In diretta dal Festival di Cannes 71: il palmarès

Sguardo lucido sul futuro prossimo

di Grazia Paganelli

Sarà ricordata come il festival delle donne la 71esima edizione del Festival di Cannes, perché i discorsi “collaterali” erano quasi sempre legati alle disparità tra uomini e donne nel mondo dell’industria cinematografica e perché molti erano i film diretti da registe donne nelle diverse sezioni della kermesse. Il timore era che il palmarès non avrebbe tenuto conto davvero dei film e del loro valore, ma del genere cui erano riconducibili.

Rischio scongiurato grazie alla giuria (presieduta da Cate Blanchett e composta da Chang Chen, Ava DuVernay, Robert Guédiguian, Khadjia Nin, Léa Seydoux, Kristen Stewart, Denis Villeneuve e Andrei Zvyagintsev) che ha saputo trarre il meglio da un festival di alto livello, capace di interrogarsi sullo stato del cinema di oggi e proporre una visione concreta del futuro più prossimo.

Cannes 71: Nadine Labaki

Capharnaüm, di Nadine Labaki

Opportuni i due premi ai due film italiani presenti in concorso: miglior attore Marcello Fonte per Dogman di Matteo Garrone (a consegnarlo un festoso Roberto Benigni) e miglior sceneggiatura ad Alice Rohrwacher per Lazzaro felice (meritatissimo ex aequo con lo splendido 3 Faces di Jafar Panahi). E in un certo senso annunciata la Palma d’Oro Speciale a Jean-Luc Godard per Le livre d’image, opera di grandissima importanza e urgenza proprio nella riflessione sul cinema del nostro tempo sommerso di immagini. Un riconoscimento che si aggiunge agli omaggi attribuiti dal festival stesso a Godard e alla sua veggenza.

Meno scontati, invece, il Premio della GiuriaCapharnaüm di Nadine Labaki, forse l’unico film sopravvalutato dell’intero palmares, il Premio per la migliore regia andato al regista polacco Pawel Pawlikowski per l’algido ed emozionante Cold War, mentre la Camera d’Or per la migliore opera prima è stata assegnata al belga Lukas Dhont per Girl, storia di un adolescente nel momento in cui si avvera il suo desiderio più grande: trasformare definitivamente il suo corpo maschile in quello di una ragazza, a costo di ogni possibile sacrificio. Massima aspirazione e massima sofferenza, che Lara/Victor affronta in silenzio senza lamentarsi mai. Un film tanto coraggioso quanto discreto nel mettere in scena una materia delicata e dolorosa, osservata dalla giusta distanza, con partecipazione e pudore.

Cannes 71: Lukas Dhont - Girl

Girl, di Lukas Dhont

Irriverente come sempre Spike Lee, vincitore del Gran Premio della Giuria con il suo splendido BlacKkKlansman, ispirato alla storia vera dell’agente afroamericano che sventò un attentato a sfondo razzista infiltrandosi all’interno di una cellula del Ku Klux Klan di Denver. Film tratto da fatti reali vissuti da Ron Stallwort, poliziotto nero che su questa esperienza ha poi scritto un libro. In un’America che non ha mai superato il razzismo e che vede oggi una recrudescenza del conflitto dei bianchi contro i neri (e le minoranze in genere), in questa America che vuole “tornare grande” come ripete spesso “quel tizio alla Casa Bianca”, si combatte ancora per l’uguaglianza dei diritti, sembra dirci Lee, nel linciaggio del 1917, ispirato alla visione di Nascita di una Nazione e raccontato da un intensissimo Harry Belafonte, nei fatti ricostruiti del 1972 e in quelli più recenti avvenuti a Charlottesville nell’agosto di un anno fa. Lee traccia un filo che unisce il passato e il presente, e lo fa con l’ironia che lo contraddistingue e che trasforma ogni suo film in un testo esemplare per densità e rabbia.

Cannes 71: Hirokazu Kore-eda - Shoplifters

Shoplifters, di Hirokazu Kore-eda

Densità e rabbia che in tutto un altro modo esprime il regista giapponese Hirokazu Kore-eda nel suo Shoplifters, meritata Palma d’oro di questa edizione del Festival di Cannes. Storia di una famiglia atipica, anzi, impossibile, formatasi per accostamenti a vicinanze e non per parentele dirette. Ma quello che appare è quello che i personaggi vivono davvero, vale a dire il calore di un nucleo eterogeneo ma coeso, che comprende il dolore e la solitudine e si allea per affrontarli. Un film sulla società che resiste nonostante le disuguaglianze e si costruisce una vita piena di poesia.

paganelli@museocinema.it

G Paganelli è critico cinematografico

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