Luca Bernardi – Medusa

La parola significa

recensione di Massimo Castiglioni

dal numero di luglio/agosto 2017

Luca Bernardi
MEDUSA
pp. 136, € 12
Tunué, Latina 2016

Luca Bernardi - MedusaÈ interessante notare come, a breve distanza l’una dall’altra, si siano affacciate al panorama italiano due opere diverse – una letteraria, l’altra cinematografica –, realizzate in paesi lontani ma unite da un sentimento comune (straordinari effetti del gioco combinatorio del mondo): a fine 2016 Tunué ha pubblicato Medusa, romanzo d’esordio del ventiseienne Luca Bernardi; a gennaio 2017 i cinema hanno ospitato l’ultimo film di Denis Villeneuve, Arrival. Che cosa lega due prodotti così distanti per questioni di specifico artistico, di spazi, di trama e di personaggi? Due elementi: l’incontro con gli alieni e l’attenzione al linguaggio.

Arrival ribalta lo stereotipo fantascientifico dell’invasione aliena: gli extraterrestri che arrivano sulla terra non sono minacciosi (contrariamente a qualche essere umano). Il vero problema, anche e soprattutto per capire cosa vogliono, è la comunicazione. La protagonista, interpretata da Amy Adams, è un’esperta di lingue che riesce a stabilire un contatto con queste creature e a decodificare (non senza difficoltà) il loro complesso sistema linguistico (che una volta appreso aprirà la strada a nuove ipotesi di pensiero e di percezione delle cose).

Con Medusa ci troviamo in una dimensione più familiare e gli incontri ravvicinati con gli esseri provenienti dallo spazio profondo sono all’insegna di situazioni grottesche e di un abbondante accumulo di materiali, sensazioni e parole; soprattutto parole. L’ambientazione delle due sezioni del romanzo è estiva: nella prima siamo sulle rive del Tirreno, nella seconda sull’Adriatico (e col nome dei due mari sono indicati i capitoli). Quest’ordine strutturale, cui fa da collante la voce in prima persona del protagonista, è frantumato dall’andirivieni tra passato e presente, dal botta e risposta tra il protagonista e un misterioso intervistatore (che “commenta” gli eventi con considerazioni o domande) e da una scrittura molto densa che esplora vari livelli espressivi. Ma che cosa c’entrano gli alieni? Il ragazzo protagonista – inizialmente in vacanza con la famiglia e poi, nella seconda parte, in fuga con un gruppo di amici – ci informa della sua intenzione di scrivere (e magari pubblicare) il cosiddetto Dizionario Semiologico Abissale. Ispiratore dell’iniziativa è il singolare ex-professore delle medie, Scardanelli. Con lui, il narratore, nel passato, ha iniziato a teorizzare la possibilità di superare le solite opzioni comunicative: “Scardanelli considerava il significato una moneta appestata. (…). Sognavamo un glossario del mugolio, un antivocabolario in cui a ogni lemma corrispondesse non una serie denotativa bensì un grappolo, un groviglio. A malincuore coniammo il termine indefinizione, poi affiancato da controvoce e metasignificato, incapaci di forgiare corrispettivi che non enucleassero il nemico.

Gli anni passavano, le righe scarabocchiavano la faccia formaggesca di Scardanelli. La notte seguiva al giorno. La luna brucava, le stelle pizzicavano. Lui cominciò a dormire nel parco. Il Dizionario Semiologico Abissale cresceva sotto forma di pila di fogli volanti sulla mia scrivania”. Il desiderio di andare oltre il linguaggio comunemente inteso si collega al discorso sugli alieni (di cui allievo e maestro ogni tanto discutono e con cui il primo inizia ad avere contatti, all’insaputa dell’altro), vale a dire alla necessità di trovare un sistema per parlare con creature abituate a ben altri strumenti: “Come capirsi con entità adoperanti linguaggi tarati su parametri diversi? Come interagire con esseri che avendo imboccato altri sentieri per spigolare appetiti non si sarebbero serviti dell’espressività? Secondo Scardanelli serviva un principio fondante, un atomo comune a qualsiasi intelletto sul quale costruire variabili e trasposizioni. Questo sarebbe stato il compito del Dizionario Semiologico Abissale, primo dizionario a fornire un ponte fra umani e non, fossero questi artropodi o venusiani”.

Ma il romanzo di Luca Bernardi non è solo extraterrestri, velleità dizionaristiche e volontà di oltrepassare le parole e l’onta del loro significato (“La parola significa. E ben questa / È la sua morte” dice il Tommaso Landolfi poeta di Viola di morte). Le frantumazioni di cui sopra e lo stile brillante dell’autore (che dialoga con certo sperimentalismo novecentesco) creano un palcoscenico deformato dove, accanto ai traumi e alle ansie del narratore, si accumulano personaggi allucinati, partite a ping pong, giovani in balia di pulsioni, freddure e scenette comiche (“Devo parlare con gli alieni, va bene? Ci metto due secondi. Non puoi accontentarti della telepatia, dice il Ginger, come tutte le persone normali?”). Controllare una simile quantità di materiali è una sfida tanto appassionante quanto difficile (il rischio di perdersi nel labirinto è dietro l’angolo) a cui Medusa risponde con coraggio e abilità.

massimo1812@gmail.com

M Castiglioni è critico letterario