Chimamanda Ngozi Adichie e il continente-mondo

Contro il pericolo di un’unica storia

Francesca Giommi
Affondare le radici senza scrollare via la terra
Chimamanda Ngozi Adichie e il continente-mondo
pp. 133, € 16,
Aras Edizioni, Fano (PU) 2023

È a cura di Francesca Giommi, esperta di studi postcoloniali specializzata in letterature africane e della migrazione, la prima monografia italiana che affronti criticamente l’opera di Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana trasferitasi negli Stati Uniti e icona pop e femminista di stampo mondiale, la cui fama passa dalla copertina di Vogue a citazioni nei testi delle canzoni di Beyoncé.

L’opera di Adichie viene contestualizzata con un approccio intersezionale che tiene conto del complesso intrecciarsi di genere, razza e identità nazionale nella produzione di Chimamanda e che viene ulteriormente radicato nel contesto postcoloniale africano e della diaspora attestando la vasta conoscenza del campo da parte di Giommi.

Le tre parti principali che compongono la monografia ripercorrono le opere di Adichie in ordine cronologico evidenziandone temi quali patriarcato e conflitti etnico-religiosi (ne L’ibisco viola, 2003 – Einaudi 2012), riscrittura della storia patria e panafricanismo in Metà di un sole giallo (2010), incentrato sulla guerra civile in Nigeria, e globalizzazione ed emigrazione nella raccolta di racconti Quella cosa intorno al collo (2010) e in Americanah (2014), il romanzo sospeso tra Nigeria e Stati Uniti che ha reso Adichie un’autrice di fama globale. 

Giommi è abile nel tracciare il contesto analitico della produzione letteraria di Adichie radicandolo nell’attivismo dell’autrice per i diritti razziali e delle donne e mettendolo in dialogo, per esempio, con il femminismo nero di Toni Morrison e della bell hooks di Elogio del margine (1998). Anche per Adichie si può, infatti, affermare che sessismo e razzismo siano strettamente connessi e che, come ha affermato la stessa hooks, sia necessario “respingere la sessualizzazione della liberazione nera in forme che sostengano e perpetuino sessismo, fallocentrismo e dominio maschile.”

È una lotta “contro il pericolo di un’unica storia”, per citare il titolo della famosa Ted Talk tenuta da Adichie nel 2009 e apparsa in Italia per Einaudi nel 2020. Come spiega Giommi nell’introduzione allo studio, Adichie ha formato la sua voce culturale “in risposta e controtendenza alle aspettative di chi la identificava unicamente con il suo genere, la sua provenienza geografica e il colore della sua pelle” diventando una degli intellettuali nigeriani e della diaspora africana più noti e apprezzati in un panorama in gran parte ancora dominato da narratori occidentali e uomini.

Passando dal contesto originario africano a quello statunitense, poi, la scrittura di Adichie complica la presenza nera sul suolo americano andando a destabilizzare la visione talvolta monolitica della popolazione afroamericana che si arricchisce di una variegata compagine di esperienze in cui la migrazione cambia il volto dell’America nera. Soprattutto, per l’autrice ma anche, più in generale, per altri expat come lei e i migranti provenienti dai Paesi africani, il pericolo di un’unica storia è anche quello di essere ridotti alla propria esperienza razziale pur essendo cresciuti in Paesi in cui l’essere neri non è una coordinata identitaria centrale nella definizione del sé.

Per questo, oltre al femminismo nero americano, il contesto delineato da Giommi tiene conto dell’influenza letteraria e culturale dei progenitori della narrativa nigeriana (e, quindi, africana) in inglese del Novecento come Amos Tutuola, Chinua Achebe e Wole Soyinka in quanto impegnati, proprio come Adichie, a “combattere il punto di vista unico imposto dal colonialismo.” Nell’opera di Chimamanda, pertanto, si dipana “una visione identitaria plurale e sfumata… [ma adattata]a questo nostro preciso momento storico”, in contrasto con “ogni forma di fondamentalismo e pregiudizio” e in cui si riscattano “storie precedentemente sottaciute, offese o distorte” nelle quali la differenza culturale è abbracciata in quanto “fonte di arricchimento e reciproco scambio.”

Le molteplici storie che vanno, pertanto, a intrecciarsi nella scrittura di Adichie vengono narrate grazie alla sua capacità di “modulare con sapienza stili e registri” con curiosità nei confronti delle lingue altrui e attenzione verso parlate e idioletti, come racconta nell’ultima sezione del volume Andrea Sirotti, traduttore di alcuni dei testi più importanti dell’autrice fra cui Americanah. 

Infine, un trait d’union tra l’opera di Adichie e quella della stessa Giommi, autrice di saggistica ma anche di letteratura di viaggio con titoli quali Il tesoro degli Ashanti. Viaggio in Ghana (2017) e La figlia del Maharaja. Viaggio in India (2021), è quello di dare voce alle donne in un mondo che ha tentato più volte di metterle a tacere. La letteratura è, pertanto, per entrambe quel luogo dove è possibile affondare le radici senza scrollare via la terra per dare spazio a molteplici storie, narrazioni e voci.

Serena I. Volpi insegna inglese all’Università di Roma Tre e antropologia presso LdM (Firenze).
serena.volpi@gmail.com