Filippo Tuena: variazioni sull’incompiutezza

Memoriali sul caso Schumann

di Beatrice Manetti

dal numero di aprile 2016

Filippo Tuena
MEMORIALI SUL CASO SCHUMANN 
pp 252, € 19
Il Saggiatore, Milano 2015

memoriali-sul-caso-schumann2-397x550Filippo Tuena è un esploratore di terre incognite e un cacciatore di fantasmi. Da anni lavora sui limiti e le possibilità della forma romanzo, al confine tra invenzione, memoir, inchiesta narrativa e ricostruzione storica. E da sempre è fedele alla piccola costellazione di nuclei tematici privilegiati che si è coagulata intorno alla sua formazione di storico dell’arte, alla sua attività di antiquario e alla sua passione per la musica. Con Memoriali sul caso Schumann, che è insieme un racconto di fantasmi alla maniera di Henry James e un’inchiesta dal risultato indecidibile come le “inquisizioni” di Sciascia, Tuena porta alle estreme conseguenze entrambe queste linee di ricerca, che ne hanno fatto una voce unica nella narrativa italiana degli ultimi vent’anni.

Il suo interesse per il compositore tedesco è di lunga data ed è documentato da un breve testo del 2005, Fantasmi di Schumann a Manhattan, nato su invito della pianista Maria Pia Carola per accompagnare l’esecuzione dei Kreisleriana e che insieme a Il diavolo a Milano compone un dittico fantastico sulla moltiplicazione dell’io dei vivi e dei morti. L’“altro” è del resto il vero protagonista della narrativa di Tuena almeno a partire da Ultimo parallelo (2007), la ricostruzione della spedizione antartica di Robert Scott, che nel 1912 raggiunse il polo sud appena cinque settimane dopo Amundsen e morì insieme alla sua squadra nel disastroso viaggio di ritorno. L’uomo in più, incappucciato e avvolto in un mantello bruno, che compare nei ricordi degli esploratori e che Eliot riprenderà nella Terra desolata, cammina al fianco di chi marcia e non gli si rivela. È un’allucinazione e un annuncio di morte, naturalmente, ma anche un ambiguo “persecutore”, nel senso che a questa parola ha dato Julio Cortázar nel racconto omonimo ispirato a Charlie Parker. Il persecutore è colui che perseguita e colui che persegue e quasi ogni protagonista dei libri di Tuena ne incarna il duplice significato: Michelangelo vecchio e malato in La grande ombra (2001), che vuole rientrare a Firenze eppure rifiuta i ripetuti inviti di Cosimo dei Medici; Bix Beiderbecke disfatto dall’alcol in Stranieri alla terra (2012), che la notte di San Valentino attraversa Manhattan per raggiungere l’obitorio del Bellevue; e Robert Schumann, appunto, perseguitato dai propri fantasmi e fantasma egli stesso per tutti coloro che hanno assistito al suo lento annientamento nella clinica psichiatrica di Endenich.

Non per niente il cuore del mistero degli ultimi due anni della sua vita sono le Geistervariationen, il cui tema gli fu cantato, così riferisce alla moglie Clara, dallo spettro di Schubert. Ma il gioco degli sdoppiamenti non si esaurisce qui: perché il fantasma che appare a Schumann è reduplicato dal fantasma di Schumann stesso, che per molti anni dopo la sua morte continua a ossessionare le voci narranti dei sei memoriali; e perché le Variazioni del fantasma sulle quali indaga vanamente Rosalie Leser si riflettono nella struttura del libro, che potrebbe legittimamente intitolarsi Variazioni sul fantasma.

Nelle Variazioni Reinach (2005), dedicato anch’esso all’indagine su un compositore e sulla sua opera (in quel caso un compositore sconosciuto e un’opera apparentemente dissolta nel nulla), Tuena aveva già sperimentato una forma di narrazione frammentaria, iterativa e eterogenea, che si ispirava apertamente a questo genere musicale. Lì il tema era ripreso e modificato da un’unica mano, quella dello scrittore; qui il procedimento è ulteriormente complicato dalla polifonia dei narratori e dalla varietà dei generi adottati, i più soggettivi, tra l’altro, quindi i più esposti al rischio dell’inattendibilità (memorie, diari, lettere, dialoghi e monologhi trascritti). Ciascun testimone è guidato da un punto di vista idiosincratico e da una diversa forma di coinvolgimento; e ogni capitolo è la voluta di una spirale che si allontana sempre di più, anche cronologicamente, dal suo centro, come a dire che l’indagine è infinita e destinata a restare non finita.

L’incompiutezza, del resto, è un altro dei temi chiave di queste “variazioni”: incompiuta la vita di Schumann, ossessionato fino all’ultimo dal terrore di non aver espresso nulla di originale; incompiuta la vita di Rosalie Leser, che muore il 18 maggio 1896 senza aver ricevuto la lunga lettera di Brahms che chiude il libro, anch’essa interrotta e mai spedita; incompiuta soprattutto, malgrado i riconoscimenti del suo genio, la vita dello stesso Brahms, che dopo aver vampirizzato il maestro prendendone il posto al fianco di sua moglie e riscrivendo la sua musica scopre di aver vissuto la vita di un altro. Quell’altro che insinua negli scritti dei suoi “persecutori” precisazioni e commenti in una lingua fratturata e che sembra irridere infine anche il suo autore: “(e bla bla bla; e bla bla)”.

beatrice.manetti@unito.it

B Manetti insegna letteratura italiana contemporanea all’Università di Torino

Ai Memoriali sul caso Schumann di Filippo Tuena è dedicato il Primo piano del numero di aprile 2016:

La storia che Filippo Tuena ci racconta attraverso le testimonianze di sei persone è reale e ben documentata: sono gli ultimi due anni e mezzo di vita di Robert Schumann, che, dopo aver tentato di suicidarsi buttandosi nel Reno a Düsseldorf il 27 febbraio 1854, fu internato per suo volere nella clinica per malattie mentali di Endenich dove morì. Le persone che narrano i fatti… La recensione di Maria Teresa Arfini (nell’area riservata agli abbonati).

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