Bernard Malamud, un grande classico dalla lunga carriera

L’intima condivisione del dolore

di Eléna Mortara

Il cofanetto rosso che raccoglie Tutti i racconti di Bernard Malamud (Tutti i racconti, – vol. I 1940-1962, vol. II 1963-1985 – traduzioni di Giovanni Garbellini, Igor Legati, Vincenzo Mantovani, Donata Migone e Ida Omboni, prefazione di Emanuele Trevi, € 30, pp. 1004, minimum fax, Roma 2020) offre, nei suoi due volumi, una emozionante esperienza di lettura, di cui dobbiamo essere grati a minimum fax. Questa casa editrice, che nella sua collana dei “Classics” ha via via riproposto all’attenzione dei lettori italiani tutti i romanzi e una parte dei saggi del grande scrittore americano, ha ora riunito nel fiammeggiante cofanetto la sua intera produzione di racconti, scritti nei quarantacinque anni della sua carriera dal 1940 al 1985. Anche chi avesse precedentemente letto i racconti di Malamud così come usciti nelle originarie quattro raccolte, del 1958 Il barile magico, del 1963 Prima gli idioti, del 1969 La Venere di Urbino, alias, Ritratti di Fidelman, del 1973 Il cappello di Rembrandt, e quelli usciti postumi nella prima parte di Il popolo (1989) – opere tutte prontamente tradotte in italiano e pubblicate da Einaudi a breve distanza di tempo –, anche costoro possono ora riscoprire lo scrittore in una luce nuova, avendo qui la possibilità di seguire l’intera evoluzione di questo maestro della forma breve del narrare. I cinquantacinque racconti riuniti nel cofanetto, infatti, sono presentati non secondo la sequenza in cui comparvero nelle raccolte, ma rispettando nel modo “più accurato possibile” l’ordine cronologico di composizione dei testi, con la data di prima pubblicazione indicata tra parentesi sotto al titolo. Alcuni racconti erano usciti solo su rivista, altri sono addirittura inediti.

Molte dunque le scoperte per il lettore. Interessante è, ad esempio, il primo racconto, Armistizio – scritto nel 1940, durante la breve stagione in cui Malamud ventiseienne, figlio di ebrei immigrati dalla Russia, si era trasferito dalla nativa Brooklyn a Washington per lavorare come impiegato presso l’Ufficio del censimento – che affronta in maniera diretta il tema della contemporanea invasione nazista della Francia e quello delle persecuzioni naziste degli ebrei, mostrando l’effetto di queste vicende sulla vita nel quartiere scandinavo di Brooklyn di un piccolo negoziante di generi alimentari, un anziano immigrato dalla Russia memore di un pogrom subito da ragazzo nel vecchio mondo, ora assillato dalla paura per le drammatiche notizie provenienti via-radio dall’Europa e angosciato dal filonazismo di un suo fornitore non ebreo. La capacità di raccontare in forma così concreta e immediata, attraverso dialoghi e descrizioni, le angosce del presente contraddice la visione di un Malamud avulso dalla contemporaneità, tramandata da parte della critica anche sulla base delle audaci contestazioni mossegli dal giovane Philip Roth, in un suo famoso saggio del 1960 sulla narrativa americana. Nella conclusione del racconto, il punto di vista del narratore si sposta con guizzo improvviso dal negoziante ebreo, Morris Lieberman (Morris, lo stesso nome proprio dell’infelice negoziante di alimentari protagonista del fondamentale romanzo del 1957, The Assistant, alias Il commesso, o, nei “Meridiani” Mondadori, Il giovane di bottega), trasferendosi nella mente del suo antagonista Gus Wagner, il fornitore filonazista, che esce furente dal negozio e col suo furgone corre lungo le strade della città con la sensazione di guidare un feroce carro armato: il passaggio a questo opposto punto di vista è fulmineo e documenta la straordinaria capacità di immedesimazione e di empatia per le diverse figure umane che caratterizza questa scrittura.

È proprio l’empatia umana, l’intima condivisione del dolore di cui è sostanzialmente fatta la vita di ognuno, che costituisce la nota di fondo di questo raccontare. Malamud è un osservatore partecipe delle vite altrui, e nel susseguirsi dei suoi racconti ci fa immergere nella vita dei piccoli abitanti della sua Brooklyn, nelle loro angosce e nelle loro speranze, nei piccoli drammi della vita quotidiana, causati talvolta dalle avverse condizioni economiche, in un mondo che cambia, e assai spesso dalla difficoltà delle relazioni umane. Lo scenario più frequente è il piccolo negozio, in cui il protagonista vive rinchiuso come in una prigione, o sono le quattro mura di casa, luoghi di scontri famigliari o di solitudine urbana, oppure i parchi, dove gli sconosciuti si osservano e talvolta si incontrano conversando seduti sulle panchine, o le strade della città. Poi, via via, con la maturità, i viaggi in Europa e l’ampliarsi delle esperienze dello scrittore, gli scenari si modificano, e vi è tutta una serie di racconti che hanno per protagonista un pittore, Fidelman, e che si svolgono in Italia. Ma, pur modificandosi i luoghi e le situazioni, la nota di fondo è sempre quella, splendidamente riassunta nel titolo del primo racconto dello scrittore pubblicato nel 1950 su una rivista di rilevanza nazionale, “Harper’s Bazaar”, il primo, storico racconto per il quale diceva di aver ricevuto un compenso: The Cost of Living (Il costo della vita). Il vivere è duro e difficile, è schwer (termine yiddish), nel mondo di Malamud, e la pietà, la commozione per queste vite è quella che muove lo scrittore nel suo impegno di artista della parola, teso nel compito gravoso di comunicare quello che spesso è incomunicabile. Di qui il guizzo ironico che sotterraneamente attraversa questa scrittura, l’attenzione maniacale alla chiarezza dell’espressione, e insieme la necessità di inventare forti immagini allusive, che comunichino e fissino in maniera indelebile il senso profondo di quanto rappresentato.

I due volumi contenenti i racconti di Malamud ci permettono di seguire l’evolversi nel tempo di questa scrittura magistrale, dai racconti degli esordi negli anni quaranta del Novecento, a quelli straordinari e più noti degli anni cinquanta e sessanta, via via fino agli ultimi racconti del 1983-85 impregnati per lo più di grande tristezza, che ci fanno condividere illusorie, tardive speranze di primavera, e momenti di rivelazione di vite irrealizzate. Gli ultimi due racconti della raccolta sono eccezionalmente dedicati alla vita di due personaggi femminili noti, Virginia Woolf e Alma Mahler, e mostrano uno scrittore che cerca nuove vie espressive, e che, abbandonando la sua abituale chiarezza di racconto, sembra voler dipingere i suoi ritratti di vita con una successione di pennellate alla Pollock, unendo frammenti di realtà sulla tela: una sperimentazione letteraria non ancora risolta, una ricerca di variazione, interrotta dalla morte improvvisa nel 1986.

La raccolta di tutti i racconti di Malamud era uscita negli Stati Uniti a cura dello storico editor di Malamud Robert Giroux nel 1997 ed è stata inizialmente pubblicata in italiano in due volumi da Einaudi nel 2001. Questa nuova edizione di minimum fax è arricchita da una ampia prefazione di Emanuele Trevi e da note biobibliografiche a cura di Andreina Lombardi Bom; inoltre, le traduzioni originariamente pubblicate da Einaudi sono state riviste da Giovanni Garbellini. Molto utile è l’indice completo dei racconti posto alla fine di entrambi i volumi. I racconti vengono elencati dapprima “per raccolta”, cioè nell’ordine in cui sono usciti nelle successive raccolte di racconti, poi in ordine alfabetico, sempre con accanto l’indicazione di dove si trovino nei due volumi, e infine nell’ordine cronologico di composizione in cui si susseguono in ciascun volume: un incrocio di dati, prezioso per il lettore e per lo studioso. All’interno del cofanetto rosso, i due volumi di un rosso altrettanto smagliante presentano sul dorso e nella parte limitrofa della copertina l’immagine in bianco e nero dello scrittore maturo, che, ripreso in piedi in un contesto domestico, ci guarda dietro ai suoi occhiali, con le mani in tasca e il suo sorriso timido e melanconico. Nel secondo volume, l’immagine viene fatta slittare verso il dorso, in modo che si veda solo una parte della stessa figura, dietro cui si intravede meglio una porta. Questa raffinata variazione grafica sembra suggerire l’uscita di scena dello scrittore e il suo scomparire, lasciando a noi la sua opera.

mortara@lettere.uniroma2.it

E. Mortara insegna lingua e letteratura anglo-americana all’Università Tor Vergata di Roma