Cesare Cases – Scegliendo e scartando. Pareri di letteratura

Sul filo del rasoio

recensione di Andrea Casalegno

dal numero di ottobre 2013

Cesare Cases
SCEGLIENDO E SCARTANDO
Pareri di Letteratura 
a cura di Michele Sisto
pp. LXXX-628, € 40
Aragno, Torino 2013

Cases-Scegliendo-e-scartando-CopertinaQuesto libro raccoglie duecentocinquanta schede e pareri di lettura del grande germanista, fondatore e primo direttore dell’“Indice”: una scelta, magnificamente ordinata, introdotta e annotata da Michele Sisto, tra i più che cinquecento giudizi contenuti nell’Archivio storico e nella corrispondenza con i consulenti della casa editrice Einaudi. Il titolo è tratto dalle parole con le quali nel 1985 lo stesso Cases introduce un suo carteggio con Lukács: “L’uomo si definisce solo scegliendo e scartando. Il rischio di sbagliare c’è sempre, ma è meno grave di quello di perdersi nella melma dell’accettazione universale”.

È un rischio che questi pareri si assumono pienamente e senza reticenze. La funzione riservata, interna al lavoro editoriale, legittima il tono confidenziale delle valutazioni, una tagliente ironia è consustanziale, a tutte le età, allo stile di Cases e “la frequenza dei giudizi sommari presuppone – nota Sisto nelle pagine introduttive – l’urgenza, tutta aziendale, di arrivare rapidamente a una decisione”.

Che cosa sostiene tanta franchezza sin dai primi pareri del 1953, quando Cases era un neocollaboratore di trentadue anni e non ancora uno dei pilastri della casa editrice, né uno dei principali interlocutori nel dibattito politico e culturale? La sua sicurezza di giudizio si fonda da un lato su un patrimonio già enorme di conoscenze generali e specialistiche, dall’altro sulla capacità di ricondurre ogni problema a un contesto generale: culturale, politico, sociale. Ogni analisi letteraria ha dietro di sé una scelta di campo (in senso lato, comunista) e una teoria politica (marxista, in senso critico). Non per nulla Cases anticiperà, nei primi anni sessanta, molte posizioni della nuova sinistra, collaborando ai “Quaderni piacentini”.

Giulio Einaudi

Giulio Einaudi

Per la natura stessa della consulenza affidata a Cases, non solo in letteratura tedesca (abbondano, soprattutto nei primi anni, i pareri sui più vari argomenti culturali), i giudizi negativi prevalgono di gran lunga sui positivi. Non soltanto l’uomo, anche un buon catalogo si costruisce “scartando”. Seguiamo così di mese in mese, grazie alle preziosissime integrazioni di Sisto, il lavoro della casa editrice Einaudi: la segreteria (prima Luciano Foà, poi Guido Davico Bonino) e i redattori inviano i libri ai consulenti e ne raccolgono i pareri, il consiglio li discute. Nessun testo, se si rivela di un certo interesse, è letto da una sola persona. Un gruppo di “dilettanti di alto livello”, come scrive lo stesso Cases (dilettanti nel senso che nessuno si limita a giudicare nel proprio stretto ambito di competenza), si passa i volumi di mano in mano, e non è raro che il giudizio del primo esperto sia capovolto: più spesso in senso negativo che positivo, anche per i limiti posti dalla capacità produttiva della casa editrice. L’insindacabile giudizio finale spetta a Giulio Einaudi, che ha la capacità rabdomantica di farsi un’idea del libro senza leggerlo, semplicemente ascoltando il dibattito tra consulenti e redattori.

41wXPoWR+IL._SX289_BO1,204,203,200_La maggior parte dei pareri risalgono al primo decennio della collaborazione di Cases; il passaggio dall’insegnamento liceale a quello universitario e il trasferimento a Torino (1970) diradano sempre più l’invio di giudizi scritti. Il primo, dedicato a due saggi di Ernst Robert Curtius, è del febbraio 1953, l’ultimo, moderato (e generoso) parere favorevole a L’uomo del millennio di Robert Jungk, che uscirà nei “Saggi”, è l’unico del 1973. Con il 1966 si arriva al numero 225, poi i pareri si fanno rari. Fa eccezione il 1968, con un nutrito numero di schede di argomento prevalentemente politico: Marcuse (due libri), i documenti studenteschi della Libera Università di Berlino, Peter Weiss, Daniel Cohn- Bendit. È significativo che Cases, assai poco indulgente con il sinistrismo piuttosto confuso del movimento studentesco, dia parere favorevole a L’estremismo, rimedio alla malattia senile del comunismo del giovane leader del Maggio francese: “Non è frivolo, anzi ha delle tradizioni nella pubblicistica francese (…) i tedeschi sono più profondi ma anche più noiosi”.

Per quanto riguarda la letteratura tedesca, nel catalogo Einaudi alcuni grandi nomi (Mann, Brecht, Musil) precedono l’arrivo di Cases. Ma ben presto egli diventa il referente principale, in contrappunto con Roberto Bazlen, che lascerà la consulenza Einaudi nel 1962, quando Luciano Foà fonda la casa editrice Adelphi. Bazlen è l’antipodo politico e culturale di Cases, ma neppure sul piano del gusto sono destinati a intendersi: situazione ideale per Giulio Einaudi, che intuisce il valore dei libri soprattutto dal contrasto fra i consulenti. Nel 1960 l’oscuro Julius Overhof entusiasma Bazlen (“Il primo libro, da anni, che mi abbia fatto veramente vivere la storia”, apprendiamo dalla nota di Sisto) con dodici lettere di una famiglia di Megara (siamo nell’antica Grecia). Cases più sobriamente le giudica “graziose” ma “piene di modernismi e di una forte dose di interiorità tedesca”. Il libro, ovviamente, non si farà.

A Cases si chiedono pareri anche su manoscritti. Guido Morselli con lui non ha fortuna: “Un libro brutto, falso, antipatico, mal scritto e del tutto inutile” (Un dramma borghese, poi Adelphi). “Ottimo lavoro” invece è la tesi di Claudio Magris sul mito asburgico: “È un’opera veramente eccezionale, che va senz’altro pubblicata”. Notevole il libro del musicologo Mario Bortolotto sul Lied romantico, presentato da Massimo Mila; ma “L’eccesso culturale porta a una continua allusività che riesce fastidiosa (…) si scrive per i cristiani e non per Dio, che è il solo a essere onnisciente”. In un romanzo giovanile, non pubblicato, il giurista Mario Losano rivela “una buona conoscenza della situazione tedesca e della psicologia degli studenti tedeschi”. Si farà invece A proposito di una macchina di Giovanni Pirelli, “onesto e utile”. Appassionata la difesa, nei confronti del latinista Carlo Carena, di un saggio di Clara Gallini sui baccanali, che uscirà da Laterza.

b365f1e33013964d28c4e0f6a7171c06Qualche giudizio muta nel tempo, non sempre a ragione. Nel gennaio 1957 Cases caldeggia Mephisto di Klaus Mann, il figlio maggiore di Thomas (è un romanzo a chiave sul cognato, attore di teatro, che aveva sposato sua sorella Erika e per opportunismo era diventato nazista). Ma il 4 settembre 1968, scrivendo a Paolo Fossati, Cases cambia idea: “Pubblicarlo adesso significherebbe puntare soltanto sullo scandalo, e del resto è quel che suggerisce quella vecchia troia di Erika, che evidentemente continua a odiare i mariti e ad amare i fratelli”.

Linguaggio troppo colorito? Cases non ha timori reverenziali. “Sono sempre convinto che Brecht è un decadente della più bell’acqua” (1953). “Esemplare e fenomenale è la piattezza del punto di vista” di Golo Mann, un altro dei numerosi figli di Thomas, che scrive sullo “spirito dell’America” (1955). “Privo di umanità e di vera intelligenza critica” è un romanzo del “vergognoso epigono” Martin Walser, che uscirà da Feltrinelli nel 1962 (1958). Non si salva neppure August Strindberg: “Bisogna però tener presente che io non posso soffrire il connubio scandinavo di sensualità e misticismo e che nulla mi è più antipatico dei film di Bergman” (1960). Più chiaro di così…

casalegno.salvatorelli@gmail.com

A Casalegno è giornalista