Giuseppe Imbrogno: un estratto da “Il perturbante”

Giuseppe Imbrogno è stato segnalato nella XXIX edizione del Premio Italo Calvino

dal numero di giugno 2016

Prologo

Il mio esercizio è semplice. Il mio esercizio non ha bisogno di strumenti sofisticati o posti particolari. Mi è sufficiente un luogo pubblico. Frequentato, non troppo affollato. Può essere il binario di un treno, il pronto soccorso di un ospedale, gli stretti corridoi del supermercato all’angolo. Può essere ovunque e può essere anche da nessuna parte.

Oggi mi trovo all’ingresso di un centro commerciale, periferia sud di Milano. Perfettamente consapevole dei danni che il fumo provoca al sistema cardiovascolare e respiratorio, del comprovato aumento del rischio di tumori e di altre patologie letali, aspiro l’ultimo tiro della mia sigaretta, fin quasi al filtro. Poi ho un’esitazione, il grosso cestino di metallo è lontano un paio di metri. Non lo raggiungo. Getto il mozzicone a terra, lo schiaccio con la suola della scarpa. Non disponendo di statistiche precise in merito ritengo plausibile che il 33 per cento delle mie sigarette concluda la sua breve esistenza in un cestino o in altro apposito contenitore. Le altre finiscono a terra, qualche volta in una pozzanghera. Sto sempre attento che non cadano attraverso le grate di metallo, per quanto riconosca che sia irrazionale, la mia paura non mi abbandona dall’infanzia: che sotto le grate ci sia qualcuno, i capelli che prendono fuoco, o, peggio, non una persona, qualcosa di altamente infiammabile.

Entro nel centro commerciale.

Mancano pochi giorni a Natale e non ho nessun impellente motivo per essere qui. Devo fare pochi acquisti, soltanto i regali socialmente necessari, confido che il tutto si possa risolvere nelle prossime due sere trascorse a casa davanti al pc…. Il pensiero che qualcuno, qui, ora, possa riconoscermi, salutarmi, mi rende un po’ nervoso e tuttavia decido di non venir meno ai miei propositi, guadagno la mia posizione preferita, raggiungo il piano superiore, una balconata di vetro, plexiglass e cemento, dalla quale si può osservare tutto. Sotto di me donne, uomini, vecchi, bambini e le loro modalità di consumo e di svago. Mi affaccio dalla balconata.

Il centro commerciale è di discrete dimensioni e medie pretese. Non contiene niente che sia davvero alla moda o di prezzo eccessivo, i prodotti danno la sensazione di accessibilità e sicurezza che oggi, in quest’epoca di crisi e paura, le persone cercano nei loro oggetti. Noi queste cose le sappiamo, le osserviamo tutti i giorni. Non siamo ancora nel pieno della frenesia natalizia, i consumatori si prendono tutto il tempo a loro disposizione. È domenica pomeriggio e questo influenza lo spettro anagrafico che risulta particolarmente ampio. Genitori con figli, gruppi di teenager, coppie sui trent’anni e coppie più vecchie, donne e uomini soli sulla cinquantina. Numerosi anziani, come è normale che sia in una popolazione particolarmente longeva e scarsamente fertile. Ma non sono qui per distrarmi con dozzinali considerazioni sociologiche, mi concentro sugli individui. L’anziano in cappotto grigio e bastone. Le due amiche cinquantenni con un paio di sacchetti vivamente colorati. Ridacchiano. Parlano fitto. Ridacchiano. Le seguo con lo sguardo fino all’ingresso del negozio di borse, quando entrano nel punto vendita inevitabilmente le perdo. Ogni punto di osservazione ha i suoi limiti, avverte Normann. Mi concentro su chi non è in movimento. Un uomo che sembra aspettare qualcuno. Nonostante il giorno festivo, indossa giacca e cravatta: uno spezzato e non un vestito intero. Il loden aperto, il riscaldamento del centro commerciale decisamente troppo alto. Fin troppo elegante quell’uomo per l’occasione. L’incongruenza induce interesse nell’osservatore, raccomanda Normann. Stringo lo sguardo sull’uomo. Ogni 30-40 secondi sposta leggermente il peso dalla gamba destra alla sinistra. Dopo altri 30-40 secondi dalla sinistra alla destra. E così via. Ha il viso rivolto sempre nella medesima direzione, non capisco se stia controllando l’uscita del centro estetico, quella dell’ottico o della gioielleria. Le informazioni in mio possesso non consentono di formulare ipotesi che non siano azzardate… Finalmente un cambiamento, l’uomo nello spezzato si mette in movimento verso un certo punto di destinazione. Una donna. Rossa di capelli…

Due settimane dopo la mia assunzione, al termine del corso di formazione a Losanna, Normann ci ha detto Le persone non esistono finché non ci siamo noi a osservarle…Personalmente, quello che trovai insieme terribile e tranquillizzante non fu l’assioma di Normann e nemmeno il suo corollario, quanto piuttosto – e questo lo si impara assai presto nel mio lavoro – come la gente comune continui a pensare che alcune attenzioni siano unicamente riservate a individui in una certa misura eccezionali: la cantante famosa, il pericoloso terrorista. Non è così. Da cui la conclusione: semplicemente non esiste più la gente comune né, allo stesso modo, l’individuo eccezionale. Siamo tutti più o meno interessanti. Dipende dal cliente. Dipende dal prodotto o dal servizio che il cliente vuole proporre sui mercati.