Teju Cole – L’estraneo e il noto

Nerità consolante e sovversiva

di Marco Maggi

Teju Cole
L’ESTRANEO E IL NOTO
Entusiasmi, incontri, letture, fotografie
trad. dall’inglese di Gioia Guerzoni
pp. 167, € 21,90
Contrasto, Roma 2018

Il titolo del volume è tratto da un verso di Seamus Heaney che l’autore aveva già evocato in Punto d’ombra, nell’immagine di venditori ambulanti a Venezia in fuga con la merce insaccata dentro lenzuola come “ali bianche che brillavano nel sole calante”. Nell’immaginazione dello scrittore, che di formazione è storico dell’arte, su quelle fugaci apparizioni si imprimeva l’immagine degli angeli del sogno di Giacobbe. Se angelico è “qualunque cosa sia in grado di mediare, di trasportare messaggi”, Teju Cole – romanziere e fotografo, oltre che saggista – incarna appieno la figura di questo genere di mediatori. Nato in Michigan da genitori nigeriani che lo riportarono in patria all’età di cinque mesi, l’autore è ritornato negli Stati Uniti per frequentare l’università. “Siamo anche i modi in cui allarghiamo i nostri confini”, scrive nella prefazione; di questi sconfinamenti il libro fornisce una mappa suddivisa in due tavole: Leggere e Vedere. Nella prima il lettore è guidato nella perlustrazione di un canone personale che include Baldwin, Naipaul, Tranströmer, Walcott. Nella seconda l’autore interroga le immagini di John Berger, dei fotografi maliani Seydou Keïta e Malick Sidibé, di Roy DeCarava, di René Burri e di Guido Guidi e Luigi Ghirri; poi Google Art, le immagini dei droni, gli album di famiglia al tempo di Facebook, i “supereroi” di Black Lives Matter. Nei suoi andirivieni, Teju Cole ha dovuto imparare a “diventare africano” e dopo essere “diventato africano”, l’autore ha dovuto imparare a “diventare nero”, che di riflesso ha significato, per Teju Cole, prendere coscienza di quelle perfections du noir che Ungaretti lesse in un antico manuale per tintori. Da un altro dei suoi autori, Toni Morrison, l’autore di L’estraneo e il noto ha appreso a opporre, alla monocolore assenza di immaginazione, la pluralità cangiante di un “arcobaleno nero”: “Il nero è molteplice e generativo, spazioso e dissenziente”. “Contro il bianco lucido dell’America razzista, la nerità visibile è insieme consolante e sovversiva”. Contro il bianco (spento) di chi oggi in Italia solletica l’istinto razzista, l’arcobaleno nero di Teju Cole è insieme segnale di allarme e lezione di saggezza.

marco.maggi@usi.ch

M. Maggi insegna letteratura e arti all’Università della Svizzera italiana