Silvano Ambrogi – Le svedesi | Editoria indipendente

Il litorale nel ’50

 di Renato Leoni

Silvano Ambrogi
LE SVEDESI
pp. 144, € 13,
Divergenze, Belgioioso (Pv) 2018 (1° ed. Feltrinelli, 1959)

Romano per nascita ma toscanissimo per costituzione, lungo la sua carriera Silvano Ambrogi ha toccato i poli di diverse angolature dello scrivere: testi teatrali, sceneggiature, romanzi, racconti. Dare un quadro dell’autore, sconosciuto ai più e ora riemerso grazie ai tipi di Divergenze, non è facile: le notizie sono scarse, spesso offerte dalle cerchie di amici che hanno organizzato giornate in sua memoria, la bibliografia si perde tra diversi editori e generi nel corso del tempo. Bisogna fare le somme con dei fattori sparsi disordinatamente, evitare soluzioni sicure, lasciare qualche dubbio in sospeso. L’eventuale fortuna postuma darà slancio a indagini più scientifiche.

Le svedesi, opera prima del ventenne Ambrogi uscita nel ’59, è un romanzo breve e stringato, quasi un racconto. Molto uniforme la struttura e breve il lasso di tempo narrato, scritto appena prima del premio dell’Istituto del Dramma Italiano per la commedia I Burosauri. Tutto si svolge in una soporifera e anonima località balneare toscana, lontano dalle luci della Bussola e della Capannina, una villeggiatura popolata da abbronzature da muratore e costumi scontati, bande di ragazzi di paese e signorine da marito. È arrivato il boom: la voglia di svaghi e di evasione dal tran tran quotidiano è forte. Si può provare una puntata verso i locali più gettonati e con un ballo dare una svolta alla propria vita, ma anche la sicurezza del paesello e il sogno di una lambretta presa a rate sa esercitare una discreta presa. Il boom è arrivato, così si dice, con le sue auto, i suoi ritmi, i suoi frigoriferi da colmare. Ma arriveranno anche le famose Svedesi, valchirie dalla mentalità aperta e dalle le cifre abbondanti? Non è tanto la Socialdemocrazia nordica l’interesse dei ragazzotti pitturati da Ambrogi, chiaramente, quanto il desiderio di sprovincializzarsi da una condizione di arretratezza pur senza muoversi di mezzo passo dalla tana delle origini: un altro modo per provincializzarsi. Non c’è nemmeno bisogno di dirlo: il discorso che si vorrebbe intrattenere con le svedesi non verte certo su come aprire la propria mentalità o sulle riforme sociali palmiane, ma ha ragioni ben più carnali.

Così anche l’arrivo casuale di un torpedone di turisti tedeschi fa riaffiorare tra questi potenziali vitelloni  attriti mai scomparsi, vecchi risentimenti che non si possono cancellare vendendo due cartoline o bevendo gazzosa allo stesso bar, come se nulla fosse. Agosti da questi piccoli spunti quotidiani imbastisce le chiacchiere del teatrino di provincia, ora popolato da macchiette dalla parlata esotica, ora da figure più sicure che non rinunciano al proprio toscano forbito, e mostra le chiusure verso lo Straniero, visto qui nel modello dell’invasore-turista da gabbare, per godere di un appetitoso tornaconto ma senza troppi sforzi. L’incontro-scontro con i teutonici sarebbe da ricollegare alle molto amare e molto liguri – parole di Calvino ne La speculazione edilizia: anche lì il turismo è visto unicamente come prostituzione e mal sopportato, e anche lì si parla di appetiti atavici nei confronti delle nordiche, con relativi approcci mal riusciti.

Dalla provincia, bella o brutta, idilliaca o maledetta che sia, non si scappa. Ma è sempre lecito sognare. La voce narrante del giovane protagonista lascia così spazio alle iperboliche fanfaronate dei paesani, una galleria sui complessi machisti dell’homo italicus in periodo balneare-riproduttivo, sulle presunte superiorità del latin lover apprezzate (altra presunzione) dalle ospiti d’Oltralpe, sulla tecnica con cui si affibbiano i soprannomi nei paesini italiani. Interessanti i battibecchi sul bagnasciuga tra villeggianti, volgari non per educazione ma per discendenza di eloquio, che non mancano di disquisire sulle varietà locali del toscano e sulla purezza della lingua, una partita aperta da Dante e mai più chiusa. In parte si può vedere ne Le Svedesi un racconto di formazione, malgrado nella piattezza estiva della provincia tra Garfagnana e Val del Serchio ci sia ben poco di che formarsi (o per cui divertirsi, data la noia che traspare dagli sbuffi a tutto andare del protagonista).

Un plauso alla neonata casa editrice Divergenze, che ha scelto di rischiare (ri)pubblicando autori poco noti e lontani dagli scaffali come Delfino Cinelli, valido traduttore di Edgar Allan Poe e autore de La trappola; il prelato Pietro Maffi autore de Gli sparvieri, che sfiorò la salita sul trono di San Pietro; Cordelia, autrice di Verso il mistero, protofemminista e amica di Freud, Verga, D’Annunzio. Per ulteriori approfondimenti dell’opera ambrogiana, oltre a delle puntate archeologiche in biblioteca e fra le bancarelle, si può soltanto recuperare online una trasmissione d’epoca de I Burosauri con Ernesto Calindri, in attesa di ulteriori ripubblicazioni e studi del versatile scrittore.

R. Leoni è scandinavista e critico letterario