#SpecialeNatale: Dorothy Baker – La leggenda del trombettista bianco

Aveva nel sangue il desiderio di domare, costringeva la materia a farsi forma”

il consiglio di Andrea Carosso

Doroty Baker
LA LEGGENDA DEL TROMBETTISTA BIANCO
ed.orig. 1962, trad.dall’inglese di Stefano Tummolini
pp. 234, € 16.90
Fazi editori, Milano 2015

Dorothy Baker - La leggenda del trombettista bianco“Quella che sto per scrivere è la storia della vita di Rick Martin, ora che è finita, ora che Rick è crepato e si gode, come dicono, l’eterno riposo.” Così si apre il prologo de La Leggenda del trombettista bianco, prima prova editoriale, nel 1938, di Dorothy Baker. Rick è il trombettista bianco del titolo, di cui la storia ripercorre le vicende, in un lungo flashback, da quando, nel pieno dei ruggenti anni Venti, arriva a Los Angeles dalla Georgia a seguito degli zii che lo hanno adottato. Rick è di famiglia povera, va malissimo a scuola ma ha un orecchio speciale per la musica. Il più delle volte, invece che a lezione, passa intere giornate a imparare, da autodidatta, il pianoforte alla Missione delle Anime, una chiesa afro-americana vicino a casa dove le porte sono sempre aperte ma, durante il giorno, non si vede mai un’anima. Dopo qualche mese diventa bravissimo a suonare l’intero libro degli inni sacri e abbandona definitivamente la scuola, dividendo le sue giornate tra la Missione e il lavoro in una sala da bowling. Qui conosce Smoke, batterista jazz nero di qualche anno più grande di lui, che sbarca il lunario lavando i pavimenti. Lentamente Rick e Smoke diventano amici, superando la barriera razziale che in quegli anni è impedimento tutt’altro che lieve. Rick impara da Smoke i rudimenti della musica nera: i blues innanzitutto, quelli urbani, “un po’ più smaliziati e metropolitani del tipico, accorato blues dei negri del profondo Sud, con la stessa radice malinconica ma un padre più giovane e forse un tantino bianco”. Poi convince Smoke a portarlo ad ascoltare il jazz e, poiché “a Los Angeles c’è un buon clima [e]l’autunno è relativamente mite”, i due passano serate intere seduti su un gradino fuori dal Cotton Club, dove si esibisce ogni sera l’orchestra di Jeff Williams, interamente composta da musicisti di colore.

È ascoltando le esibizioni travolgenti di quel quintetto che Rick decide di voler imparare a suonare la tromba (per l’esattezza, il flicorno), “forse è perché quando la suoni ce l’hai più vicina alla testa”, o forse perché ha capito che la perfezione di Williams, anch’egli un pianista, è inarrivabile. Con formidabile determinazione, e con l’aiuto del trombettista di Williams, Rick non solo impara i rudimenti della tromba, ma diventa eccezionalmente bravo. Poi, intorno ai vent’anni, compie il grande salto: “Suonava con dei quintetti e sestetti dalle parti di Los Angeles, e un giorno fu scoperto da Lee Valentine, che […] non se lo fece ripetere due volte: mise Rick sotto contratto e se lo portò a New York col resto della band.” In tournée con Valentine, Rick Martin si afferma come musicista puro e straordinario, capace di mettere insieme il meglio della musica bianca e nera: “Aveva nel sangue il desiderio di domare, di costringere la materia a prendere forma”. Ma la determinazione a spingersi sempre oltre le proprie abilità, il bisogno di non dormire per inseguire quel sogno del suono perfetto, l’arrangiamento perfetto, la perfetta combinazione di strumenti ed elementi tematici, lo fanno precipitare nell’abisso ben noto per molto artisti: la dipendenza dall’alcol e l’incapacità di tirarvisi fuori. Rick muore, giovanissimo, non ancora trentenne.

Bix Beiderbecke

Bix Beiderbecke

Oggetto in questi anni di nuova attenzione editoriale negli Stati Uniti, Dorothy Baker non ascese mai all’olimpo della letteratura americana, ma questo suo La Leggenda del trombettista bianco, ben tradotto da Stefano Tummolini, si guadagnò subito l’appellativo di “primo romanzo jazz” – e meritatamente, perché questa è una storia in cui la musica jazz è ingaggiata con attenzione e competenza ai temi, al linguaggio e all’estetica. Come dice una nota introduttiva, la storia si ispira alla musica (“ma non [alla]vita”) di un prodigio del jazz degli anni venti, Bix Beiderbecke, trombettista bianco autodidatta che suonò nelle maggiori orchestre del tempo, compresa la più celebre di tutte, l’orchestra del “Re del Jazz” Paul Whiteman, anticipando le sonorità “cool” che si affermeranno nel dopoguerra. Così come Rick appare disinteressato a fare distinzioni sulla base del colore della pelle, Bix fu fortemente critico della segregazione razziale che impediva a musicisti bianchi e neri di registrare insieme. Non diversamente da Rick, fu l’abuso di whiskey che condusse Bix Beiderbecke a morte prematura nel 1931, a soli ventotto anni.

andrea.carosso@unito.it

A Carosso insegna letteratura e cultura anglo-americana all’Università di Torino.

#SpecialeNatale: Siamo a dicembre, tempo di regali, libri, consigli. Abbiamo chiesto a collaboratori e amici dell’Indice di indicarci il libro che regalerebbero o regaleranno a Natale. Nuovo o vecchio, di ieri o di oggi, un classico o un fumetto, poco importa. L’importante è che sia un libro del cuore.