Sophie Rigal-Goulard – Dieci giorni senza schermi? Che sfida!

Vacanza off line

recensione di Simone Lanza

dal numero di dicembre 2016

Sophie Rigal-Goulard
DIECI GIORNI SENZA SCHERMI? CHE SFIDA!
ed. orig. 2015, trad. dal francese di Martina Sala
pp. 213, € 11
Einaudi, Torino 2016

rigal-goulard-dieci-giorni-senza-schermiIl racconto della maestra Rigal-Goulard, già conosciuta al pubblico francese per altri racconti, parte da una esperienza pedagogica molto interessante che si sta diffondendo negli Stati Uniti, Canada, Francia e Spagna: in un’intera scuola si sfidano le nuove tecnologie. Alunni e alunne si danno l’obiettivo di non accendere schermi (o di accenderli il meno possibile): niente tv, niente tablet, niente playstation, etc… In questi giorni si sperimentano altre forme di divertimento: attività fisiche, laboratori, scoperta del territorio e incontri informali tra alunni fuori del tempo-scuola.
Questa scrittrice maestra ha deciso di scrivere un romanzo dell’esperienza vista e vissuta da lei. Ha inventato tutti i personaggi, i luoghi e i fatti, dando la voce a due protagonisti: uno fin da subito contrario all’esperienza e l’altra favorevole. Il racconto è avvincente perché non ci sono macchiette, ma personaggi che cambiano idee in continuazione a seconda degli incontri più o meno fortuiti con altri bambini e bambine. La parola passa così tra diversi scolari, divisi tra sostenitori della sfida e detrattori. Questa forma a più voci rende la lettura interessante e mai scontata: ciascuno è testimone della propria particolare esperienza familiare di relazione con gli schermi. Lontana da approcci moralistici (e da primitivismi anti-tecnologici), l’intenzione dell’autrice (che coglie il vero obiettivo della sfida) è quella di fare riflettere sul posto che gli schermi hanno nella vita, sviluppando consapevolezza, in modo da «padroneggiare gli schermi» e non subirli passivamente.

Una sfida alle tecnologie

Il racconto inizia quando la classe vota sì al referendum per la sfida, perché si è lasciata convincere da pochi fautori e dalla maestra. La classe rilancia così la sfida a tutta la scuola dove le varie classi finiscono per gareggiare a chi ottiene più punti rimanendo mattina, pomeriggio e sera con gli schermi spenti. È l’idea di una sfida alle tecnologie che pian piano si realizza; sfida radicale proprio perché ai più sembrava impossibile vivere anche un solo giorno senza accendere nemmeno uno schermo. La sfida finisce per travolgere persino i genitori che organizzano attività extrascolastiche per non essere attratti nella solitudine dello schermo o far perdere punti ai propri figli. Il padre di una ragazza è giornalista e così una radio locale si installa a scuola per un reportage. Altri genitori sono felici perché trovano finalmente una sponda istituzionale ai loro tentativi di proporre pomeriggi diversi dalla playstation.

La sfida finisce per smuovere tutti, entusiasti e riluttanti. Chi parte con delle posizioni non riesce a rimanere coerente perché, sia favorevoli che contrari vengono contaminati dalle idee e dalle altre persone. Le tecnologie sono oggi molto radicate e dotate di un fascino invincibile: la tentazione di accendere i monitor è sempre presente e molto grande. Anche i genitori, una volta spenti gli schermi, sembrano più attenti alle parole dei loro figli, non come quando chiedono qualcosa e poi con un occhio guardano lo smartphone o con un orecchio ascoltano il telegiornale: insomma i figli si sentono più ascoltati. La verità è che «con questa sfida tutto il mondo è finito sottosopra» e che quello che a molti sembrava una sfida impossibile in realtà non lo è. Al giorno d’oggi si possono trascorrere giorni interi anche senza schermi e non è poi così male: quando infine si accendono si è davvero molto più consapevoli di cosa aspettarsi in cambio.
Non è un saggio, un corso o un kit di sopravvivenza per un mondo senza tablet, senza telefoni, ma un racconto che si rivolge in primo luogo a bambini e ragazzi di 8-14 anni, con ironia e colpi di scena. Nel leggere la storia però anche gli adulti possono cogliere l’occasione per iniziare a mettersi in discussione. Non viviamo in un’era di nativi digitali capaci naturalmente di relazionarsi con le nuove tecnologie, ma in un mondo in cui gli adulti dipendono sempre più dagli schermi e hanno difficoltà crescenti a insegnare come usarli anziché esserne posseduti. La relazione sana con le tecnologie va sviluppata, allenata, messa in crisi. Il libro illustra le ricadute positive di medio e lungo termine del progetto Dieci giorni senza schermi? perché si tratta di un racconto. Esistono numerosi interventi su riviste scientifiche e in rete sulle classi che vi hanno partecipato, articoli di Jacque Brodeur, e i contributi di Thomas Robinson del Prevention Research Center, che per primo ha dimostrato come la riduzione drastica del tempo-schermo abbia impatti positivi su bambini e adolescenti in termini di miglioramento delle capacità di attenzione, concentrazione, rendimento scolastico, obesità.

Sophie Rigal-Goulard ha pertanto scritto non solo un racconto per bambini di per sé divertente che può stimolare discussioni sulla relazione con le tecnologie, ma ha dato voce a un progetto sperimentale e innovativo di educazione ai media che sviluppa la consapevolezza critica. Ha offerto una meravigliosa testimonianza di come la sospensione di dieci giorni dagli schermi permetta di sviluppare maggiore autonomia e indipendenza, maggiore consapevolezza di come il tempo liberato permetta lo sviluppo delle capacità di attenzione e di concentrazione. Una dimostrazione di come un minor tempo-schermo permetta una differenziazione del tempo libero, crei occasioni per il dialogo reale vis-à-vis e sviluppi relazioni umane e amicali articolate e ricche.

slanza@autistici.org

S Lanza è maestro elementare

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