Seamus Heaney – Poesie scelte e raccolte dall’autore

Qualcosa che la marea non porterà via

recensione di Irene De Angelis

dal numero di febbraio 2017

Seamus Heaney
POESIE SCELTE E RACCOLTE DALL’AUTORE
a cura di Marco Sonzogni
pp. CXL-1194, € 80
Mondadori, Milano 2016

Seamus Heaney - PoesieIl 30 agosto è uscito il Meridiano Mondadori dedicato a Seamus Heaney, poeta irlandese insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1995. La ricorrenza scelta per tale pubblicazione, attesa da lungo tempo, è il terzo anniversario dalla scomparsa dell’autore. Si tratta di un Meridiano del tutto sui generis per la calorosa partecipazione con cui è stato realizzato. A Marco Sonzogni sono state affidate la curatela e parte della traduzione, nonché il ricco apparato di note che correda il volume. A Piero Boitani si deve invece il saggio introduttivo Dalla terra al vento, un ampio excursus che abbraccia l’intera opera poetica di Heaney. Nell’ultimo quinquennio della sua esistenza, Heaney aveva collaborato intensamente con Sonzogni alla preparazione di questo Meridiano, un’autoantologia che sarebbe dovuta uscire in occasione del settantacinquesimo genetliaco del poeta. La sua morte interrompe bruscamente tale progetto, ma nel 2014 la casa editrice Faber and Faber pubblica sia un volume postumo, New Selected Poems 1988-2013, sia la ristampa del precedente New Selected Poems 1966-1987, la cui prima edizione risale al 1990. Il Meridiano dedicato a Heaney fonde per la prima volta queste due pubblicazioni, offrendo ai lettori italiani quasi cinquant’anni di vita in versi. Le traduzioni sono firmate da eminenti studiosi quali, oltre a Sonzogni, Massimo Bacigalupo, Luca Guerneri, Gabriella Morisco in collaborazione con Anthony Oldcorn, Roberto Mussapi, Francesca Romana Paci e Gilberto Sacerdoti. Il volume si chiude con Sia dato credito alla poesia, la traduzione (anch’essa di Sonzogni) del discorso pronunciato da Heaney per l’accettazione del Nobel.

“Tra il mio pollice e l’indice riposa / la tozza penna. / Scaverò con questa”

Robert Lowell ha definito Heaney il più importante poeta irlandese dopo William Butler Yeats, insignito anch’egli del Nobel nel 1923. Yeats morì il 28 gennaio 1939, mentre Heaney nasceva il 13 aprile dello stesso anno nella Contea di Derry. Come afferma Massimo Bacigalupo, “non è un caso di reincarnazione (anche se Yeats ci credeva), ma è una bella coincidenza che due dei maggiori poeti del Novecento si siano per così dire passato il testimone”. Yeats era anglo-irlandese e protestante, Heaney di estrazione rurale e cattolica. Il primo era “poeta cosmico, apocalittico, selvaggio e pazzo”, il secondo indica invece “una via domestica della poesia, che pure non rinuncia alle sue visioni”. La vocazione poetica di Heaney risale agli anni sessanta ed è profondamente legata a “radici vive” che “si ridestano nella mente”. I suoi modelli sono Wordsworth e i poeti laghisti, accanto a Gerard Manley Hopkins, al conterraneo Patrick Kavanagh e a Ted Hughes. Egli è profondo conoscitore di Dante e Virgilio e traduttore di Pascoli, altro poeta della terra. Sin dall’ormai iconica lirica Scavare, pubblicata in Morte di un naturalista (1966), il poeta paragona la scrittura al lavoro condotto nei campi da suo padre e da suo nonno prima di lui. “Tra il mio pollice e l’indice riposa / la tozza penna. / Scaverò con questa”. La metafora dello scavo si arricchisce di significati sempre più complessi quando la storia irrompe nella natura sotto forma di violenza settaria. Sono gli anni dei Troubles, i sanguinosi “tumulti” che lacerano l’Irlanda. Heaney lascia il Nord per stabilirsi con la famiglia nella Repubblica, e sente gravare su di sé il crescente peso della responsabilità civile. Il 1975 vede la pubblicazione di Nord, in cui Heaney evoca i Troubles in modo “obliquo” proiettandoli nell’“altrove” dello Jutland, nelle cui torbiere erano state di recente ritrovate delle mummie risalenti all’Età del Ferro, che portavano traccia di antichi e sanguinosi riti pagani legati alla fertilità. Tale è la genesi di L’uomo di Tollund e delle altre cosiddette Bog Poems. Pur non rinunciando alla rappresentazione più diretta della violenza, poiché la sua coscienza è vigile e ardente, Heaney si rifugia in una dimensione simbolico-allusiva che gli permette di evitare i rischi della facile retorica e dell’astrazione.

Le opere successive, da Lavoro sul campo (1979) a La lanterna del biancospino (1987), oscillano tra temi pubblici e privati. Mentre la Storia continua a portare con sé dolorose cicatrici, Heaney è ulteriormente segnato, nel giro di pochi anni, dalla perdita di entrambi i genitori. L’impermanenza e la fugacità della vita diventano temi predominanti nella sua produzione poetica, come negli splendidi versi di Spazi vuoti, ispirati alla scomparsa della madre, “una delle più alte e commoventi elegie mai composte in lingua inglese”, afferma Boitani. A partire da Vedere le cose (1991), raccolta che cronologicamente segna lo spartiacque tra i due volumi di Selected Poems da cui è tratto il Meridiano, Heaney smbra abbandonare sempre più la storia per dedicarsi a crediting marvels, dar credito ai prodigi. Appartiene a questo periodo la rappresentativa lirica Illuminazioni VIII, in cui Heaney immagina che una nave appaia nel cielo mentre un gruppo di monaci è intento nella preghiera. “Quando il grosso scafo si fermò oscillando // un marinaio si calò giù per la corda / e cercò di liberarla. Invano. / “Quest’uomo non può sopportare la nostra vita / e annegherà” disse l’abate, “a meno / che non gli si dia aiuto”. Il che fu fatto, / la nave, libera, ripartì e l’uomo // risalì, uscendo dal meraviglioso / come l’aveva conosciuto lui”. Il poeta cerca una mediazione tra mondo terreno e ultraterreno, e in tal modo aiuta a vedere le cose, rendendo accessibile la loro dimensione meravigliosa e miracolosa prima che sfugga alla nostra attenzione.

I tre volumi pubblicati da Heaney nel primo decennio del ventunesimo secolo sono Luce elettrica (2001), District e Circle (2006) e Catena umana (2010). Nella prima raccolta spiccano i Sonetti dall’Ellade, che includono Le stalle di Augia, scritta in risposta all’omicidio di Sean Brown, di Bellaghy. L’uomo, che Heaney conosceva personalmente, fu rapito e ucciso da una gang lealista il 12 maggio 1997. Nei suoi versi colmi di rabbia, Heaney evoca quella brutale uccisione, avvenuta sull’asfalto del parcheggio “dove il suo sangue di atleta si raffreddò”. In District e Circle la violenza riemerge invece in Tutto può accadere, una traduzione oraziana tratta dalle Odi (I, 34) che si riferisce implicitamente all’attacco terroristico dell’11 settembre 2001: “Tutto può accadere, le torri più alte // essere abbattute, chi sta in alto intimorito, / chi in basso riconsiderato”. La dolorosa coscienza della mortalità pervade infine l’ultima raccolta, Catena Umana, in cui Heaney evoca con rimpianto le figure dei propri genitori (Album), e sente su di sé il peso crescente della vecchiaia, con i postumi dell’ischemia del 2006, cui allude in Chanson d’Aventure e Miracolo.

In La livella e lo spirito (1996) Heaney scriveva: “Anche la linea punteggiata tracciata dal bastone di mio padre / sulla spiaggia di Sandymount / è qualcosa che la marea non porterà via”. I versi ricordano la prima sezione dell’Ulisse di Joyce, in cui riecheggia il suono del bastone da passeggio di Stephen, ma la spiaggia è allo stesso tempo un simbolo dell’eternità. La magnifica selezione del Meridiano dedicato a Heaney, moderno bardo d’Irlanda, è una calorosa celebrazione della sua poesia, concepita come dono, miracolo e grazia abbondante. “Qualcosa che la marea non porterà via”.

irene.deangelis@unito.it

I De Angelis è ricercatrice di letteratura inglese presso l’Università di Torino

Febbraro e Heaney a confronto: per una critica non ermeneutica

Il Segnale di Maria Chiara Fenoglio sul lavoro di Paolo Febbraro Leggere Seamus Heaney (pp. 191, € 17,50, Fazi, Roma 2015) pubblicato sul numero di Luglio/Agosto 2015: La poesia è un albero posto al confine tra due nazioni.