Brexit: che cosa succede all’Europa?

La generazione Erasmus si interroga

di Valentina Cera

Diritto dell’Unione Europea è stato il primo esame del terzo anno di Università. Nonostante il parere negativo di due genitori preoccupati per la possibile disoccupazione futura, decisi durante la preparazione di quell’esame che non avrei mai più abbandonato la materia. Pensai meglio povera e poco concreta ma appassionata del mio lavoro. Decisi così di specializzarmi e di fare ricerca in questo ambito che tanto mi interessava. Per i tanti ragazzi che come me si sono impegnati nello studio approfondito di questa meravigliosa e avanzata esperienza di organizzazione internazionale che è l’Unione Europea, questa giornata ha un sapore strano. Un misto di timore e senso di impotenza. Un misto di indignazione, per l’accumulo di commenti di chi diventa improvvisamente analista esperto del processo di unificazione europea senza conoscere nulla dello stesso, e di consapevolezza di aver fallito, vista la mancanza di conoscenza diffusa.

Il processo di integrazione europea è stato pensato da grandi uomini che dopo aver visto l’Europa distruggersi, provocando ben due guerre mondiali, hanno immaginato che rendere concittadini coloro i quali si erano sparati addosso fosse l’unica strada per la pace, per l’inclusione e per la democrazia. Facile sarebbe lamentarsi oggi del populismo che cede alla nebulosa emotività non cogliendo i fatti. Facile ma non utile, perché significa rinchiudersi di nuovo nei salotti buoni, in cui tutti conosciamo ciò che abbiamo studiato, e allontanare questa conoscenza da chi poi l’Europa la deve vivere e costruire: i cittadini degli Stati Membri. Vero che a chi non ha l’umiltà di ascoltare e di faticare per apprendere è difficile passare informazioni, ma è altrettanto vero che la mia generazione -la chiamano generazione Erasmus- (purtroppo e chiaramente non tutta) ha invece ben chiaro il cammino europeo e si è spesa in progetti che volevano accrescere la consapevolezza dell’essere cittadino europeo.

brexitSi è abdicato al compito di creazione di una cittadinanza che sapesse davvero cosa fosse l’intricato (forse troppo) ma affascinante sistema di istituzioni europee. Ci si è allontanati dalla “periferia dell’impero” evitando di intraprendere il faticoso lavoro di educazione e di mostrare preoccupazione per i problemi della stessa. Poi arriva il momento in cui l’urlo ha il sopravvento, in cui chi ha l’onere e l’onore di spiegare cede a questo sopravvento e decide che il consenso ad ogni costo è l’obbiettivo a discapito dell’educazione e dell’impegno alla cittadinanza attiva. Una cittadinanza che sia capace di dibattere e di problematizzare e di trovare sintesi, invece di tagliarli con l’accetta i temi, banalizzando tra giusto e sbagliato, tra buono e cattivo, tra onesto e ladro e tra dentro e fuori.

Questa Europa ha mille difetti. Per altro, giusto per chiarirlo a tutti coloro che pensano che siano state le politiche di austerità a far decidere gli inglesi, dico che purtroppo non hanno colto che il Regno Uniti NON era nell’Unione monetaria e che quindi quelle politiche non le subiva. La decisione inglese è dettata da un populismo razzista, il cui punto focale è la paura del diverso, dell’immigrato. È dettata dalla volontà di stoppare l’unica parte di processo di unificazione europea a cui effettivamente partecipavano: il Mercato Unico. Non mi dilungo su quali potrebbero essere gli effetti economici di questa scelta, ma su quelli socio politici invece vorrei spendere due parole.

É in atto un lento, faticoso ed errante processo di nascita di una società europea, i protagonisti principali della quale sono esattamente i ragazzi della mia generazione. L’Europa ha subito un poco edificante processo di burocratizzazione di istituzioni che semplici da comprendere e quindi da partecipare non sono mai state. L’Europa ha subito un arretramento della democrazia con un Parlamento senza adeguati poteri, un Consiglio (organo decisionale che segue metodo diplomatico, che si basa su rapporti di forza fra Stati invece del più inclusivo metodo comunitario), con in mano tutti i reali poteri ed una Commissione, pensata per essere la spinta propulsiva del processo di unificazione e trasformata in luogo in cui si discute della lunghezza delle zucchine prodotte. L’Europa sotto la spinta distruttiva della crisi economica non è riuscita a immaginare risposte adeguate e tantomeno unitarie. La zona Euro é soffocata da un neoliberismo spinto al quale ormai non credono nemmeno più gli americani. Per non parlare del disordine e della paura con cui si è affrontato il tema dell’immigrazione. Insomma l’Unione Europea si è misurata con importanti sfide e non si è rivelata adeguata, questo é innegabile. E allora che si fa? Si migliora, faticando, studiando, spiegando, imparando dagli errori, provando a capire oppure si strilla e si specula su paura e ignoranza per ottenere consenso, lasciando che la casa bruci? Ecco il risultato di questo referendum ci dice: LA SECONDA IPOTESI!

Valentina Cera, 34 anni