Le donne consacrate tra idealizzazioni, perversioni e abusi

Il doppio tradimento dei chierici

di Federica Tourn

“Dovete compatire: si è ragazze di campagna, ancorché nobili, vissute sempre ritirate, in sperduti castelli e poi in conventi; fuor che funzioni religiose, tridui, novene, lavori dei campi, trebbiature, vendemmie, fustigazioni di servi, incesti, incendi, impiccagioni, invasioni d’eserciti, saccheggi, stupri, pestilenze, noi non si è visto niente. Cosa può sapere del mondo una povera suora?”. (Italo Calvino, Il cavaliere inesistente, Einaudi, 1959)

Una religiosa è, ancora oggi, un’isola sconosciuta, inattingibile. Il mistero ingigantisce il mare delle possibilità che circondano la vita delle donne consacrate: attraversarlo è impresa epica, pericolosa e tentatrice allo stesso tempo. Le suore e le monache, nell’immaginario, sono depositarie di qualità ultraterrene, spesso contrapposte fra loro: capaci di sacrifici che i comuni mortali non saprebbero affrontare o minacciose nel loro vivere secondo ritmi fuori dal tempo, sono di volta in volta dipinte come sante o come tentatrici licenziose, in preda a estasi spirituali o dedite a chissà quali trame oscure e proibite. Vittime predestinate o oggetto di devozione, protagoniste di romanzi famosi, esempi di carità e dono di sé, ispirano al contempo barzellette triviali e testi devozionali: nella fantasia collettiva la religiosa esiste non come una persona con una propria individualità, ma come un’immagine idealizzata, una proiezione di desideri, bisogni e perversioni. Anche Arpino nella Suora giovane (Einaudi, 1959) racconta la fascinazione e il turbamento di un ragioniere quarantenne per questa creatura vestita di nero, che ogni sera lo attende alla fermata del tram. Il viso chiuso dal velo, il corpo coperto dalla veste incoraggiano la fantasia e la spingono là dove dovrebbero frenarla. La suora suscita nel protagonista interrogativi pruriginosi: “Tento continuamente di immaginarla, ma è difficile. Avrà i capelli? Come veste sotto la tonaca? Sarà vero che non portano indumenti intimi, ma solo camicioni?”. Non c’è da stupirsi: alla base della vita religiosa femminile c’è il sesso. Che sia per negarlo o per assicurarsene i privilegi, proprio là dove lo si vorrebbe negato, lo si scopre invece chiave di volta della vita religiosa, così come è stata strutturata dalla chiesa. La clausura, infatti, diventata determinante nel medioevo per chi entrava in monastero, aveva come solo fine la preservazione della verginità. Lo spiega la teologa Selene Zorzi in Sorelle tutte: “L’ideale della verginità femminile, interpretato in senso rigidamente sessuale, entrò anche in ambito religioso, in un modo che non trova corrispettivi in ambito maschile religioso. A fronte infatti di un’interpretazione androcentrica della verginità, che ha relegato le donne nelle clausure, fino a renderle invisibili ma funzionali all’onorabilità della chiesa”. Definite “spose di Cristo”, le monache appartengono a lui e per questo la loro castità deve essere custodita da una rigida clausura, la cui chiave è in mano al vescovo. Una metafora nuziale imbarazzante, come dice Zorzi, perché “alimenta diversi corto circuiti nell’immaginario spirituale quale harem di Cristo (o del vescovo!).

L’ipersessualizzazione della vita religiosa comporta anche una falsificazione dei rapporti tra i sessi che diventano ricettacolo di proiezioni mitizzanti; considerando le sorelle alla stregua di oggetti sessuali, anche se di possesso divino, si nutre un’insana spiritualità e non si valorizza il ruolo delle monache all’interno dei rapporti intraecclesiali. Esse infatti semplicemente spariscono”. Invisibili, confinate nei conventi o soggette al voto di obbedienza, isolate dal mondo e costrette al silenzio, le monache e le suore sono però esposte alle sopraffazioni e alle voglie di monaci e sacerdoti che, avvicinandole per la confessione o la messa, ne abusano sessualmente, al riparo da occhi indiscreti e con la complicità delle superiore. “La realtà dell’abuso sulla donna consacrata è una zona grigia. È una tragica realtà sulla quale pesa un silenzio che apre a molte domande. È un dramma che ancora non ha trovato spazio e riconoscimento: non ha visibilità né voce. Accade. Si collude”, scrive Anna Deodato in Vorrei risorgere dalle mie ferite. Deodato, pedagogista e donna consacrata a sua volta, racconta del suo lavoro di ascolto al Centro per l’accompagnamento vocazionale di Milano, in uno dei pochissimi testi che tratta degli abusi sulle religiose nel nostro paese. Restituendo la sofferenza, lo sperdimento e la solitudine di quattro suore abusate, Deodato scandaglia le emozioni dopo la violenza, il disagio nell’avere a che fare con il proprio corpo violato, le difficoltà a superare il trauma. Il fatto che lo stupro sia avvenuto in un ambiente ecclesiastico rende la violenza particolarmente odiosa perché coinvolge la chiesa, a cui le religiose hanno deciso di dedicare la propria vita. Un doppio tradimento, quindi, particolarmente difficile da elaborare. “A causa dell’abuso non solo è persa la dignità, ma è perso anche il senso globale dell’esistenza”, puntualizza Deodato. Un altro libro sul tema è Il velo del silenzio di Salvatore Cernuzio, che però non si occupa delle violenze clericali ma degli abusi spirituali e di potere che le suore subiscono all’interno delle congregazioni religiose da parte delle madri superiore. Maltrattate, sfruttate, molestate o destinate a far le serve dei preti. Storie vecchie? Tutt’altro: ancora oggi le suore non hanno diritti, sono trattate come eterne bambine incapaci di provvedere a sé stesse e costrette a dipendere da una figura maschile di riferimento per le celebrazioni liturgiche. Non sono autorizzate a eleggere i padri generali negli ordini di appartenenza, spesso non possono accedere a una formazione teologica e non sono indipendenti economicamente, cosa che rende estremamente difficile la scelta di uscire dal convento o dalla congregazione. Quelle che hanno il coraggio di abbandonare la veste si ritrovano sole, senza mezzi di sussistenza.

Del tutto diversa è la storia, tratta da un episodio realmente accaduto, raccontata da Ritanna Armeni in Il secondo piano: durante la seconda guerra mondiale, otto suore salvano un gruppo di ebrei scampati al rastrellamento del ghetto di Roma nascondendoli in un’ala del convento in disuso. È da notare che anche in questo caso, a fronte del coraggio di Maria Ignazia e delle sue consorelle, pronte a rischiare la vita per proteggere i perseguitati, vediamo una chiesa-istituzione muta e sostanzialmente connivente con il nemico. Tornando al tema degli abusi delle religiose in ambito ecclesiastico, la povertà di titoli (almeno in Italia) è dovuta da un lato al disinteresse per il tema e dall’altro alla difficoltà di avere testimonianze dirette. All’ombra del Vaticano le religiose non denunciano: forte è ancora la paura di essere derise, discriminate, se non addirittura di ritrovarsi in mezzo a una strada, e altrettanto determinante è la (triste) consapevolezza che non troverebbero nella chiesa un alleato nella ricerca di verità e giustizia. Lo stesso papa Francesco ha ammesso soltanto nel 2019 che esiste un problema riguardo l’abuso delle donne consacrate, nonostante la questione fosse nota in Vaticano da più di vent’anni, in seguito alle denunce di suor Maura O’Donohue e suor Marie McDonald. Le due missionarie negli anni novanta testimoniano la prassi di molti preti e vescovi di stuprare le religiose in Africa – invece delle donne locali – per tutelarsi dall’epidemia di Aids in corso nel continente. Non solo: nei rapporti, poi resi noti dal “National Catholic Reporter”, si menzionano 23 paesi (fra cui l’Italia) in cui si documentano episodi di violenza da parte del clero, fra cui aborti forzati. Nel maggio 2019 il motu proprio Vos Estis Lux Mundi papale esplicita la condanna di ogni atto sessuale perpetrato con “violenza, minaccia o mediante abuso di autorità”, non solo nei confronti dei minori ma anche degli “adulti vulnerabili”. Nuovi strumenti vengono predisposti a tutela delle vittime: sportelli di ascolto diocesani, commissioni miste (con laici) che si aggiungono alla già attiva Commissione pontificia e al Servizio nazionale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili nell’attività di prevenzione e formazione nelle parrocchie. Nelle Linee guida del giugno 2019, infine, si incoraggia la segnalazione alle autorità dello stato delle violenze commesse in ambito ecclesiale. Una svolta, seppure tardiva? Non proprio, se si pensa che non c’è per i vescovi l’obbligo giuridico di segnalare i responsabili di abuso ai funzionari dello stato italiano: rimane una questione di coscienza, insomma, non un dovere sancito dalla legge.

Tutto ciò che accade nella chiesa, d’altronde, è disciplinato e deciso dal diritto canonico ed è molto difficile, se non impossibile, sapere chi viene sanzionato e che cosa è sepolto negli archivi vaticani. Sul fronte della giustizia civile, sono pochissimi i casi finiti davanti a un tribunale e nessun membro del clero è stato finora condannato per violenza sessuale in Italia: di fronte alla prospettiva di un’incerta giustizia, la verità delle donne consacrate ripiomba nel silenzio e nella rassegnazione. Sulla paura e il dolore delle vittime si è costruita nei secoli l’impunità dei violenti, anche nella chiesa. “Non ho più la forza di sostenere un’altra porta che mi si chiude in faccia. Già tante volte mi sono sentita in colpa (…). Ma quello di cui ho più paura è di essere presa per una che il male se l’è cercato”, confessa una suora ad Anna Deodato. Approcciare questa isola sconosciuta circondata da pescecani è, ancora oggi, una necessaria impresa per volenterosi pionieri.

 

I libri 

Ritanna Armeni, Il secondo piano, pp. 288, € 16,90, Ponte alle Grazie, Milano 2023

Elizabeth E. Green, Simona Segoloni Ruta, Selene Zorzi, Sorelle tutte, La meridiana 2021

Salvatore Cernuzio, Il velo del silenzio. Abusi, violenze, frustrazioni nella vita religiosa femminile, San Paolo, 2021

Constance Vilanova, Religieuses abusées. Le grand silence, Artège, 2020

Anna Deodato, Vorrei risorgere dalle mie ferite. Donne consacrate e abusi sessuali, Edb, 2016

Aldous Huxley, I diavoli di Loudun, Mondadori, 1960