#LibriInTasca: Andrej Longo – L’altra madre

In cerca di vendetta tra i vicoli di Napoli

consigliato di Francesco Pettinari

#LibriInTasca è lo Speciale che accompagnerà la vostra estate sul sito dell’Indice.
Sarà un compagno di viaggio loquace e mai banale, e si comporrà di tanti consigli di lettura suggeriti da voci diverse e penne più o meno note: libri pensati per viaggiatori in cerca di avventure e tomi poderosi per chi poltrisce sotto l’ombrellone. 

Andrej Longo
L’ALTRA MADRE
pp. 97, € 17
Adelphi, Milano 2016

Andrej Longo - L'altra madreUna fotografia dei Quartieri Spagnoli fa bella mostra di sé, su uno sfondo rosso fuoco, come copertina del nuovo libro di Andrej Longo: un’immagine bidimensionale che però ben introduce il lettore allo spirito del romanzo sia in senso narrativo, perché è ambientato a Napoli, sia in senso metaforico, in quanto la fuga prospettica che si perde all’orizzonte restituisce appieno la traiettoria del senso di questo pregevole lavoro.

È su una strada come quella che bisogna immaginare il protagonista, Genny, mentre fa lo slalom con il suo motorino; ed è una strada come quella che gli farà incrociare il proprio destino con quello di una ragazza. Genny è un ragazzo di sedici anni, uno di quelli con la testa a posto, che lavora come cameriere in un bar, è simpatico a tutti per le pose che assume; è anche un bravo figlio, uno che sa che a casa c’è la mamma che lo aspetta, e che mamma: una donna che passa la giornata a cucire orli ai pantaloni per una miseria, una che fa pause o per leggere la sorte nelle carte o per prendere un po’ di ossigeno dalla bombola perché è molto malata.

Su un altro fronte c’è Tania, una quindicenne, anche lei una brava ragazza, una che studia e che è ancora una bambina; sua madre Irene fa la poliziotta. Succede che Genny, quasi per raccogliere una sfida, accetta la proposta di un piccolo delinquente di quartiere, quella di accompagnarlo su un motorino per scippare qualche vittima designata. La sorte vuole che la vittima sia Tania, appena uscita da un negozio dove ha fatto shopping con la sua migliore amica. Ma quella che doveva essere solo una malefatta, una bravata ordinaria, si trasforma in una tragedia: Tania è una tosta, una che non molla, però cade, sbatte la testa sul marciapiede, e muore.

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Genny si trova così in una situazione che non aveva previsto: diventa la preda braccata da Irene; mentre il delinquente/complice viene liquidato dagli scagnozzi del boss, il quale vuole il territorio libero dalle incursioni della polizia. Irene, straziata dal dolore, ha in testa solo di vendicarsi, a modo suo, da sola, svincolandosi delle indagini: riesce a catturare Genny, lo sequestra, lo parta a casa, e gli fa vivere un incubo, lo sottopone alle peggiori umiliazioni, lo tortura, gli fa credere che sia destinato a morire. Ma l’orizzonte, il punto di fuga dove sfocia la traiettoria del racconto è un altro, e lascia sbalorditi, perché arriva del tutto inatteso: il desiderio di vendetta di una madre ferita si stempera e svanisce di fronte alla vista di un’altra madre – quella di Genny ­– su un letto di ospedale, in procinto di morire. E allora la propria rabbia Irene la rivolge contro di sé, ma ci pensa Genny – in un finale davvero coinvolgente – a sventare il suo tentativo di farla finita. Un atto di generosità si impone sulla ferocia: Napoli è anche questo.

Longo conferma in questo romanzo il talento che aveva manifestato in Dieci, il libro di racconti che nel 2007 lo ha fatto conoscere al pubblico, un talento che era apparso un po’ attenuato nei due lavori successivi – Chi ha ucciso Sarah? e Lu campo di girasoli. Oltre a una trama assai coinvolgente, in grado di sorprendere, e di tenere in scacco la prevedibilità del lettore durante l’intera durata della lettura, il fattore che conquista maggiormente è la maestria con cui Longo padroneggia la materia prima della scrittura, la maniera in cui si dimostra capace di dare colore e carattere ai personaggi attraverso la duttilità di una lingua che si modella sulla cadenza del dialetto napoletano e che, prima ancora delle vicende, trasporta chi legge dentro quel luogo unico al mondo che è Napoli. I protagonisti sono anzitutto fatti di linguaggio, sono quello che dicono – come lo dicono – e quello che fanno, e tanto basta a farle emergere come figure a tutto tondo, senza alcun bisogno di introspezione psicologica. Per questo la lettura si accende di visibilità: sembra davvero di vedere un film – e sarebbe auspicabile che questa bella storia venisse quanto prima scelta per una trasposizione cinematografica.

F. Pettinari è critico cinematografico

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