#LibriInTasca: Paolo Morelli – Né in cielo né in terra

Esilarante compagnia della disgrazia

consigliato da Raffaella D’Elia

#LibriInTasca è lo Speciale sul sito dell’Indice che accompagnerà la vostra estate.
Sarà un compagno di viaggio loquace e mai banale, e si comporrà di tanti consigli di lettura suggeriti da voci diverse e penne più o meno note: libri pensati per viaggiatori in cerca di avventure e tomi poderosi per chi poltrisce sotto l’ombrellone.
 

Paolo Morelli
NÉ IN CIELO IN TERRA
pp. 235, 14,50 €
Exorma, Roma 2016

Paolo Morelli È in fondo una storia apparentemente solo romana, quella che racconta Paolo Morelli nel suo ultimo, particolarmente riuscito, lavoro. Perché le vicende di un gruppo di amici legati al quartiere Trastevere, ai suoi punti di ritrovo, ai suoi piccoli riti e quotidianità splendidamente restituiti sulla pagina, in fondo non raccontano che la condizione di un gruppo di esiliati da loro stessi, senza soldi, in corsa perenne nella vita, ma tutto sommato felici. Sulla falsariga del film Fantasmi a Roma (1961, con Gasmann, Mastroianni e De Filippo diretti da Alberto Castellani) un ghostwriter, Augusto, sogna di incontrare Vibenna, Cesare, Eriberto ed altri ancora, tutti amici di gioventù ora scomparsi, che cercano di sopravvivere allo sfratto cui sono destinati raccogliendo in un libro le loro (dis)avventure. Mentre così, alle difficoltà anche tecniche cui il narratore fa riferimento (scrivere una biografia o una autobiografia, per cominciare), emerge il rione, sempre più minacciato dalla rincorsa alla modernità, al vantaggio economico, al benessere autoindotto in una società sempre più marcia e avvilente. Ma il coefficiente di queste avventure non è mai nel segno di una emotività statica e in panne. “E’ un dolorame”, si legge ad un certo punto, fin tanto che il protagonista, con l’anima per sua fisiologia un po’ dismessa fin dall’inizio, “vede tutti rotti, chi è rotto”.

La qualità più evidente è proprio nel mescolarsi di tragedia e commedia, e i momenti più alti risiedono in questo sguardo capace di restare lucido, autenticamente ironico: “Stavamo uno di fronte all’altra sui sedili di marmo, lei si metteva in piedi e non si perdeva una virgola, d’aspetto era la capa malandrina mondiale. Però la vedevo spesso che si raggrinziva tutta, si stringeva, s’alzava sulle zampe e rizzava il pelo, come in preda a un dolore o paura, che io in un grumo di lucidità pensavo è la chiacchiera continua che faccio, invece a un certo punto ho capito che c’erano delle presenze, come dei mulinelli d’aria gelata, vecchi fantasmi giravano in quel chiostro e ora li avevo disturbati nella quiete si vede, se ne andavano a frotte, uno a un certo punto m’è sembrato che mi strattonava addirittura. Parlavo pure a loro, mentre traslocavano”. Sono i fantasmi, a ben vedere, gli attori principali di questa esilarante compagnia della disgrazia, verrebbe da dire. Né in cielo né in terra, infatti, sono coloro che sono in contrappunto rispetto all’epoca in cui vivono, straordinariamente emarginati rispetto ai falsi miti che il cosiddetto ‘nuovo’ impone. E sono tutti coloro i quali sono capaci anche solo di pensare, per esempio, ad un trapianto dell’anima, per guarire dai mali, fino a chiedersi dove possa finire quella vecchia, magari “in una discarica col cartello giallo, come per le centrali atomiche, coi vapori neri al posto delle radiazioni?”. L’autore di Racconto del fiume Sangro e L’arte del fallimento, fra gli altri, ha scritto un libro prezioso, laddove, ancora una volta, l’impronta del suo talento e della sua improntitudine appare riconoscibilissima e oramai imprescindibile.

R D’Elia è critico letterario

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