#LibriInTasca: Catherine Lacey – Nessuno scompare davvero

Camminare, andarsene e non arrivare mai

consigliato da Valentina Rivetti

#LibrinTasca è lo Speciale sul sito dell’Indice che accompagnerà la vostra estate.
Sarà un compagno di viaggio loquace e mai banale, e si comporrà di tanti consigli di lettura suggeriti da voci diverse e penne più o meno note: libri pensati per viaggiatori in cerca di avventure e tomi poderosi per chi poltrisce sotto l’ombrellone. 

Catherine Lacey
NESSUNO SCOMPARE DAVVERO
trad. dall’inglese di T. Ciuffoletti
pp. 243, € 16.50
SUR, Roma 2016

Catherine Lacey - Nessuno scompare davveroIl presente esiste davvero oppure ogni istante, nello stesso momento in cui è, diventa passato? Se potessimo per assurdo fare a pezzetti il tempo, riusciremmo a individuare un’unità minima in cui la coscienza semplicemente esiste anziché sapere di esistere?
Quando sale su un aereo diretto in Nuova Zelanda, con la precisa idea di lasciare a terra Marito e tutto quello che è stata la sua vita fino a quel momento, Elyria non sta cercando di rispondere a questa domanda – come tutti sa che la risposta è no – sta proprio cercando di ignorarla. C’è un bufalo dentro di lei che non è interessato a sapere di stare vivendo, vuole solo vivere: non importa quali siano le conseguenze.
Perciò Elyria inizia a camminare. Camminare e andarsene e non arrivare mai: è l’unico desiderio che ha. Non vuole barattare la vita vecchia con una nuova, non vuole arrivare da qualche parte, non vuole interessarsi a niente, non vuole amare nulla. Vuole smettere di essere una persona, per diventare «un indizio di me stessa».
Sembra che l’autostop sia stato inventato per questo. Ogni volta che chiude la portiera, Elyria non deve fare altro che essere una nuova versione di sè, quale la decide chi sta al volante. In questi brevi incontri puntuti – che sono quanto di più vicino possibile all’unità minima del vero presente – la donna abbandona sul sedile un pezzo di chi è o di chi avrebbe potuto essere: ed è così, mettendo in atto una specie di diaspora, uno smembramento non meno cruento per il solo fatto di non essere fisico, che attraversa il paese più pacifico del mondo con un costante senso di minaccia. Il pericolo è ovunque, perché ovunque c’è qualcuno che cerca di rimettere insieme i pezzi, di sapere qualcosa, di dare un senso. Di chiedere spiegazioni al suo bufalo. Di trasformare il presente in passato.

Momento, resta, perché sei così bello

Finché tutto si inceppa e torna il pericolo più grande: Elyria. Bloccata tra un presente impossibile da vivere e un passato che fa male ricordare: «Lui mi spiegò: È una cosa che ha scritto Virginia Woolf: Momento, resta, perché sei così bello, o qualcosa del genere, e io gli chiesi: E tu ti senti così? […] E lui rispose: , e io in parte ero d’accordo con lui, perché sì, anch’io ero innamorata e volevo rimanerci, ma allo stesso tempo provavo una specie di rabbia, una specie di delusione, perché quel momento era passato non appena lui gli aveva chiesto di restare».

È così che Catherine Lacey riesce a scrivere la filosofia – prende la vita e la spinge verso un punto di non ritorno, una situazione paradossale che è tanto irreale quanto assolutamente vera – poi la contamina con lo humor nero o con la nostalgia: decidere ogni volta quale dipende dal lettore, infatti capita che qualcuno rida e qualcuno senta dolore. È una libertà a cui Lacey decide di fare posto per noi, la infila nello spazio che c’è tra Elyria e il mondo, in quel suo scollamento dalla vita. Per il resto non ci lascia tregua: 243 pagine dentro la sua mente, ovvero in fuga. Perché quello è l’unico posto da cui Elyria tenta invano di scappare: «E pensai a come le mie mani e quelle di mio marito si amavano ancora mentre i nostri corpi non facevano che penzolare dalle mani, e provai invidia per la semplicità con cui le nostre mani potevano essere ciò che erano: ambigui tranci di muscoli e ossa che toccano, tengono e si fanno tenere, e via da capo».
Una via d’uscita ci sarebbe (e le viene anche offerta): impazzire. Sarebbe più facile per tutti. Ma Elyria non può. È troppo intelligente, o troppo disperata. Come la Maria di Play it as it lays di Joan Didion, resta sul ciglio. Osserva. Mentre la maggior parte della gente rimanda per tutta la vita la ricerca dell’unico istante di vero presente, quello in cui mancherà a se stessa, Elyria lo insegue, sfida il tempo, senza tregua e senza speranza. Perché sa che fino all’attimo prima, nessuno scompare davvero.

valentinarivetti@gmail.com

V. Rivetti è digital strategist @dieci04

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