In ricordo di Gianni Rondolino

Understatement subalpino e umorismo sottile

di Giaime Alonge

dal numero di febbraio 2016 

Nei giorni successivi alla morte di Gianni Rondolino, sui giornali e in televisione si sono dette e scritte molte cose su lui: dall’insieme di quegli interventi emerge nitido il quadro di una carriera multiforme. Il critico cinematografico che fu tra i fondatori dell’“Indice” e collaboratore della “Stampa”; l’organizzatore culturale, uno degli inventori della “Torino città del cinema”; il docente universitario, pioniere degli studi di cinema nell’università italiana, uno dei padri fondatori della disciplina. Una carriera così articolata e di così evidente successo, Rondolino avrebbe potuto interpretarla con compiaciuta seriosità, invece è stato un uomo profondamente ironico, e autoronico, un uomo che partecipava alla vita con passione e con serietà, ma senza rinunciare mai a un certo distacco, in cui si miscelavano understatement subalpino e un umorismo sottile.

La posa di Marilyn e la stempiatura di Ėjzenštejn

Per rendersi conto della ontologica levità di Gianni, basta prendere il volume in suo onore uscito qualche anno fa, per festeggiare i suoi ottant’anni (Non so se è chiaro. Omaggio a Gianni Rondolino, Kaplan, Torino 2012). Solitamente, i libri che raccolgono saggi e contributi per la pensione di illustri cattedratici sono tomi corposi, con lunghi articoli fitti di note, citazione dotte, apparati bibliografici. Questo, invece, è un volume agile, che è tale non perché chi ha collaborato non avesse voglia di lavorare, ma perché, credo, si intendeva interpretare lo spirito di Gianni, che tutto era tranne che “accademico”, nell’accezione negativa che a volte assume la parola. In questo libro, una delle cose più affascinanti è l’inserto fotografico che chiude il volume. All’apparenza, sono foto convenzionali: Gianni Rondolino con i colleghi, insieme ad amici e famigliari, in compagnia di registi italiani e stranieri. Ma qua e là, ci sono immagini sorprendenti. Come le prime due, scattate al Festival di Tours nel 1962. In entrambe, Gianni è insieme a famosi cineasti d’animazione, rispettivamente Jiří Trnka e Alexandre Alexeieff. Essersi occupato di animazione è uno dei grandi meriti di Rondolino. Ancora oggi, in accademia, dove pure gli insegnamenti di cinema si sono ormai radicati in maniera capillare, l’animazione rimane un campo largamente trascurato. Occuparsi di cartoni animati, nell’università italiana degli anni settanta, dando alle stampe, per Einaudi, una Storia del cinema d’animazione, invecchiata benissimo, significava veramente realizzare un’operazione di straordinaria innovazione culturale. Dunque, nella foto con Alexeieff, i due sono in smoking, con alle spalle un candelabro, e sembrano letteralmente usciti da L’anno scorso a Marienbad. Nell’altra fotografia, quella con Trnka, maestro dell’animazione cecoslovacca, lui e Rondolino sono seduti nelle poltrone di un cinema. Rondolino è concentrato nella lettura di quello che sembra essere un foglio di sala, con una posa serissima, quasi da regista sovietico, ha pure una stempiatura ejzenštejniana. Ma alle sue spalle, a fare da controcanto comico, Trnka sta dormendo. Qui, certo, e Gianni sarebbe stato il primo a sottolinearlo, l’effetto ironico è frutto dell’occhio della macchina.

Ma nella fotografia di copertina, invece, l’ironia è tutta di Gianni. È un foto di lui affacciato al balcone di casa sua, in via Saluzzo. La posa l’aveva scelta lui, a imitazione di una famosa fotografia di Marilyn Monroe affacciata al terrazzo. L’idea che un professore universitario, affermato, padre di famiglia, per farsi fotografare, si metta in posa non da scrittore, con la mano sotto il mento, ma da Marilyn Monroe, mi pare assolutamente irresistibile, segno di un’intelligenza e di un’ironia rare.

Ma la fotografia più spiazzante è quella con Michelangelo Antonioni. Di per sé, una foto di Rondolino con Antonioni non è cosa particolarmente strana. Si saranno incontrati spesso, a Venezia, o altrove. La cosa sorprendente è la didascalia, che recita: “Michelangelo Antonioni, il presidente dell’Utet Gianni Merlini e Gianni Rondolino in occasione della presentazione romana del volume Storia del cinema, 1977”. Su quel libro abbiamo studiato in tanti. È un libro che ha accompagnato varie generazioni di studenti. È un libro “nostro”. Ma il fatto che, nel momento della sua uscita, alla presentazione sia intervenuto un regista del calibro di Antonioni, oggi appare davvero straordinario. È una fotografia che ci parla di un’epoca in cui l’università e l’industria editoriale possedevano un’autorevolezza, un peso sociale, che oggi appaiono smarriti, per non dire irrimediabilmente perduti. Di quella stagione Gianni Rondolino è stato senza dubbio un grande protagonista.

giaime.alonge@unito.it

G Alonge insegna storia del cinema all’Università di Torino