Assassini e soldati. Un inedito di Henry Roth

a cura di Mario Materassi, dall’Indice di gennaio 1987

Questa che presentiamo è parte di uno scritto inedito di Henry Roth. Si tratta della prima sezione di un testo intitolato Assassins and Soldiers, costituito da tre unità memoriali datate 26 novembre 1963 e 25 e 1 aprile 1964.
In quegli anni, la pratica della scrittura si concretizzava per Roth in un continuum, come lo chiamava, che egli veniva elaborando quotidianamente senza, una struttura o un modello precostituito. Un esercizio, dunque, che servì a Roth per uscire dalla impasse del silenzio pressoché totale successivo alla pubblicazione di Call It Sleep (Chiamalo Sonno) nel 1934.
In Assassins and Soldiers Roth ha enucleato, a distanza di tempo, tre unità dal suo continuum a formare un testo che ha una sua precisa fisionomia tematica e formale. Si intrecciano qui due strutture correlate, una relativa all’irruzione della realtà esterna nel mondo del privato (ed è l’assassinio di Kennedy: la prima sezione è datata quattro giorni dopo Dallas), e l’altra – di segno opposto – relativa al mondo familiare che tende a disgregarsi nella realtà esterna (ed è la consapevolezza che i due figli dello scrittore, Jeb e Hugh, membro uno della Guardia Nazionale e arruolato l’altro nell’esercito, stanno ormai uscendo da sotto l’ombra paterna). Per cui, l’implicita domanda angosciosa che sottende il testo: qual è la distanza che divide i soldati dagli assassini?
Il Roth di questo scritto è ideologicamente lontano da quello che il lettore potrà ricordare dall’intervista, risalente al 1985, che L’Indice ha pubblicato nel luglio scorso. Qui Roth è ancora legato al partito comunista americano: la guerra dei Sei Giorni non è ancora giunta a mettere in crisi una ortodossia di decenni. L’osservanza marxista è qui ancora salda, anche se aperta ad altre sollecitazioni: vedi l’impostazione del problema razziale. In conformità con la posizione del Pcusa fin dagli anni Venti, Roth irride qui al gradualismo e vede nella rivoluzione l’unico mezzo che il nero ha per crearsi un proprio spazio nella società americana. Tuttavia, di contro a quella posizione, Roth vede tutto ciò condizionato alla costituzione di un partito socialista negro, dimostrandosi così recettivo delle istanze del nazionalismo afroamericano, ignorate invece dal Pc in quanto non riducibili entro la griglia della lotta di classe.
Un Roth dunque fortemente polemico, combattuto dalle opposte tentazioni del cinismo e della empatia, iconoclasta, mangiapreti e sempre, comunque, partecipe. E un Roth, soprattutto, che ancora si dimostra padrone assoluto del suo mezzo espressivo.

(Un paio di note esplicative. Ira Stigman è il nome del protagonista del racconto, in parte autobiografico, L’agrimensore; vedi “Linea d’ombra”, febbraio 1986. Rocky è l’allora governatore dello stato di New York, Nelson A. Rockefeller).

Dopo il fatto

(Martedì 26 novembre ’63)
Coda ai proverbi di Blake (sfuggita al vecchio signore nella tremolante luce della candela, e scoperta da Ira Stigman):
La morte e la storia sembrano camminare tenendosi per mano. Sembrerebbe anche che il fato e la follia facciano altrettanto. Perché Kennedy doveva rifiutare una cupola protettiva? Perché doveva esserci un assalitore in agguato, quando l’ha rifiutata?
La mira dell’assassino è più ferma delle labbra del trombettiere che suona il silenzio per la vittima trucidata.
Vi saranno, sull’evento, più parole scritte e pronunciate da gente perspicace e ben informata, di quante siano già state scritte e pronunciate da gente perspicace e ben informata.
Si è visto subito che quello veniva incastrato… Era tutto troppo perfetto: un marxista, un simpatizzante di Castro, scelto per la parte dell’assassino. Tutto troppo a puntino. Dopo, ci si è resi conto che qualsiasi cosa possa succedere, succede davvero, specialmente nel Texas.
Sembrava strano, inoltre, che tutti provassero tanto sollievo che l’assassino non avesse complici. In passato, questa sarebbe stata una ragione di rincrescimento da parte di zelanti furetti governativi, Robert Kennedy compreso. Avrebbero fatto un putiferio sui collegamenti: che cos’è un marxista senza un complotto marxista? Ora la fonte e il centro dei collegamenti è stata distrutta da un altro assassino, e il caso è chiuso. Lo F.B.I. tuttavia promette di indagare più a fondo, perfino infaticabilmente, allo scopo di confermare la loro fama di onniscienza; per cui, senza rendersene conto, confermano di essere coinvolti.

Chissà, signora Ngo, di che idea sia,
Lei che ha perso il marito — opera pia,
questa, in Vietnam, ma della Cia,
benché per altra via.

Le esalazioni della santocchieria in cui indignazione e, soprattutto, ragione, spirito critico, vengono dapprima istupiditi e quindi fatti evaporare su verso il cielo, sono qualcosa su cui meditare. Mai la mente ha dovuto lottare tanto per sopravvivere contro la forza di una magia che tutto avvolge. Preghiamo che i fati ci risparmino l’assassinio politico di qualsiasi presidente che non sia battista.
(Dallo smarrito taccuino a fogli mobili di Satana: Tutte queste cerimonie, antiche “masques”, queste preci e questa pompa, dissipano l’energia della plebaglia meglio di un parafulmine. Un encomio al vostro parafulmine cruciforme. Il turbamento della gente, che naturalmente s’incanala in una montan-te richiesta di riforme, indagini, ammende, viene scialacquata come piscia [Satana non sta troppo attento alla scelta delle parole. Nota del Curatore.] da una moltitudine di preti e di predicatori di tutte le confessioni, e viene infine assorbito e reso inaccessibile nel vuoto. Fortunatamente per me. Forze che potrebbero scoperchiare il marcio che c’è nel reame, e che potrebbero ripulire il reame, vengono abilmente volatilizzate ad opera di una moltitudine di gole che gareggiano in elogi funebri e in chiacchiere marginali. Fortunatamente per me. Tanto efficaci sono questi offici, e tanto universali, che la maggioranza ne è sopraffatta e cade in ginocchio, impotente. [Nota del curatore: C’era dell’altro, ma uno dei gorilla con coda aguta, laggiù, ha assalito il nostro corrispondente].

“Uno penserebbe che una cosa come questa dovrebbe indebolire la Chiesa”, disse M. Eccola lì di nuovo con i capelli appena lavati che le ricadevano crespi sull’asciugamano intorno alle spalle. Mentre parlava, con uno straccio spolverava la mia lampada. “E invece, no. Un uomo che andava in chiesa tutte le domeniche, che mai trascurava la sua religione. Uno penserebbe che la gente dicesse: Ma levatevi di torno, non voglio averci niente a che fare. E invece no”.
“E il nuovo vestito dell’imperatore”, dissi io. “È incredibile cosa non riescano a ficcare dentro un completo vuoto. Perfino l’anima”.
“Ma non c’è nessuno che domandi dov’era questo Dio quando la pallottola veniva verso di te?”. “Oh no – immorale. No: ce l’hanno già, la risposta per quello”.
“È la volontà di Dio, dicono, Ma allora perché piangono?”.
“Non lo so”. Mi strinsi nelle spalle, “è un mistero”.
“Lo sai che cos’è, secondo me?”. Strinse lo straccio e lo appallottò. “Secondo me, è proprio come quel judo di cui Hugh ci parlava sempre”.
“E cioè?”.
“Come uno usa la forza dell’avversario a proprio vantaggio”.
“Oh, certo”.
“Usano il dolore esattamente a quel modo. Dove sarebbe, la Chiesa, senza il dolore?”.
Quell’uomo è morto e sepolto, come morto e sepolto è Dario. Il cardinale sembra che stia tenendo un’asta in latino. “È un gran bel picnic, oggi, per la Chiesa”, disse M. “E a stare a sentire gli altri, non c’era nessuno che fosse più amato del nostro defunto presidente. Ma non lo odiavano tutti? Io non lo amavo di certo. Sarà bene che faccia mettere a verbale”.
“Giusto”, convenni. “E Goldwater, quel ponte fra gli irlandesi e gli ebrei verso la poltrona presidenziale: che barzelletta! In questi ultimi giorni e completamente scomparso nella confusione. Quante delle sue pretese di potenziale candidato si fondavano sulla sua ostilità alla politica di Kennedy! Ora avrà perduto la sua raison d’étre, il suo articolo in esclusiva. Non c’è dubbio che lo amasse, Kennedy. Ora sembra che l’uomo nuovo sia Rocky. A proposito, secondo le regole delle scommesse, tutte le puntate su Kennedy per le elezioni non valgono più. Solo chi ha rischiato molto non scommettendo né su Kennedy né su Goldwater ha la possibilità di fare un colpo grosso”.
Un’altra cosa: forse i negri si renderanno conto del fatto che e giunto il momento di buttare a mare parecchia di quella pappa benedetta fornita dai suoi riverenti capi – e già che c’è, buttare a mare anche qualcuno degli stessi reverendi. Ma c’è di più. Così come sono costituiti ora, i suoi obiettivi, se mai venissero raggiunti, lo innalzerebbero fra le schiere degli imperialisti. Non gli riuscirà, e io non glielo auguro. Soltanto se sarà disposto ad assumere la guida e a fornire il potenziale umano di un partito socialista negro impegnato in una radicale riorganizzazione della società americana, ad essere in prima linea in quella battaglia e a reggerne l’urto e a fare i sacrifici necessari alla vittoria, soltanto allora si creerà il proprio spazio in America, perché avrà rifatto l’America. In quel tipo di America, e soltanto in quello, egli diventerà un leader sociale per diritto di conquista…
Il colpo più possente che l’assassino può avere assestato nel colpire Kennedy è stato contro quell’uomo e quel paese sopra ogni altro contro cui lo stesso Kennedy avrebbe diretto (e ha diretto) il suo colpo più possente: Fidel Castro e Cuba. Strana unità d’intento di rimbalzo. Tale è l’equilibrio di forze in questo paese in favore ed avverso un attacco massiccio contro il socialismo cubano, che la differenza fra un Kennedy e un Johnson può fare tutta la differenza – e fra la pace, per quanto incerta, e Armageddon. Eppure non ne sono del tutto sicuro. C’è anche qualcosa di tonico, qualcosa di salutare nella incredibile, spaventosa violenza di questa morte. Lo shock ci ha sbalzati fuori dal repellente letargo della nostra immaginazione, dalla stretta lingua di terra della portata della nostra sensibilità. Come nazione, non abbiamo mai avuto la morte, non abbiamo mai avuto il terrore così vicino a casa, nemmeno in due guerre, come lo abbiamo avuto ora. Abbiamo avuto una visione ag-ghiacciante di chi siamo, e ne siamo rimasti turbati, io credo. Potremmo perfino sviluppare un po’ di empatia nei riguardi di altre terre e luoghi, altre genti che sono particolarmente a disagio davanti alle nostre benedizioni. In breve, conoscere il terrore potrebbe scoraggiarne la pronta esportazione sotto forma di Berretti Verdi e bombardieri. O è troppo aspettarsi?
Strano, stranissimo come sia impossibile opporsi alla potenza mostruosa della storia. Quasi fosse personificata, le forme che prende per imporre il proprio volere: naturali, innaturali, a lungo attese, sorprendenti; è come fosse tutt’uno. Joe McCarthy, Dulles, Kennedy. Una cupola protettiva, che il Servizio Secreto raccomandava, avrebbe fatto tutta la differenza. Ma cosi non era scritto. Per ordine del Comandante in Capo. Dopo il fatto, una vita, o un arco di tempo, sembra drammatico, sembra condurre al dramma, sembra tendere ver-so un punto culminante; ma soltanto dopo il fatto. Prima del fatto, il mio “New York Times” che qui arriva sempre un giorno in ritardo, diceva: “La visita a San Antonio e a Houston sono stati gli avvenimenti principali del giro del Presidente nel Texas, che proseguirà domani con una colazione e discorso a Fort Worth, un pranzo e allocuzione a Dallas, e una cena a Austin per raccogliere fondi per il partito”. Prima del fatto, ho visto la stessa cosa in filmati di incontri di pugilato: il colpo decisivo non sembrava di particolare importanza, non appariva carico di una potenza fuori del comune — e tuttavia quello andava al tappeto. Più tardi sentiamo che si trattava di uno spaventoso diretto destro, di uno spaventoso gancio sinistro. Tutto accade in un continuum, e diviene drammatico soltanto in base a come lo selezioniamo — dopo il fatto. “Cosa farà Kennedy dopo che avrà portato a termine il suo incarico, o i suoi due incarichi?” domandava M. appena pochi giorni fa. “Sarà ancora così giovane… Si metterà a fare l’avvocato? Oppure semplicemente si godrà la pensione?
E lo spettacolo, Signore, lo spettacolo! Catafalco e feretro, cassone e cardinale… Non ho la Tv, ma me lo posso ben immaginare. Di sicuro dovrà esservi passato per la mente che, a parte il sacrificio di Mikoyan, una modesta bomba atomica, anche più piccola di quella sganciata su Hiroshima, piazzata bene sul cimitero di Àrlington, avrebbe spazzato via tutti i gradi più alti degli affari governativi e militari americani — perfino il nostro governatore del Maine, Reid, il senatore Smith, Curtis Le May.
Ma tutto questo, benché soltanto di pochi giorni fa, è roba vecchia come roba vecchia è Dario. Mi spruzzi d’acqua santa, Eminenza, tre volte per entrambe le fiancate della bara, e che il trombettiere s’impaperi su una nota del silenzio. Ma che diavolo c’entrasse la guardia d’onore irlandese, proprio non capisco. Io ho il terrore del maneggio delle armi. Una volta a City College feci cascare il moschetto mentre facevo l’esercizio di maneggio davanti all’intero plotone sotto il fisso sguardo severo del colonnello. Gesù, rosso in faccia e borbottando scuse, raccattai l’arma là dove era finita sbatacchiando sul selciato.
Come fai a startene lì a mangiare pollo fritto, anche se si tratta di pollo fritto alla meridionale, mentre aspetti una vittima presidenziale? Quell’uomo ha i nervi saldi. Per portare a termine il suo atto, conta su una carabina militare italiana di eccedenza, dodici dollari e spedizione per posta. “Signore, che ne direbbe se comprassimo una pagina intera di pubblicità per il nostro mirino telescopico modello LO? Per esempio: Provate i mirini telescopici LO. Inquadrate il vostro bersaglio. Come Oswald!”. Salute a te, Jack Ruby, cavaliere dello spogliarello e vendicatore della nostra onta nazionale… (viene fuori che il porco maledetto è un ebreo – oh, la mia anima profetica!). La grana! La grana! È detto che in quell’emisfero occidentale un unico paese vi sia dove i poveri non si sforzino di mettere insieme una fortuna personale. Dite, che razza di mostri son déssi? Ed essi, in verità, il compianto defunto severamente punì onde si rimettessero sulla retta via – e, in ciò fallendo, si afflisse. E sulla croce fece voto e giurò giuramento solenne che pur tuttavia adiuvati li avrebbe a che l’antico lor sistema ripristinassero, detto libera iniziativa, per cui leggiadre damigelle brune dollari yankee raccoglieano d’intra i sollazzi nell’intimità dei grandi macasini. Arriba! Arriba!
Nel frattempo il cielo si sta coprendo. La temperatura era di oltre sei gradi sotto zero, stanotte, e il ruscello ha un velo di ghiaccio sulla sponda a mezzogiorno, dove gira verso nord. Sugli scalini del retro ci sono tre piante in vaso – Lazy Lucy, erba cipollina e prezzemolo – che M. ha lasciato apposta lì a gelare e morire: come piante ornamentali, dentro casa, non crescevano. Lei è tanto più decisa e pratica di me, in queste come in altre cose.
Gli alberi decidui sono spogli. Ho scritto qualche verso in una lettera che non ho spedito, perché d’un tratto era diventata irrilevante: eccoli. Sono dedicati a Hugh che è a fare il militare:

Bello questo meriggio di novembre
spazzato e nudo
Il prato ancora verde
e il cielo
macchiato solo là dove quel jet vola
trasparente e ambiguo.

Hugh ci ha chiamato domenica sera, da Fort Dix dove sta facendo il suo addestramento di base (di base: ancora non mi piace, questa espressione). “Ciao, babbo”, ha detto.
Sono ancora il babbo. “Ciao. Come va?” ho domandato.
“Bene. Mi hanno fatto caporale”.
“Ma no!”.
“Sì. Be’… caporale della squadra addestramento”.
“Be’, che mi prenda un accidente. Cosa mi racconti?”.
“Babbo, mi piacerebbe avere il mio transistor. Mi manca un po’ di bella musica”.
“Oh, certo. Vuoi che te lo mandiamo?”.
“Sì”.
“Va bene”.
“E avvolgetelo con parecchi stracci, babbo”.
“Stracci? Vuoi dire, perché non si rompa?”.
“Sì. Ma ho bisogno anche di stracci. Non hai idea di quanti stracci usiamo, quaggiù. A pulire l’equipaggiamento ne vanno via un sacco”.
“Cristo, ma l’esercito non ve li dà, gli stracci?”.
“No, non tanti. Ho dovuto comprarmeli”.
“Che mi prenda un accidente. Va bene, ti manderò degli stracci”.
“E il mio libretto degli assegni, babbo”.
“Vuoi tutti gli assegni?”.
Lui si è messo a ridere. “Voglio un libretto”.
“Va bene. L’intero libretto. Credevo che l’esercito vi desse dieci dollari, tanto per cominciare”.
“Ce li hanno dati, ma se ne sono subito ripresi tre”. Ha menzionato varie ritenute. “Qui ti tocca pagare per un sacco di cose, babbo. Ti tocca pagare per farti pulire la divisa – e quelli son soldi per la lavanderia. Bisogna tenerla pulita, per l’ispezione”.
“Davvero?”.
“E ti tocca pagare novanta centesimi tutte le volte che ti fai i capelli. Io mi faccio i capelli una volta la settimana”.
“Una volta la settimana?”.
“Bisogna tenerli corti, i capelli. Quella storia che entri nell’esercito senza un soldo e l’esercito ti mantiene è solo un’illusione”.
“Capisco. Vuoi parlare con la mamma?”.
“Sì”.
“E diventato generale”, ho detto in rauco tono teatrale, porgendo il telefono a M. “Ma ha bisogno di stracci”.
Così, è finita.
Il Cardinale Arcivescovo è proprio bravo. Dite quello che volete, ma è proprio bravo. È stata una messa di requiem pontificale bassa, come mi ha detto la ragazzina (quella con il busto di gesso) della scuola parrocchiale a cui do ripetizioni (di latino ecclesiastico, nientemeno). Ha spiegato che è stata una messa di requiem pontificale bassa, perché una messa di requiem pontificale alta sarebbe stata troppo lunga: c’era da tener conto della televisione, e dei tempi degli altri eventi. Il coro avrebbe dovuto cantare l’intero kyrieleison, invece del vecchio cardinale che lanciava. Bassa. Alta. È finita. Kennedy è morto e sepolto come morto e sepolto è Dario, e un malavitoso ebreo di Chicago è il suo vendicatore. Merda.
Vi dirò.
Il nulla esiste. In verità, il nulla esiste. Ora statemi a sentire. Il nulla non può esistere da sé. Ecco il punto cruciale della faccenda. Il nulla non può esistere da sé. Se il nulla non può esistere da sé, allora qualcosa esiste. E se qualcosa esiste, allora tutto il resto, col tempo, esisterà. Per cui tutta la realtà esiste perché il nulla esiste, ma non può esistere da sé. Da qui, questo tormento, da qui questa beatitudine. Pregate per Oswald.