Giorgio Ausiello – Algoritmi, monaci e mercanti

Una nuova disciplina di incognite, valori e costanti

di Gabriele Lolli

Giorgio Ausiello
Algoritmi, monaci e mercanti

Il calcolo nella vita quotidiana del Medioevo
pp. 220, € 18,
Codice, Torino 2022

Il titolo del libro propone accostamenti insoliti ma il suo intento è espresso nel sottotitolo: illustrare la vita quotidiana nel Medioevo e il ruolo che vi ha avuto il calcolo aritmetico. Prima i monaci l’hanno introdotto traducendo le opere della cultura araba, incluse quelle greche e latine da quella recuperate, e mostrando come i rudimenti fossero insegnabili; poi i mercanti l’hanno imparato e usato, e hanno gestito loro delle scuole per diffonderlo e potenziarlo, rendendo così realtà la loro egemonia, la creazione di una nuova economia che ha rappresentato una prima vera esperienza di Europa allargata e senza patrie. I monasteri recuperano, i mercanti rilanciano.

L’esposizione non è frutto di ricerche originali dell’autore, ma di un’attenta ed estesa lettura degli studi storici sicché grazie alla guida delle sue competenze d’informatico il libro, sintetico e completo, può sostituire nelle nostre librerie un intero ripiano di opere dedicate all’argomento. La raccolta di notizie e informazioni fornisce un convincente panorama sulla civiltà dei mercanti, i quali soprattutto dal XII al XIV secolo coprivano Europa, Mediterraneo, medio Oriente. Le loro attività sono descritte con vivacità: come lavoravano, come si organizzavano, come curavano la preparazione necessaria, soprattutto di calcolo, in un teatro operativo dove si presentava una varietà incredibile e impressionante di diverse valute e di unità di misure che richiedevano per gli scambi calcoli continui, urgenti e non semplici, e problemi nuovi (gestione di contabilità, divisione d’investimenti e profitti tra i soci, leghe per coniare monete di diverso valore). A queste difficoltà posero rimedio con le scuole dedicate, le cosiddette scuole d’abaco, comunali o private. (L’abaco è una tavola con scanalature per fare operazioni con numeri interi ponendo gettoni in ogni scanalatura a rappresentare la cifra decimale corrispondente, una specie di pallottoliere più efficiente perfezionato da Gerberto d’Aurillac, papa come Silvestro II nel 999, ancora in uso in Russia fino a tempi recenti. Abaco in questo contesto equivale a calcolo). Nel XIV secolo a Firenze il 25 per cento dei maschi giovani frequentava queste scuole, più di milleduecento studenti all’anno. In Italia, in particolare in Toscana per la quale si hanno dati, si sa che i ragazzi iniziavano a frequentarle a undici anni, per almeno due; anche Machiavelli fu tra questi. Inoltre i mercanti non organizzavano solo le scuole di abaco, raccoglievano e distribuivano informazioni sulle dogane, sulle merci (dove si trovavano e a quali prezzi), sui viaggi, i calendari delle fiere. Le compagnie mercantili erano sotto vari aspetti il corrispondente delle attuali multinazionali, battevano moneta, facevano anche prestiti ai re.

L’autore all’inizio traccia brevemente i contributi delle civiltà precedenti a quella occidentale, dal punto di vista del bagaglio di matematica, molto povero per un lettore odierno, che questa volta non potrà lamentarsi di difficoltà eccessive. I primi capitoli sono dedicati all’antichità, cominciando da quando si hanno documenti, Egitto, Cina, India, Grecia, poi al periodo aureo arabo (dall’VIII al XII secolo). L’Europa, dopo il buio seguente al disfacimento dell’impero romano, riparte con una ripresa economica e culturale sotto Carlomagno (circa 800 d.C.) e con l’attività delle cattedrali, dei monasteri e delle corti. Per i monaci il calcolo che interessava era quasi esclusivamente quello della data di Pasqua, il computus per antonomasia, e di altre feste comandate. I primi testi innovativi, a partire da Alcuino di York (732-804), presentano per l’educazione dei giovani giochi logici espliciti o sotto forma di problemi: problemi di inseguimento, di testamento, eredità, lasciti, problemi del mucchio (dalla scomposizione di una grandezza in varie frazioni risalire alla grandezza). La rithmomachia, o battaglia dei numeri, era un gioco diffuso nelle corti con pedine per conquistare le quali si dovevano fare molti calcoli, sia pur solo con numeri interi, ma allora si usava ancora la notazione dei numeri romani. I giochi saranno poi sempre presenti nell’insegnamento.

Tra il X e XII secolo si ha una vera rinascita culturale, le prime università, da Bologna a Napoli e Parigi; in Spagna soprattutto si rendono accessibili i testi arabi tradotti in latino nei monasteri; ne segue l’arrivo decisivo, epocale delle cifre indo-arabe. Gli ultimi tre capitoli sono la parte centrale della storia, che inizia con Leonardo Pisano, detto Fibonacci (1170-1242 ca.), figlio di un mercante e lui stesso tale all’inizio, e arriva alle soglie dell’Umanesimo. Il Liber abaci del Pisano, che si rifà direttamente alle opere di Abdallah al-Khwarizmi (780-850), originario dalla Corasmia (a est dell’Iran, sotto il lago d’Aral), cultore anche di astronomia, geografia e calendari, e che sarà il modello principale dei successivi con titoli simili, è riassunto dettagliatamente: le quattro operazioni (la moltiplicazione vista come prodotto di due polinomi nella base dieci), equazioni di primo grado con anche le soluzioni nulle e negative e con le radici quadrate dei numeri positivi, le proporzioni, la formula del quadrato del binomio, anche equazioni di secondo grado, cioè le prime incursioni nell’algebra. La quale è trattata in modo retorico, cioè con parole della lingua comune: res (cosa) per l’incognita, census (valore, somma di denaro) per il suo quadrato, numerus per le costanti. Si forma allora una nuova disciplina, quella degli algorismi: il nostro “algoritmo” deriva dal nome di al-Khwarizmi, ma per tutto il periodo considerato è usata la dizione “algorismo”, e qualcuno l’ha giustificata con la falsa derivazione etimologica da “arte” e “numero”, rispettivamente algo e rismus in arabo. Fibonacci espone anche una matematica più avanzata, parla dei numeri primi, estende i calcoli ai numeri frazionari, alle equazioni indeterminate; ha scritto pure di geometria e su problemi algebrici con quadrati. Il problema dei conigli introduce la famosa successione di Fibonacci.

È curioso scoprire come a poco a poco si sia formata l’attuale presentazione dei calcoli, dall’uso dei punti ogni tre cifre per semplificare la lettura all’organizzazione dei calcoli parziali con riporto che facciamo per la moltiplicazione (già come la nostra ma in un ordine diverso, a scacchiera), regole dimenticate per risolvere proporzioni riducendole a divisioni, regole non più usate e poco note come quella della falsa posizione e quelle del tre semplice e composto; l’autore si limita a mostrare esempi di soluzioni, a differenza di un vecchio studio precedente del 1987, Capitalism & Arithmetic, di Frank J. Swetz (Open Court Pub Co), un complemento di questo dedicato tutto al XV secolo, dove erano spiegate. Nonostante la scrittura decimale, siamo avvertiti che in pratica si è continuato a lungo con il calcolo digitale, che non è quello di oggi ma la rappresentazione di tutti i numeri da 1 a 9999 in base alla posizione delle dita delle due mani, usato nell’antichità da varie popolazioni e sempre comodo negli scambi verbali; anche le cifre romane almeno per piccoli numeri restarono a lungo in uso.

La narrazione fornisce innumerevoli dati soprattutto dal XII al XV secolo su una molteplicità di testi, nei quali s’intravedono puntate verso argomenti più difficili, come alcune equazioni di grado superiore. Si conoscono in Italia duecentoventi trattati di abaco e geometria tra il 1260 e il 1500, in lingua volgare; quasi ogni maestro, spesso in trasferta, chiamato in altra città, scriveva il suo testo; nel libro sono riassunti i contenuti di alcuni di questi, di Paolo dell’Abbaco, fine Duecento, e di Paolo Gherardi, di Jacopo da Firenze, inizio Trecento. Si forma una professione di maestro d’abaco, e un’associazione per contrattare i compensi. L’italiano era lingua franca dei mercanti in Europa; solo nel XV secolo appaiono libri d’abaco tedeschi. Anche Piero della Francesca ha scritto un Trattato d’abaco tra il 1450 e il 1460, prima di quelli di geometria e ottica. Larte de labbacho, nota anche come Aritmetica di Treviso, di anonimo, nel 1478 è primo testo matematico stampato al mondo.

Un’analogia suggestiva, oltre a quella tra compagnie mercantili e multinazionali, è suggerita alla fine della sua storia da un’ultima osservazione dell’autore, che fissa nella comparsa della stampa la chiusura del periodo considerato. La stampa rese inutile la scrittura di testi in ogni scuola, e quindi in certa misura fermò la ricerca di nuovi metodi con una partecipazione democratica, rendendo obsolete le scuole nei periodi successivi, sicché lo sviluppo della matematica prese nei secoli seguenti un’altra direzione per quel che riguarda l’organizzazione e il contenuto; divenne più teorica con la riscoperta e circolazione delle opere di Euclide, Archimede, Diofanto. Possiamo comparare l’avvento della stampa a quello odierno del computer, sia pure in una direzione opposta: il calcolo torna a prevalere, se non nella ricerca nell’uso, nell’utilità immediata e nell’insegnamento.

gabrielelolli42@gmail.com

G. Lolli è professore emerito di matematica alla Scuola Normale di Pisa