La filosofia della storia di Yuval Noah Harari


Lezioni di futuro più o meno riuscite

di Adriano Zecchina

dal numero di novembre 2018

Sul futuro dell’umanità sono stati scritti molti romanzi di fantascienza non privi di valore predittivo. Basta pensare a quelli di Isaac Asimov che è ancora considerato uno dei massimi scrittori di fantascienza e che formano un corpo di scritti di grandissimo valore. Assai meno romanzesca è l’impostazione del famoso libro di George Orwell La fattoria degli animali che, nonostante risenta del suo carattere polemico, ma ben documentato, verso lo stato sovietico di impronta stalinista, quando parla del problema del controllo delle coscienze tocca un argomento che ha a che fare con un possibile futuro prossimo (come vedremo commentando i libri di Harari).
Il libro è stato spesso considerato un elogio del sistema liberale, il solo capace di garantire le libertà individuali, lo stesso convincimento che ha animato Francis Fukuyama quando ha scritto La fine della Storia e l’ultimo uomo (Rizzoli, 2003), testo che ha avuto grande notorietà con la caduta del regime comunista in Unione Sovietica. La tesi storiografica in esso enunciata è che il processo di evoluzione sociale ed economico dell’umanità, da sempre dominato dalla competizione tra economia liberale ed economia centralizzata, ha raggiunto uno snodo alla fine del secolo XX con il fallimento dell’oppressiva economia statalista sovietica e la vittoria dell’economia liberale con l’associata libertà intellettuale.

Secondo l’autore la vittoria è epocale poiché a partire da questo momento si starebbe aprendo una fase finale definibile come conclusione della storia. Dopo un quarto di secolo è evidente che questa previsione è del tutto errata come hanno scritto in molti tra cui Louis Menand in un bell’articolo apparso recentemente sul “New Yorker” (3 settembre 2018) intitolato Francis Fukuyama Postpones the End of History nel quale si commentano, in modo arguto, alcuni recenti scritti di Fukuyama tesi a correggere la sua ardita filosofia non esente da chiare influenze molto politiche e assai poco filosofiche. Il fallimento della tesi sulla fine della storia ha spinto molti intellettuali a tornare ai fondamenti. Bisogna anche dire che tra la fine del XX secolo e i giorni nostri è apparsa con prepotenza una nuova consapevolezza sullo stato fisico del nostro pianeta, sul suo futuro e sull’influenza fondamentale di fattori fisici sulla evoluzione dell’homo sapiens.

Yuval Noah Harari - 21 lezioni per il XXI secoloLa pubblicazione del libro Armi, acciaio e malattie. Breve storia degli ultimi tredicimila anni di Jared Diamond (Einaudi, 2014) ha fatto da apripista. Infatti per la prima volta appare un approccio interdisciplinare basato su archeologia, antropologia, biologia molecolare, ecologia, epidemiologia, genetica, linguistica e scienze sociali, il solo approccio che può permettere un inizio di comprensione della nostra storia e qualche previsione sul futuro. In modo prepotente hanno infine contribuito le “scienze dure” che hanno fatto proiezioni sempre più attendibili sul futuro del pianeta a ciò spinte dalle evidenze non più ignorabili di un mutamento climatico accelerato e incombente che si inserisce come un fattore fondamentale capace di modificare qualunque teoria della storia. In questo quadro si inseriscono i libri di Yuval Noah Harari dell’università di Gerusalemme, tutti pubblicati in Italia da Bompiani: Da Animali a Dei del 2014 (ancora oggi un best seller mondiale); Homo Deus del 2017; e il recente 21 lezioni per il XXI secolo (ed. orig. 2018, trad. dall’ebraico di Marco Piani, pp. 528, € 24). In questi libri Harari sviluppa una riflessione d’ampio respiro sulla storia e sulla filosofia della storia. Nel primo libro percorre l’evoluzione dell’homo sapiens ponendo in luce la sua straordinaria capacità di produrre rivoluzioni cognitive che gli hanno permesso di essere guidato nelle migrazioni, superare tutti gli ostacoli e dominare il mondo come fosse un dio. Si tratta di un messaggio positivo e rassicurate, solo attenuato nella postfazione dove egli esprime il dubbio: “Se possa esserci qualcosa di più pericoloso di una massa di dei insoddisfatti e irresponsabili che non sanno neppure ciò che vogliono”. Nel secondo libro di recente pubblicazione Homo deus: breve storia del futuro, seguendo la lezione di Diamond, ripercorre in modo interdisciplinare l’evoluzione del sapiens dalle origini fino alle probabili evoluzioni future. Il libro, indubbiamente affascinante, descrive la situazione attuale caratterizzata dalla rivoluzione informatica e dalla biogenetica.

Queste conquiste sono la continuazione del processo di evoluzione cognitiva, già discussa nel primo libro, processo che sta ulteriormente regalando all’homo sapiens poteri “divini”. Ma questa storia progressiva si inceppa quando l’autore ammette che in realtà non abbiamo ancora la minima idea di cosa sia in realtà la nostra mente e dove stiamo andando in un periodo ove la crisi della democrazia liberale si sta facendo evidente. Questo è uno dei problemi centrali insieme a quelli della guerra, dei cambiamenti climatici, dell’intelligenza artificiale, dell’invasione di notizie false con il conseguente aumento delle disuguaglianze cognitive, della insignificanza del concetto di libertà, per citare solo alcuni problemi affrontati nel suo ultimo libro, sempre affascinante, scritto come insieme di lezioni. In primo luogo egli riflette sul fatto che miliardi di sapiens possono a stento permettersi il lusso di approfondire queste domande, perché pressati da ben altre urgenze: procurarsi casa e cibo, lavorare, prendersi cura dei figli o dare assistenza ai genitori anziani.

Questo comporta necessariamente che il futuro dell’umanità, cioè della assoluta maggioranza degli uomini, venga deciso in loro assenza da una assoluta minoranza che egli definisce come il “buco nero del potere” e la cui influenza cresce esponenzialmente attraverso il controllo delle informazioni sui media, sempre più sofisticato e pervasivo con metodi di intelligenza artificiale. La narrazione liberale comincia a mostrare molte crepe anche per quanto riguarda la sua dichiarata connessione con la libertà. Infatti la libertà individuale non è solo tarpata dal blocco dell’informazione, come avviene nei regimi autoritari, ma anche dall’inondazione, spesso pilotata, di disinformazioni e di distrazioni come sta sempre più avvenendo ai giorni nostri.
Questi fatti, contrariamente alle promesse e alla narrazione corrente, condannano gli uomini alla totale irrilevanza e a divenire facile preda di mistificazioni. Non trascurabile nell’approfondire le disuguaglianze cognitive e nell’accesso alle carriere più elevate è anche l’uso di sempre più raffinate e sofisticate sostanze psicotrope che ormai si stanno diffondendo in modo apparentemente inarrestabile e che già ci parlano di un futuro non lontano.

Nel libro Shooting Up, Lukasz Kamienski (Utet, 2017) dopo aver esaminato la storia dell’umanità dal punto di vista dell’uso delle droghe, conclude che oggi i soldati delle nazioni più moderne non sono solo più forti per via del possesso di armi più potenti e moderne ma anche per intervento della neurofarmacologia, fatto che erode alla base il concetto di eroe. Secondo Harari tutte queste novità sono alla base della crisi della democrazia liberale in quanto sistema socio politico che nella narrazione corrente è definito come capace di valorizzare la creatività dell’individuo e la sua libertà. Il libro considera con attenzione anche le conseguenze del cambiamento climatico come fenomeno “esterno” in grado di stravolgere tutte le conquiste cognitive e mai considerato dalle filosofie della storia, tutte centrate su una idea di mondo infinito.

Molti fenomeni già in atto come i processi migratori e il progressivo emergere dei nazionalismi trovano una spiegazione anche sulla base di questo fenomeno epocale. La sua conclusione non è però negativa. Egli infatti continua a ritenere che la democrazia liberale possa ancora essere una base per il futuro anche perché ha garantito la pace dalla seconda guerra mondiale ad oggi. Su questo punto sono però in disaccordo sia perché dal 1945 ad oggi ci sono stati moltissimi conflitti che hanno comportato molti milioni di morti, sia perché una guerra mondiale non è più stata scatenata non per la saggezza dei governi e dei buchi neri del potere, ma per la semplice presenza dell’arma nucleare che non garantisce completa impunità a nessuno.

Nonostante il suo atteggiamento ancora una volta positivo, come nei libri precedenti, Harari comunque avverte che di fronte alle molte sfide ormai incombenti ci sono rimasti pochi anni per scegliere coscientemente tra le varie opzioni possibili per il nostro futuro. Ma per cogliere questa opportunità l’homo sapiens deve fare in fretta.

adriano.zecchina@unito.it

A Zecchina è professore emerito di chimica fisica all’Università di Torino