Il ruolo degli scienziati nelle pratiche di guerra

Come i contadini intorno al fuoco

di Mario Vadacchino

dal numero di aprile 2018

Le proposte di abolizione della guerra, o almeno di riduzione della sua potenza distruttiva, sono antiche come la guerra. Sono diverse l’una dall’altra, ma hanno una caratteristica comune: prevedono una qualche forma di disarmo: una riduzione quantitativa e qualitativa delle armi o una limitazione nel modo di utilizzarle. L’esperienza militare ha però dimostrato che l’introduzione di una nuova arma favorisce chi la usa per primo. Dall’arco ai droni, è dimostrato che l’innovazione nelle tecnologie militari ha sempre premiato chi è riuscito a farla; per questo gli scienziati hanno sempre avuto un ruolo nelle pratiche della guerra.

Il Progetto Manhattan

Quando apparve possibile, sulla base delle scoperte della fisica nucleare, costruire una bomba di straordinaria potenza, la comunità dei fisici fu preoccupata dalla prospettiva che a tale ordigno potessero arrivare i tedeschi, sicuramente in possesso delle conoscenze di base necessarie. Il governo degli Stati Uniti con il progetto Manhattan organizzò un gruppo che realizzasse e sperimentasse una bomba atomica. Pochissimi rifiutarono la partecipazione al progetto per una questione di principio, ancora meno lo abbandonarono quando apparve chiaro che i tedeschi non sarebbero mai riusciti a costruirla. La nuova bomba nucleare mostrò subito la sua enorme potenza e alcuni scienziati posero in dubbio la moralità del suo utilizzo. Tuttavia l’ethos della comunità cui appartenevano questi scienziati, come notò Robert Merton, era quella sviluppata nei secoli della rivoluzione scientifica, tutta interna alla loro comunità, che mirava a garantire soprattutto un progresso efficace e costante della ricerca, senza prendere in considerazione le conseguenze sociali dei suoi risultati. Lo stesso Merton dopo la distruzione di Hiroshima, notò che il ruolo assunto dagli scienziati nel suo verificarsi imponeva alla comunità scientifica il compito di modificare il proprio codice etico. Oggi l’obbligo di considerare le conseguenze delle ricerche è considerato un fatto acquisito e non riguarda più solo le scienze fisiche, ma praticamente tutti i settori della ricerca; basti ricordare il recente caso della clonazione.

La presa di coscienza degli scienziati

scienziati e guerraFisica per la pace curato da Pietro Greco contiene una serie di saggi che analizzano la storia della presa di coscienza da parte degli scienziati delle loro responsabilità, di alcune delle personalità che hanno contribuito a svilupparla e dell’influenza che essa ha avuto sullo sviluppo successivo della ricerca scientifica. Nel saggio introduttivo, scritto dal curatore, si fa sinteticamente la storia dell’impegno pacifista di Einstein, nel periodo di tempo precedente quello delle armi nucleari. La sua carriera pubblica di antimilitarista inizia con il rifiuto, pressoché isolato, di firmare il famigerato e maldestro appello Aufruf an die Kulturwelt (Appello al mondo della cultura) del 3 ottobre 1914, sottoscritto da 93 intellettuali tedeschi per giustificare l’entrata in guerra della Germania e termina con la lettera scritta con Bertrand Russel l’11 aprile 1955, l’ultima prima di morire. Contro l’Aufruf an die Kulturwelt Einstein scrisse un suo documento l’Aufruf an die Europäer (Appello agli europei) che ottenne solo tre firme, oltre alla sua, ma nel quale è individuata nell’unificazione europea la vera prospettiva di pace. Si tratta, come osserva giustamente Greco, di una proposta particolarmente lungimirante, che precede di venticinque anni e di due guerre mondiali il Manifesto di Ventotene di Colorni, Rossi e Spinelli. Anche nella sua attività pubblica Einstein mostra quindi la volontà e la capacità di andare oltre le idee più convenzionali, come nella sua attività di fisico. L’ultima lettera scritta da Einstein è stato il documento fondamentale su cui si è costituito il Movimento Pugwash: alla storia di questo movimento è dedicato un saggio di Alessandro Pascolini. In tempi di guerra fredda, quando i contatti tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano rari e difficili, la possibilità che scienziati, politici e militari delle due parti, ma anche di altre nazioni, potessero colloquiare in modo riservato sui problemi del mondo, informalmente come persone e non come rappresentanti della loro nazione, ha favorito la mutua conoscenza e ha mantenuto vive le speranze di distensione; questo ruolo è stato riconosciuto dal premio Nobel per la pace del 1995. Non si può naturalmente sopravvalutare il ruolo dei contatti personali: è sufficiente ricordare il doloroso stupore di molti scienziati non tedeschi quando videro sotto l’indegno Aufruf an die Kulturwelt la firma di colleghi con i quali avevano condiviso tanti anni di attiva collaborazione e di fiduciosa amicizia.

Alla fine della seconda guerra mondiale un’Europa distrutta dovette affrontare partendo da zero il problema di ricostruire una minima struttura per la ricerca scientifica. Si capì subito che la fisica sperimentale andava verso l’utilizzo di grandi e costosi apparati sperimentali e che la nuova frontiera era la fisica nucleare. Negli Stati Uniti, grazie a Hiroshima, la fisica nucleare poteva contare su enormi finanziamenti, ma doveva sottostare, per le sue applicazioni militari, a importanti vincoli di segretezza. Un gruppo di autorevoli fisici europei, sotto lo stimolo di Edoardo Amaldi, capì che solo un’impresa che avesse unito i paesi europei poteva ambire a essere all’avanguardia in una ricerca molto impegnativa sia dal punto di vista economico che tecnico. La travagliata storia della nascita e dello sviluppo del Cern (Centro europeo per la ricerca nucleare) tra difficoltà diplomatiche, contrasti politici e problemi di finanziamenti, è descritta nel saggio di Gianni Battimelli; si tratta di una storia di grande successo, visto che oggi il Cern è il più importante centro di ricerca della fisica delle particelle elementari al mondo. Il ruolo di Amaldi fu fondamentale e questo gli venne riconosciuto da tutti i partecipanti che gli offrirono la carica di direttore generale: Amaldi rifiutò per tornare a fare il fisico. Egli riuscì a imporre alcune condizioni che dovevano essere rispettate nelle attività del centro e che ne caratterizzano anche ora il funzionamento. La ricerca doveva essere rigorosamente di base e da questo punto di vista la fisica delle particelle elementari andava benissimo, non doveva avere alcuna applicazione o collegamento con le attività militari e doveva essere aperta a tutti i ricercatori senza alcun vincolo di segretezza.

Quando il 4 ottobre del 1957 fu lanciato il primo satellite artificiale sovietico, Amaldi propose di replicare l’operazione già riuscita con il Cern. Apparve subito chiaro che non era possibile applicare in questo caso i vincoli alla ricerca validi per la fisica delle particelle elementari. La ricerca spaziale nasceva da quella aeronautica e quindi da un settore che interessava particolarmente i militari, ma anche lo sviluppo delle telecomunicazioni che stimolava enormi appetiti da parte delle industrie. La storia dell’Esa (European Space Agency) è analizzata da Lucia Orlandi. Dopo alcuni anni di assestamento, non ancora completamente conclusi, l’Esa, pur lavorando alle applicazioni militari legate alla futura difesa europea, ha sviluppato rilevanti attività civili connesse ai problemi dei cambiamenti climatici, delle migrazioni, dei disastri naturali.

Altri centri di ricerca sono stati costituiti nello stesso spirito del Cern: luoghi nei quali la cooperazione internazionale nella ricerca potesse implicitamente essere promotrice di pace. Pietro Greco fa la storia del Centro internazionale di fisica teorica di Trieste aperto in particolare agli scienziati dei paesi in via di sviluppo. Merita ricordare, per il suo carattere visionario, il progetto Sesame (Syncroton-light for Experimental Science and Applications in the Middle East). Enrico Fubini, del Cern e poi dell’Università di Torino, propose nel 1995 un incontro al Cairo tra fisici egiziani e israeliani per sollecitare una collaborazione scientifica tra arabi e israeliani. L’iniziativa, descritta in un saggio da Giorgio Paolucci, portò alla costruzione di un centro di ricerca in Giordania cui aderiscono attualmente l’Autorità Nazionale Palestinese, Cipro, Egitto, Giordania, Iran, Israele, Pakistan e Turchia e come osservatori altri paesi tra cui l’Italia.

La partecipazione al dibattito degli scienziati italiani

Anche gli scienziati italiani, in particolare i fisici, durante la crisi della fine degli anni settanta, causata dalla decisione dell’Urss e della Nato di introdurre in Europa missili tattici decisero di intervenire nel dibattito, utilizzando le loro competenze per fornire consulenze ai cittadini e ai politici su problemi tecnicamente non semplici come quello delle armi nucleari: nel 1982 fu fondato l’Uspid (Unione degli scienziati per il disarmo). La storia dell’Uspid, le sue attività passate e presenti sono analizzate da Carlo Bernardini, Giuliano Colombetti, Diego Latella e Francesco Lenci. La tensione morale, civile ed intellettuale della comunità dei fisici analizzata nel libro, con la quale questa comunità ristretta, ma competente e stimata, ha denunciato i pericoli di una guerra nucleare, ha sicuramente contribuito fino ad oggi ad evitarla; questa tensione non deve calare, visti gli attuali scenari della politica internazionale. L’utilizzo del testo e la sua consultazione sarebbero state facilitate da un indice dei nomi.
scienziati e guerraAlla tensione morale della comunità dei fisici ha contribuito anche Roberto Fieschi; nella sua autobiografia Sul filo della musica si scrive di pace, ma anche di politica e di fisica che sono i campi nei quali è stato attivo. La scrittura è scorrevole, come nei molti libri che Fieschi ha scritto. Metà del testo, intitolato Famiglia è la storia di una vita, dei suoi piccoli e grandi eventi descritti con la malinconica leggerezza del ricordo e con serena autoironia; per molti eventi c’è il ricordo di una canzone o di un inno o di una nenia o di una sonata, come suggerisce il titolo. Una vita serena, vissuta con ottimismo anche sullo sfondo di scenari drammatici. Un quarto del testo, intitolato Istruzione, è dedicato agli studi e alla vita accademica. Tanti i ricordi di maestri, professori, colleghi e allievi tutti ben individuati da qualche loro caratteristica o comportamento. Ci sono state delusioni ma anche la coscienza di avere contribuito ad introdurre in Italia la fisica dello stato solido, e la soddisfazione per una attività intensa ed apprezzata di divulgatore. Infine un’ultima parte intitolata Politica. Una carriera politica nel Pci, da semplice militante a capocellula, e arrivata fino a membro del Comitato Centrale e presidente della Commissione per gli affari internazionali. Ha un valore storico, politico ma anche nostalgico la descrizione delle attività che svolgeva un militante del Pci negli anni ottanta, dai volantinaggi all’attaccatura dei manifesti alle manifestazioni. Poi vi è stata la crisi dell’Unione Sovietica, lo “strappo” e la difficoltà a farla accettare agli operai di una sezione di fabbrica di Fidenza, fino all’improvvisata e grottesca chiusura del Pci e quindi all’abbandono da parte di Fieschi di ogni partecipazione alla politica attiva. La militanza di pacifista iniziata negli anni cinquanta con la raccolta di firme sotto un documento dei Partigiani della Pace, con rammarico perché gli appelli erano sempre e solo contro gli Stati Uniti, è continuata con moltissimi interventi a conferenze e innumerevoli articoli sulla guerra nucleare; è continuata con la fondazione dell’Uspid ed è attiva ancora oggi. Fieschi ha raccolto negli anni una mole enorme di documenti sulle sue attività, che sono disponibili in un fondo conservato nella Fondazione Gramsci di Torino. Il libro si legge con piacevole curiosità: molti personaggi si muovono e vivono sullo sfondo di anni sovente tragici, ma anche pieni di progetti e speranze. Dalle singole storie esce un quadro dei tempi, così come i contadini intorno ad un fuoco o i cacciatori in cammino di un quadro fiammingo caratterizzano un’epoca.

mario.vadacchino@polito.it

M Vadacchino ha insegnato struttura della materia al Politecnico di Torino

I libri

  • Claudio Giulio Anta, Albert Einstein. The Roads to Pacifism, Peter Lang, Bern 2017
  • Roberto Fieschi, Sul filo della musica. Ricordi e riflessioni di un vecchio fisico, StampEditore-Thedotcompany, Firenze-Reggio Emilia 2017
  • Fisica per la pace, tra scienza e impegno civile, a cura di Pietro Greco, Carocci, Roma 2017
  • Lorenza Clavarino, Scienza e politica nell’era nucleare, La scelta pacifista di Edoardo Amaldi, Carocci, Roma 2014
  • Einstein – Peace Now. Visions and Ideas, a cura di Reiner Braun e David Kriege, Wiley-VCH, 2005