Omaggio a Giovanna Zangrandi

Omaggio a Giovanna Zangrandi

 

di Camilla Valletti

Viso dalla somatica mongola, come lei stessa si descriveva, fisico asciutto, smagrito dagli stenti, bassa si statura, Giovanna Zangrandi è solo uno dei tanti pseudonimi sotti i quali nascose la sua identità Alma Bevilacqua. Nata in provincia di Bologna, la giovane Alma, proveniente in una famiglia benestante, percepì molto presto l’angustia del suo paese natale, Galliera. Laureata in chimica, alla morte della madre, si trasferì a Cortina poco prima dello scoppio della seconda guerra. Per un tratto insegnò scienze naturali e scialpinismo. Al battere dell’8 settembre, Alma che ancora non era Giovanna ma Anna, decise per istinto di unirsi alle file dei partigiani e cominciò una ricca attività clandestina. Tutto questo è raccontato nelle pagine del suo diario scritto negli anni caldi tra il 1943 e il 1945 e poi rielaborato da Giovanna, sotto la guida di un editor importante, e pubblicato negli anni sessanta. Ciò che colpisce di queste pagine, vivissime, antiretoriche, profondamente umane, è la lingua che alterna momenti di pura registrazione dei fatti ad squarci lirici ed espressionistici che la pongono sulla linea che da Tina Merlin va dritta ad Alba de Céspedes. Troviamo momenti di pura avventura, quasi da trattenere il fiato, lunghe attese a duemila metri alla Marmole dove Anna, insieme a due compagni, visse per quasi un anno tra azioni di sabotaggio, trasferimento di armi e documenti, comunicazioni in ambienti estremi. E altri di riflessione sul paese, sui cruki che la circondano in Cadore, sulla disorganizzazione della bande, sulla fondamentale capacità di raccordo e cura delle donne nelle loro cucine (i luoghi dove anche si faceva resistenza), sul suo corpo irriconoscibile, sulle pulsioni sessuali, sul suo amor devozionale ma scherzoso per il comandante di brigata Severino Rizzardi. Il libro, ora pubblicato da Ponte alle Grazie e CAI, è arricchito da una prefazione molto competente e sentita di Benedetta Tobagi che sa cogliere “il fondo vischioso di tristezza” che tormentò sempre questa scrittrice dalla militanza mascolina. E per aiutate il recupero di questa figura, esce anche per il Cai e sotto le cure di Giuseppe Mendicino, un libro introvabile e strano. Si tratta di Il campo rosso uscito prima del Diario partigiano con un sfalsamento di narrazione, dove Anna descrive le fatiche della costruzione del rifugio Antelao tra le montagne del Cadore. Negli intenti doveva essere il progetto comune di sodalizio e forse amore con Severino Rizzardi che però, per colmo della sfortuna, morì trucidato dai fascisti poco il 26 aprile del 1945. Lasciando Anna del tutto priva di un orizzonte, ancora immersa nel “gran casino” della fine della guerra, ancora una volta sola a cercarsi un nome, un’identità che faticò ad arrivare.