Speciale Calvino 100

La costante di una variazione continua

di Nicola Turi

Domenico Scarpa
Calvino fa la conchiglia

La costruzione di uno scrittore
pp. XVI-832, € 30,
Hoepli, Milano 2023

Antonio Serrano Cueto
Italo Calvino
Lo scrittore che voleva esser
e invisibile
ed. orig. 2020, trad. dallo spagnolo di Giuliana Carraro ed Eleonora Mogavero,
pp. 504, € 24,
Mondadori, Milano 2023

Scavalcando resistenze espresse proprio dallo scrittore in oggetto, note da sempre ai lettori dei suoi “Oscar” Mondadori (“Sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere”), escono due libri che ricostruiscono e restituiscono (anche o prevalentemente) inediti frammenti biografici relativi al percorso di Italo Calvino. Il primo porta la firma di Domenico Scarpa, studioso brillante e meticoloso che negli ultimi anni si è occupato a più riprese anche di Primo Levi, Natalia Ginzburg, Fruttero & Lucentini; e che da una altrettanto assidua frequentazione ricava, proprio in occasione del centenario, questa corposa monografia intorno a uno scrittore del nostro canone maggiore dalla già sconfinata bibliografia critica (Barenghi, Bertone, Milanini, Serra…). Scarpa vi aggiunge circa ottocento pagine (in parte già precedentemente pubblicate, per l’appunto) con l’intento di ricostruire nella sua interezza un percorso come noto composito, sfaccettato, sia sul versante della produzione narrativa che della riflessione sulla funzione della letteratura e sul valore delle sue manifestazioni.

Si tratta di una monografia che da un certo punto di vista pare destinata a un pubblico non specializzato, dal momento che non contiene note, ha un andamento quasi narrativo (con sottotitoli da romanzo settecentesco e nessuna concessione al “critichese”) e segue sostanzialmente un ordine cronologico che ci introduce contemporaneamente ai libri e alle tappe culturali dell’esistenza di Calvino. Del quale in effetti recupera lettere e letture, articoli e recensioni, testi per musica, scritti solitamente ignorati in sede critica (La ragazza-celeste-cielo, Lo specchio e il bersaglio, Dieci soldi in plastilina…) ma pure progetti abbandonati, il discontinuo corpo a corpo con la misura romanzesca, il comunismo inquieto (anche rispetto alle sue applicazioni ermeneutiche), gli impacci verbali che fanno contrasto con la prosa così originale e spedita, i confronti, talvolta degenerati in scontri, con Primo Levi, Zanzotto, Celati, Pasolini, Fortini, Timpanaro…

Dalla successione di quadri (in costante dialogo tra loro) che ci si para davanti emergono nondimeno diversi affondi ermeneutici che – contando anche sulla conoscenza capillare del contesto culturale di riferimento (italiano e straniero) nonché dei più riusciti contributi critici prodotti nel tempo intorno all’autore (Sciascia, Garboli, Ginzburg…) – rileggono in maniera originale alcune opere-chiave del percorso calviniano: la cosmicomica Spirale che si nasconde dietro al titolo del volume (da intendersi come sorta di “autobiologia” dello scrittore), la breve prosa intitolata Dall’opaco con i suoi ritmi inaspettatamente boiniani, l’autobiografia collettiva nascosta dietro Le città invisibiliLa speculazione edilizia come texture narrativa che si sdipana, coinvolgendo la ricezione del contemporaneo Barone, intorno al dialogo tra Nietzsche, Hegel, Kojève, Cases, Queneau… (meno convincente, forse, il rinvenimento di un’ombra pavesiana dietro al Visconte).

Ma soprattutto il testo di Scarpa, fuori da formule facili o a effetto, ci aiuta a recuperare un ritmo pausato della riflessione e dell’analisi critica che serve a ricostruire senza economia di sforzi le variazioni minime e successive di un itinerario che impone di monitorare continuamente la dialettica tra continuità e discontinuità estetica (“la variazione continua è una costante e la pluralità degli esperimenti è la sua coerenza”, risolve Scarpa) oppure tra impegno diretto ed evasione fantastica. Forse quel che davvero resta impossibile decifrare fino in fondo (sfuggente già la categoria estetica di riferimento) è la presunta freddezza dell’autore (distanza modale in senso genettiano? schermato pathos?) e degli abitanti del suo universo narrativo (“La speculazione edilizia è forse l’unico racconto di Calvino dove tutti i personaggi … hanno carne e sangue”). Ma qui entra in gioco anche la particolare maniera di uno scrittore “dello scarto, nei due sensi della parola: si impone a chi legge per ciò che butta via e per come guizza via”; e a proposito del quale Octavio Paz ha osservato una volta che in lui “il mistero della trasparenza (…) è superiore al mistero dell’oscurità”.

Il fatto poi che Scarpa recuperi, entro un ben congegnato intreccio di vita e opera (con la seconda che al massimo trova conferma nella prima), episodi biografici non del tutto conosciuti, che risalgono al 1875 (anno di nascita del padre Mario) e che comprendono la candidatura (proforma) alle elezioni amministrative del 1951, il viaggio in terra sovietica (con relativo Taccuino per “l’Unità”), perfino certe somiglianze stilistiche tra la prosa di Italo e quella consegnata dai genitori, nel 1940, ai Duecentocinquanta quesiti di giardinaggio risolti, non solo ci consegna un volume sull’autore che, se non può essere definitivo, risulta perlomeno completo e criticamente esaustivo: ma nel contempo ci impedisce di apprezzare come meriterebbe la biografia (questa, sì, a tutti gli effetti una biografia) dello spagnolo Antonio Serrano Cueto, tradotta in italiano tre anni dopo la sua prima pubblicazione (e naturalmente pensata per un pubblico che ha bisogno, capitolo dopo capitolo, di qualche promemoria: sugli eventi politici del nostro paese, sulla storia di casa Einaudi…).

La forza di questo contributo non sta tanto nel colmare una lacuna bibliografica – già usciti negli anni novanta lo studio di Ferrua sugli anni sanremesi e l’Album Calvino curato da Baranelli e Ferrero – quanto piuttosto nel ricostruire ancora più in dettaglio, anche grazie alle lettere e alle interviste pubblicate successivamente, la storia familiare di Calvino. Innanzitutto le traiettorie di due genitori (la madre, Eva Mameli, era sarda) curiosi e pieni di iniziative, entrambi (anche) docenti universitari (lui in ambito agrario, lei nel campo della botanica) ed entrambi insofferenti al fascismo (anche se il padre, a dispetto dei suoi trascorsi anarco-socialisti, aveva preso la tessera convinto che il regime potesse sostenere lo sviluppo agricolo del paese). E poi, con queste, gli anni di formazione di Italo e dunque la passione per i fumetti e per il cinema, l’incerto rendimento scolastico, i mesi da partigiano nelle brigate Felice Cascione con il nome (per lui “patriottico”) di Santiago, le collaborazioni con “l’Unità”, l’incontro con Libereso Guglielmi (che gli ispirerà il protagonista maschile di Un pomeriggio, Adamo, nella prima raccolta), i racconti (respinti) di Pazzo io o pazzi gli altri… Anche se poi Serrano Cueto riconosce soprattutto, quali tappe decisive nella vita dell’autore, l’uscita dal Pci nel 1956, il viaggio in America alla fine dello stesso decennio e quindi l’avvicinamento all’ambiente dell’OuLiPo dopo il trasferimento a Parigi del 1967.

Per lui Calvino, come recita il titolo, desiderava soprattutto essere invisibile; o almeno non esporsi fuori dalla scrittura, disperdere nella finzione ricordi di battaglie e di affetti, infine perdersi in una metropoli affollata fino a farsi eremita. Le biografie per l’appunto servono a rimettere insieme i pezzi, talvolta magari scontrandosi con i limiti di un genere che rischia di lasciare ai margini i conflitti interiori dell’uomo, dello scrittore e dell’intellettuale.

nicola.turi@unifi.it
N. Turi insegna letteratura italiana contemporanea all’Università di Firenze