Nadia Terranova – Addio fantasmi


Assenza provvisoria

recensione di Mariolina Bertini

dal numero di dicembre 2018

Nadia Terranova
ADDIO FANTASMI
pp. 196, € 17
Einaudi, Torino 2018
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Nadia Terranova - Addio fantasmiPrima di rivolgersi al pubblico adulto con Gli anni al contrario (Einaudi, 2015) Nadia Terranova ha scritto molto, e con passione, per i ragazzi. È per loro che ha messo a punto una scrittura limpida e piana come la voce dei migliori narratori orali; di quelli che catturano l’attenzione dell’uditorio non con la suspense o con l’enfasi, ma con la forza invisibile dell’emozione condivisa. Addio fantasmi è caratterizzato proprio da questa scrittura sottotono, che non smorza la drammaticità degli eventi narrati, ma ne sottolinea la dimensione quotidiana rendendoceli familiari e crudelmente vicini.
Addio fantasmi è scandito in tre parti: Il nome, Il corpo e La voce. Il nome intorno al quale – come intorno a un vuoto incolmabile – è costruita la prima parte, è quello di Sebastiano Laquidara, il padre della protagonista, Ida. Quando Ida aveva tredici anni, una mattina, Sebastiano, malato di depressione, si è alzato, è uscito di casa ed è scomparso. All’inizio del romanzo da quella mattina sono passati ventitré anni e Ida, che si è sposata e vive e lavora a Roma, torna nella casa di Messina dove ha passato l’infanzia e l’adolescenza. Quella casa, la madre ha deciso di venderla; ma bisogna smistare gli oggetti che si sono accumulati negli anni e far riparare il tetto-terrazza che lascia filtrare la pioggia. Per Ida questo ritorno è un’esperienza opprimente. Il piccolo mondo in cui ha vissuto con la madre la riafferra e anche gli oggetti più anodini diventano complici della resurrezione di un passato che sembra destinato a non passare mai.

Alla scomparsa del padre, Ida e sua madre hanno reagito con il silenzio, fingendo di vivere nello spazio tollerabile di un’assenza provvisoria. Occultati dalla messa in scena di una fittizia normalità, il loro dolore e la loro rabbia non hanno trovato sfogo. Il nome taciuto si è vendicato facendosi invasivo: “Il nome di mio padre restava nel piatto della cena, si nascondeva nella frutta decomposta della credenza (…); l’uomo che era stato mio padre guardava la nostra vita e avrebbe continuato a farlo per sempre”. Se la prima parte del romanzo ruota intorno al nome del padre, la seconda è incentrata sull’assenza del suo corpo. Ida ne prende coscienza, nel suo lento cammino verso una sofferta lucidità: “Io e mia madre avremmo dovuto semplicemente posare una forchetta e dire l’una all’altra: se n’è andato (…). Mescolare le nostre lacrime con l’olio e il grasso della bistecca, nominare il corpo di mio padre, creargli una tomba fatta di frasi e anche di pianti, se necessario. Non l’avevamo fatto, e la sua bara era rimasta dappertutto”.

Il corpo e la voce

Per Ida, l’assenza del corpo del padre è stata devastante. L’ha portata a svalutare la sua stessa fisicità, a dirsi che se una cosa è accaduta al corpo “allora non è accaduta davvero”; nessun corpo può avere un valore, dal momento che il corpo del padre, una mattina, è sparito nel nulla. Le cose stanno un po’ diversamente con la sua voce e il suo profumo: Ida è convinta di essere riuscita a salvarli, a imprigionarli nella scatola rossa in cui ha chiuso un vecchio nastro registrato e una pipa che conserva l’odore del tabacco di tanti anni prima. Alla Voce è dunque dedicata l’ultima sezione di Addio fantasmi; ma non vi risuona soltanto la voce del padre, che la figlia, riascoltandola, in un primo momento non riconosce. Due altre voci irrompono nella vita di Ida, aggirando le difese con le quali ha protetto il nido della propria infelicità: la voce della sua migliore amica di giovinezza, Sara, e quella di un ragazzo appena conosciuto, Nikos. Ida non ha saputo, anni addietro, partecipare alla sofferenza di Sara quando questa ha deciso di abortire. Ora è più disponibile a capire il dolore di Nikos, che ha causato in un incidente la morte della ragazza che amava, ma Nikos si sottrae alla sua empatia scegliendo a sua volta di morire.

Per lo strazio della perdita non c’è una ricetta miracolosa, un risarcimento garantito, ci dicono le ultime pagine di Addio fantasmi; ma aprirsi al dolore degli altri aiuterà comunque Ida a uscire dall’immobilità del suo lutto non vissuto, gettando in mare la scatola rossa dei ricordi fossilizzati. In fondo, quello che troviamo al centro di quest’ultima parte di Addio fantasmi, è il tema del grande libro di Carrère, Vite che non sono la mia. Intorno, una Messina rivisitata nella luce di una memoria che non fa sconti, con i mosaici naïfs della Casa del Puparo offesi dalla vicinanza di un ipermercato, l’edilizia caotica, le strade dedicate agli antichi miti dello Stretto intasate dal traffico. Da dove viene questo dono che ha Nadia Terranova di raccontare la sua città natale con parole così asciutte e sbrigative, e proprio per questo commoventi? Un’indicazione, mi pare, ce la offre il nome della scrittrice da cui è tratta l’epigrafe del romanzo: Natalia Ginzburg.

maria.bertiniu@unipr.it

M Bertini ha insegnato letteratura francese all’Università di Parma