Ernst Lothar testimone del declino della civiltà mitteleuropea

Variazioni sul tema finis Austriae

recensione di Marino Freschi

dal numero di maggio 2018

Ernst Lothar
UNA VIENNESE A PARIGI
ed. orig. 1951, trad. dal tedesco di Monica Pesetti
pp. 512, € 19
e/o, Roma 2018
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LA MELODIA DI VIENNA
ed. orig. 1963, trad. dal tedesco di Marina Bistolfi
pp. 608, € 18
e/o, Roma 2017
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SOTTO UN SOLE DIVERSO
ed. orig. 1961, trad. dal tedesco di Monica Pesetti
pp. 368, € 18
e/o, Roma 2016
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Ernst Lothar - La melodia di ViennaDobbiamo alle edizioni e/o, nella collana “Gli intramontabili”, una autentica scoperta: quella di tre romanzi di Ernst Lothar (1890-1974), ebreo viennese, dalla vita tumultuosa come tumultuosi erano gli anni della sua formazione e maturità: dalla provincia dell’Impero, da Brünn/Brno in Moravia a Vienna e da Vienna all’esilio americano e poi di nuovo nella capitale austriaca. Lothar partecipa di quella sparuta minoranza di ebrei mitteleuropei che non poterono né vollero dimenticare le radici ebraico-tedesche, sicché la materia della sua scrittura torna sempre sul luogo della tragedia. Il suo capolavoro, La melodia di Vienna (titolo precedente: L’angelo musicante) è una sorta di Buddenbrook in chiave asburgica, dove al posto di Lubecca entra in scena Vienna, naturalmente: primo distretto. Lothar racconta la decadenza di una famiglia travolta dalla tragedia del nazionalsocialismo, movimento dalle robuste, profonde e maledette radici austriache, sorto sulla scorta di un possente movimento antisemita che proprio da Vienna si diffuse in Germania. Eppure la Vienna asburgica aveva saputo produrre forti e validi anticorpi e non fu certo un caso che Adolf Hitler dovette abbandonare, indispettito, Vienna per trasferirsi a Monaco, nelle cui birrerie trovò finalmente il suo ambiente e i suoi fanatici e brutali sostenitori. Solo nel 1938 gli riuscì di “annettersi” l’Austria e Vienna. Questa ben nota storia viene rievocata, rivisitata dall’interno delle vicissitudini di una famiglia con la sua nobiltà e la sua miseria e infine con la capitolazione di fronte ai nazisti. Una vicenda che è stata raccontata da Joseph Roth, Stefan Zweig, Franz Werfel, ma che continua a coinvolgerci e che Lothar ha saputo far rivivere con la sua straordinaria, appassionata capacità epica.

Ernst Lothar - Una viennese a ParigiUna variazione sul tema, quella del “finis Austriae” a causa dell’imbarbarimento nazista, che pose termine alla grande stagione della raffinata civiltà asburgica, è narrata in Una viennese a Parigi , in cui Lothar racconta le drammatiche vicissitudini di Franzi, una giovane viennese, di ottima famiglia “asburgica” (il padre era stato ministro), che riesce a trasferirsi a Parigi, dove lavora come segretaria di una casa di produzione cinematografica hollywoodiana con un ufficio sugli Champs-Élisées. Il romanzo resta in bilico fino alla fine tra un sempre più improbabile happy end sentimentale e un precipitare nella tragedia e proprio questo sapiente alternarsi conferma lo straordinario talento narrativo di Lothar. Questo racconto “parigino” è anche una testimonianza assai intensa degli ambienti dell’esilio francese con le vittime, ma anche con vari speculatori, detrattori, arrivisti. Franzi traversa intrepida le varie stazioni di un autentico dramma, che non le consentono di sopravvivere alla disfatta dell’esercito francese nell’estate del 1940. Lei diventa l’emblema di quella forza interiore di resistenza al nazismo quale capacità etica di affrontare il male oscuro che si celava nella storia più oscura della Mitteleuropa. In questi romanzi – Lothar ne scrisse una ventina, che ancora attendono di essere tradotti – affiora una scrittura fortemente evocativa di ambienti, situazioni e atmosfere, rivelando il talento drammaturgico dell’autore che per anni diresse il celebre Burgtheater e in seguito il Theater in der Josefstadt, succedendo a Max Reinhardt. Fu, inoltre, uno degli animatori del grande festival di Salisburgo, insieme al suo amico Stefan Zweig, che lo sostenne nella sua decisione di lasciare una brillante carriera d’alto funzionario per dedicarsi completamente alla letteratura e al teatro. Una scelta cui Lothar tentò di restare fedele perfino a New York, fondando (ma senza grande successo) l’Austrian Theater. Divenuto cittadino statunitense, rientrò in Austria, dolorosamente stupefatto per l’animosità antisemita che circondava gli emigranti. Riprese l’attività come drammaturgo e come narratore, senza giungere a una vera conciliazione con la società austriaca.

Ernst Lothar - Sotto un sole diversoTra i vari romanzi, ve n’è uno, imprevedibile, che ci riguarda da vicino, incentrato sulla questione altoatesina. L’attribuzione del Südtirol all’Italia col trattato di pace del 1919 ha rappresentato un vulnus doloroso, acuitosi sotto il senatore Ettore Tolomei con l’italianizzazione spietata e spesso ridicola, di nomi e toponimi e con il divieto dell’uso del tedesco, perfino in chiesa. Insomma una politica diretta a scatenare l’odio verso l’Italia e a rafforzare la nostalgia irredentistica verso la riunificazione con l’Austria. Ma questa aspirazione doveva naufragare di fronte al patto scellerato tra l’Italia fascista e Hitler, preoccupato di non minare l’alleanza con Mussolini. Si arrivò nel 1939 a un accordo bilaterale che consentiva ai sudtirolesi di “optare” per il Terzo Reich, mentre chi restava, avrebbe dovuto accettare in tutto e per tutto l’italianizzazione. In realtà (anche a causa dello scoppio della guerra) gli “optanti” furono abbastanza pochi. Questa vicenda poco conosciuta di drammatico sradicamento forzato, viene narrata nel romanzo Sotto un sole diverso. La peculiarità di questo racconto, vivace e affascinante, sta nel fatto che la prospettiva scelta è quella di una famiglia di sudtirolesi “asburgici”, fedeli alla vecchia Austria, ostili alla brutale demagogia nazista, come pure all’Italia mussoliniana. Il racconto, che scorre rapido e intenso, ci introduce in una problematica tornata di grande attualità, se si pensa alle varie vicende politico-elettorali al di là e al di qua del Brennero.
Questi tre romanzi di Lothar ci restituiscono, in parte almeno, il grande narratore ebreo viennese a testimonianza di quella intramontata civiltà mitteleuropea, che può ancora affascinarci e insegnarci qualcosa sui veri valori europei.

marino.freschi@gmail.com

M Freschi ha insegnato letteratura tedesca a Napoli, Roma, Berlino e Friburgo