Sualzo e Silvia Vecchini – Tavole e onomatopee per quasi-lettori

Intervista realizzata da Libri Calzelunghe

di Angela Catrani e Beniamino Sidoti

Dallo Speciale Fumetti del numero di novembre 2016

Antonio Vincenti (disegni), in arte Sualzo, e Silvia Vecchini (testi) sono gli autori di Gaetano e Zolletta – Un posto perfetto (2014) e  Gaetano e Zolletta – La supersorpresa (2015), oltre che del recentissimo Una cosa difficile (2016), tutti editi da BAO. Gaetano e Zolletta è una serie a fumetti per bambini in età prescolare, nata in Italia e così ben fatta da esser già tradotta in Francia, la patria stessa del fumetto europeo. A rendere questa serie un caso così unico nel suo genere è il target di riferimento: bambini non ancora in grado di leggere, per cui questi albi sono un ponte tra il libro illustrato (letto loro da adulti) e il vasto mondo del fumetto. In molti avevano già cercato di scrivere un buon fumetto per bambini: i fumetti sono infatti, per chi comincia, una lettura complessa, che chiede l’interazione e la conoscenza di più linguaggi, come quello scritto e quello disegnato. 

Come nasce quest’idea?

Silvia Vecchini: Venivamo da una lunga collaborazione con GBaby, dove avevamo realizzato una serie di storie di una o due tavole; qui era nato anche Gaetano, per altre storie brevi. Quindi avevamo fatto dei piccoli esperimenti, ma ci mancava ancora una storia più lunga. Quando abbiamo iniziato a pensarci ci è venuto naturale esplorare il rapporto padre-figlio.

Sualzo: Gaetano e Zolletta sono una bella coppia, che si presenta nella storia senza madre. Abbiamo rischiato, sai, in questi tempi così gender!

Quando avete iniziato a ragionare intorno a un fumetto per non-lettori o quasi-lettori quali punti fermi vi siete dati?

Silvia Vecchini: Volevamo raccontare un’avventura, che potesse essere condivisa dai personaggi, e che fosse per entrambi una scoperta, una scoperta reciproca, in cui avessero un ruolo importante i sentimenti e le emozioni nella relazione padre-figlio.

Sualzo: Da un punto di vista formale, io avevo come obiettivo di non rinunciare a nessuno dei mezzi espressivi del fumetto, solo perché si rivolgeva a bambini molto piccoli. Così abbiamo splash page, onomatopee, slapstick… abbiamo cercato un fumetto semplice ma non semplificato.

Dei libri per bambini, pensati in modo maturo… ma privi, direi, di strizzate d’occhio al lettore adulto.

VecchiniSilvia Vecchini: Gli adulti fanno le loro riflessioni, ma non parliamo direttamente a loro. Per esempio, la relazione tra Gaetano e Zolletta nasce anche a partire da un lutto che aveva colpito il nostro paese, con un papà rimasto improvvisamente vedovo. La cosa mi aveva toccato e dopo un po’ ho cercato di capire, scrivendo, cosa smuovesse in me, cosa ci fosse da scrivere… da un punto di vista bambino e in positivo,  senza parlare dell’assenza della madre, ma dell’esclusività del rapporto con il padre. Ecco che mi è bastato descrivere una giornata col papà: l’adulto può farsi un suo pensiero, può dirsi che il papà è separato, che la mamma è assente, ma è altro; il bambino vede la storia di questo rapporto esclusivo.

Sualzo: Pensare a un target così preciso rende anche la storia più compatta: si rivolge esattamente a quell’età e lo fa con tutte le sue forze, senza dispersioni.

Silvia Vecchini: Compatta, ma non avara: nelle nostre storie a noi piace sempre metterci qualcosa in più: qui trovi per esempio anche le foto delle avventure ancora non descritte, sui risguardi… La copertina è un poster da appendere… Ci piace avere una cura speciale per il pubblico piccolo.

In tante sequenze Gaetano e Zolletta è quasi un silent book: come è scrivere un fumetto senza parole?

Silvia Vecchini: Io non ho fatto una sceneggiatura “dettagliata” ma una descrizione delle scene, con i dialoghi completi, e qualche scarabocchio di dettagli. Dopo questo, il punto di vista, la regia e il montaggio sono di Antonio.

Sualzo: Sì, non amo lavorare su sceneggiature dettagliate fino all’eccesso: anche io voglio la mia parte di divertimento. Tieni conto che il dosaggio tra le varie sequenze è qualcosa che facciamo entrambi ma solo alla fine delle prime bozze. È un lavoro di montaggio su cui siamo estremamente esigenti.

Silvia Vecchini: Vogliamo dare un ritmo preciso: un ritmo che è scritto anche nel tempo della storia. Ogni libro dura il tempo di una giornata, dalla sveglia fino al momento di dormire.

Sualzo: E questi tempi influenzano poi la tavolozza di colori che uso.

A fine giugno è uscito, sempre per BAO, Una cosa difficile, un fumetto molto intenso, senza parole e per una fascia d’età piuttosto bassa. Ha avuto una genesi simile a quella che ci avete raccontato?

SualzoSilvia Vecchini: No, Una cosa difficile è nato da una specie di scarabocchio. Anche a me, che non so disegnare, capita che il disegno preceda la parola. Così, finiti i miei scarabocchi, ho chiamato in soccorso Sualzo. Non potevo raccontargli la storia, dovevo capire se davvero poteva funzionare senza parole! Sualzo ha interpretato e tradotto nel linguaggio sequenziale quello che io avevo solo timidamente accennato in un taccuino. Ha scelto colori, segno, personaggi. Ha scelto un’ambientazione essenziale. Non avevamo bisogno di molto, abbiamo lavorato in sottrazione sia per le parole che per gli elementi visivi. Una cosa difficile infatti è la storia di due, perché l’arte di riavvicinarsi è una cosa che forse si impara davvero quando si è stretti per la prima volta in questo nodo originario di ogni altro legame. Due amici, due fratelli.

A Catrani e B Sidoti sono tra i fondatori della rivista web Libri Calzelunghe