Gary Ross – Free State of Jones

Un’America variegata, inclusiva e drammaticamente minoritaria

recensione di Giaime Alonge

dal numero di gennaio 2017

Gary Ross
FREE STATE OF JONES
con Matthew McConaughey, Gugu Mbatha-Raw, Mahershala Ali, Keri Russell, Christopher Berry
Usa 2016

Gary Ross - Free State of JonesCi sono film che, a posteriori, acquistano una valenza che nel momento della loro realizzazione gli autori non avevano immaginato. Un caso eclatante è quello di M, il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang. Il film esce nel 1931 e presenta evidenti riferimenti al nazismo ormai a un passo dal potere. In questo film, infatti, c’è un’organizzazione criminale che si costituisce in anti-stato (dà la caccia al mostro al posto della polizia) e si arroga una delle prerogative tipiche dello stato, ossia l’amministrazione della giustizia. Il tribunale dei fuorilegge, presieduto da un capo vestito di un impermeabile di pelle nera e dal piglio superomistico, è una consapevole allusione a Hitler e al suo partito. Ma nella scena in cui i malviventi processano l’assassino c’è anche qualcosa che Lang non aveva potuto certo immaginare durante le riprese. Nel corso del dibattimento, il criminale che fa da avvocato difensore di Peter Lorre invoca il principio dell’infermità mentale, cui il boss ribatte con la richiesta di uccidere il maniaco per difendere la società e non sperperare le risorse pubbliche lasciandolo per anni in una clinica psichiatrica. Esattamente le argomentazioni che, pochi anni dopo, le autorità del terzo Reich avrebbero utilizzato per attuare una vasta campagna di soppressione dei malati cronici. Inoltre, come osserva Tom Gunning nella sua monografia sul regista tedesco (The Films of Fritz Lang. Allegories of Vision and Modernity, Bfi, London 2000), guardando il film dopo gli eventi della Seconda guerra mondiale, risulta davvero difficile non interpretare la lettera “M” tracciata con il gesso sulla schiena di Peter Lorre come una stella gialla. Ma è lo stesso Gunning a sottolineare i rischi di un’analisi di questo tipo, tanto seduttiva quanto fragile sul piano metodologico.

Storia vera di Newton Knight

Un discorso analogo vale a proposito di Free State of Jones, diretto da Gary Ross e interpretato da Matthew McConaughey. Il film racconta la storia autentica di Newton Knight, un contadino del Mississippi che, durante la guerra civile, si ritrova suo malgrado a fare il barelliere nell’esercito confederato. Quando un giovanissimo nipote, appena arruolato, gli muore tra le braccia, Newton diserta. All’inizio sembra essere intenzionato solo a tornare a casa per seppellire il ragazzo, ma quando si rende conto che la condizione dei contadini, ridotti alla fame dalle requisizioni forzose dei militari, non è meno drammatica di quella degli uomini al fronte, decide di opporsi alla guerra e a chi la conduce. Difende armi in pugno una donna e le sue figlie da un gruppo di soldati mandati a requisirle i maiali, loro unica fonte di sostentamento, dopo di che si rifugia nella palude. Qui incontra un gruppo di schiavi fuggiaschi. Insieme a questi ultimi e a un numero crescente di contadini e disertori delle armate sudiste, Newton dà vita a un movimento guerrigliero che non solo riesce a tenere in scacco le truppe inviate a sopprimere la rivolta, ma che addirittura fonda un micro-stato anti-schiavista all’interno della Confederazione. Questo film in cui si racconta di un’America variegata e inclusiva, ma drammaticamente minoritaria, che si contrappone a una maggioranza bianca e reazionaria, all’indomani dell’elezione di Donald Trump non poteva non essere letto come una premonizione.

Free State of Jones - Una scena del film

Il libero stato della contea di Jones, dove bianchi e neri convivono in armonia (lo stesso Newton ha una relazione con una ex-schiava, con la quale vivrà fino alla fine dei suoi giorni e dalla quale avrà un figlio), circondato da un mare di odio razzista, assomiglia alle metropoli multietniche di oggi, che hanno votato in modo massiccio per Hillary, perse nel “rosso” (il colore del partito repubblicano) della provincia e dei quartieri suburbani. Si tratta di un accostamento per molti versi inevitabile, ma, come dicevo, fragile sul piano euristico. Già dire che i film “rispecchiano” i sentimenti di una società significa fare un’affermazione che presenta non pochi problemi sul piano metodologico (problemi che non possono essere analizzati in questa sede, ma un buon punto di partenza per ragionare sulla questione è il libro di Pierre Sorlin Ombre passeggere. Cinema e storia, Marsilio, Venezia 2013), però attribuire capacità predittive a un lungometraggio significa spingersi davvero verso un modello critico alla Nostradamus.

Al cuore della questione razziale

Ciò detto, per quanto Free State of Jones non “annunci” l’avvento di The Donald, resta il fatto che questo film mette al centro la questione razziale, una questione che nell’America di oggi, nonostante i due mandati del primo presidente nero della storia degli Stati Uniti, è tutt’altro che chiusa. Non per nulla, Free State of Jones presenta alcuni flashforward (l’opposto di un flashback: una scena che mostra qualcosa che avverrà più avanti rispetto al tempo della vicenda) ambientati negli anni cinquanta del Novecento, dove un discendente di Newton finisce in prigione perché ha pensato di sposare la donna (bianca) che ama e dalla quale è riamato. Siamo ancora all’epoca della segregazione razziale e i matrimoni misti sono illegali in molti stati. Questi inserti, che in apparenza non aggiungono molto alla vicenda, sono importanti perché danno profondità storica al film. Free State of Jones racconta della lotta coraggiosa di Newton durante e dopo la guerra civile, quando si batte perché gli schiavi liberati possano esercitare il loro diritto di voto (votando per i repubblicani: fino a Kennedy e Johnson, nel Sud, il Partito democratico è stato il partito dei bianchi e della segregazione), nonostante il terrorismo del Ku Klux Klan. In un discorso ai suoi seguaci Newton parla di figli e di nipoti che vedranno un tempo migliore, ma il montaggio ci mostra che quel futuro non è roseo come lo dipinge la retorica dell’oratore.

Free State of Jones è certo un film che ha a che vedere con il nostro presente, ma è anche un film sull’Ottocento. La vicenda si apre in medias res, con una scena di battaglia. È una ricostruzione storica accurata, tanto sul piano delle armi e delle uniformi, quanto su quello dell’immaginario. Cade l’alfiere del reparto confederato che avanza sotto il fuoco dei nordisti, e subito un commilitone corre a raccogliere la bandiera, come avviene in Il segno rosso del coraggio di Stephen Crane, uno dei romanzi chiave sulla guerra civile americana. Oppure si prendano i volti degli interpreti. Il casting, in particolare quello relativo ai ruoli femminili, è stato fatto con molta cura. Vediamo facce magre e dure, scolpite dalla fame, facce di contadine che devono sfamare una nidiata di figli e sopportare il lutto dei mariti falciati dalla guerra. È il tono complessivo del film a esprimere la semplicità disperata della vita dei contadini dell’Ottocento: un registro asciutto, secco, con poche parole e senza troppe immagini cruente (da questo punto di vista, Free State of Jones è l’opposto di The Hateful Eight di Tarantino, anch’esso ambientato nell’epoca della ricostruzione post-guerra civile). In un gruppo di interpreti molto ben scelti, ma in buona parte sconosciuti, il divo McConaughey avrebbe potuto staccare in modo fastidioso, e invece, trattandosi di un attore di grande capacità e intelligenza, si amalgama alla perfezione nel collettivo, senza gigioneggiare o rubare la scena agli altri (stante il fatto che lui è il protagonista incontrastato del film). E anche l’effetto déjà vu, che è connaturato al divismo (il divo si porta dietro i ruoli che ha interpretato in precedenza), non lavora contro il verosimile, perché la vicenda di Newton Knight presenta delle affinità con quella del detective Cohle, il personaggio interpretato da McConaughey nella serie televisiva True Detective, largamente debitrice della rinascita professionale di un attore che aveva iniziato la carriera come “bello” in commedie romantiche piuttosto insulse. In True Detective, infatti, oltre all’ambientazione sudista, troviamo un eroe che, come Newton, è roso dal tarlo di una richiesta di giustizia sempre frustrata.

ree State of Jones - Una scena del film

Visto come film sull’Ottocento, più che come “profezia” dell’avvento di Trump, Free State of Jones rivela una complessità non comune nei film storici, hollywoodiani o meno. La costituzione del libero stato della contea di Jones redatta da Newton, infatti, da un lato presenta dei tratti che siamo portati a interpretare come “di sinistra”: l’eguaglianza tra bianchi e neri, il rifiuto del principio dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Ma allo stesso tempo, il testo che Newton declama alla folla dei suoi “concittadini” contiene anche un passaggio contro la tassazione governativa (come ho detto, la ribellione è causata dai prelievi forzosi dell’esercito) che, letta con gli occhi di oggi, risulta in sintonia con le posizioni del Tea Party. Ma è proprio la lettura dalla prospettiva del XXI secolo che è sbagliata. Quella di Newton Knight è l’utopia di un egualitarismo agrario pre-industriale, che non ha molto a che vedere con il presente. Non sono tanti i film storici capaci di tenere insieme l’attualità dei temi trattati e la ricostruzione rigorosa del passato.

giaime.alonge@unito.it

G Alonge insegna storia del cinema all’Università di Torino