni, schierandosi duramente contro le monocolture e ricordando che l’incolto, le siepi e le zone lasciate a loro stesse (e al loro destino naturale) rappresentano importanti siti di nidificazione per esempio per insetti e rettili insettivori nonché fonti nettarifere e polliniche diversificate e tali da dare gusto e sapore a mieli sofisticati.

L’alveare è poi metafora della società umana: e c’è da anni una moria consistente di api. La sindrome da spopolamento degli alveari non è il risultato di un singolo fattore dannoso ma di “mille piccole ferite”: forte presenza di contaminanti ambientali (pesticidi e fungicidi con effetti diretti su api e loro covata), patologie e parassiti, intervento dell’apicoltore con acaricidi e antibiotici (vietati in Italia), straordinari cambiamenti climatici e riduzioni della varietà di fonti nutritive varie, militando contro il selvaggio diserbo progressivo. Anche l’uomo, bersagliato da piccole diverse ma acutissime fonti di stress, ha vita peggiorata e gli esplodono patologie sconosciute a nonni e bisnonni. Ma le api, esseri resilienti, sono riuscite per adesso a sopravvivere e forse, sostiene l’autore, possono insegnarci a fare altrettanto. Uno spunto importante attuale riguarda l’apicoltura urbana, vantaggio derivato dall’intrecciare mondo naturale e mondo antropizzato, coinvolgendo i cittadini (la risorgente citizen science invocata dal programma Horizon 2020): sistemi e spazi condivisi, aspetti terapeutici dell’apicoltura sociale per umani disadattati e rieducativa per caratteri difficili e patologie psichiche conclamate. Senza dimenticare le scolaresche.

Il testo, scritto originale, sfata il mito dell’ape sempre indaffarata: il riposo è importantissimo e solo sotto stress velocizzano i loro operosi compiti, ma puoi muoiono precocemente. Ancora una volta parabola per l’odierna umanità multi-tasking? Gli apicoltori poi, lobby di “filosofi naturali”, non a caso descrivono l’entrata in apiario come atto di “pulizia mentale” e forte capacità di auto concentrazione difficilmente ottenibile in altro modo. L’autore Winston non si occupa più di api ma, da moderno profeta, dirige un centro sul dialogo tra noi umani. Suggerisce che comunicare rispondendosi rappresenta la rete “linguistica” di questi imenotteri sociali, per questo le sentiamo vicine e ispiratrici? Le scelte collettive restano importanti, lo sciame decide dove costruire il nuovo nido democraticamente, sono le umili api esploratrici ad addensarsi in un punto di loro piacimento: non la unica, nobilissima regina a decidere dove stabilire il proprio regno. Un ultimo spunto piccante del libro, un capitolo intero: l’arte dedicata alle api permette agli scienziati di non perdere immaginazione, riempendo il divario tra romantici e razionalisti.

enrico.alleva@iss.it

E Alleva insegna etologia all’Università La Sapienza di Roma

michela.clmb@gmail.com

M Colombo è apicoltrice dottorata in genetica e nutrizione animale all’Università di Bologna