Caterina Edwards – Riscoprendo mia madre

Caterina Edwards
Riscoprendo mia madre
Una figlia alla ricerca della madre

ediz. orig. 2009, traduzione dall’inglese di Sabrina Rega
pp. 334, € 18
Les Flâneurs Edizioni, Roma, 2021

Il memoir di Caterina Edwards è un omaggio alla propria madre, malata di Alzheimer. In termini di genere letterario, questa narrazione autobiografica, dal punto di vista di una figlia, care-giver che si prende cura della madre, si affianca a un filone ormai nutrito in Canada, che annovera romanzi, racconti brevi e graphic novel di “medicina narrativa”. La malattia di Alzheimer, in particolare, è stata esaminata in relazione ad un vasto corpus letterario dalla studiosa Marlene Goldman, nel saggio Forgotten. Narratives of Age-related Dementia and Alzheimer’s Disease in Canada (2017). Tuttavia, la narrazione di Caterina Edwards si legge anche come un romanzo storico, poiché il percorso biografico materno e autobiografico filiale si connota come racconto di migrazione. Rosa è emigrata dall’Italia in Inghilterra per aver spostato un ufficiale inglese verso la fine della seconda guerra mondiale, poi, dall’Inghilterra al Canada e questo fa di Caterina un’esponente della seconda generazione italo-canadese. Il mistero che dà avvio alla narrazione è una discrepanza tra la data di nascita di Rosa e la data riportata sul passaporto. Qualcosa non torna, e quando ormai la memoria non sostiene più Rosa, Caterina comincia una ricerca negli archivi italiani, a Venezia, presso le parrocchie, per verificare i registri battesimali, e a Lussino, ora in Croazia, dove ancora vivono i “rimasti”, gli Istriani che hanno resistito alla Storia, che non sono emigrati quando l’Istria ha cessato di essere territorio italiano. Non tutte le migrazioni sono uguali, né per motivazioni, né per le circostanze storiche, politiche e materiali in cui si verificano. Nel caso dell’Istria, l’emigrazione di massa è stata forzata, non volontaria. Chi è rimasto, in qualche caso ha cambiato il proprio cognome, slavizzandolo, ma comunque è rimasto in terra straniera, dove oggi sempre meno si parla italiano.

Rosa era tra coloro che dall’Istria sono stati destinati a un campo profughi in Sicilia. Ostracizzati in un’Italia impoverita dalla prima e poi dalla seconda guerra mondiale, gli Istriani si sono sentiti come un corpo estraneo e sono emigrati in Canada, negli Usa, in Australia e in Argentina dando vita a una vera diaspora, soprattutto nel “grande esodo” del 1947. Caterina ricostruisce con pazienza la vita di Rosa, una ragazza costretta a lasciare la vita che conosceva e a cercar lavoro a Venezia, come domestica presso una famiglia abbiente. Abituata a lavorar sodo, a mantenere un profilo integerrimo, giovane e sola, Rosa sviluppa un carattere forte e autoritario, sempre sulla difensiva. Quando si ritroverà poi in Inghilterra a vivere presso i suoceri, soffrirà la solitudine e non supererà mai definitivamente l’ostacolo di una lingua non sua. Negli ultimi anni di vita Rosa manifesta forse in modo più acuto questo suo rifiuto della lingua inglese, esprimendosi in un idioletto tutto personale, in cui si mescolano anglicizzazioni dell’italiano e l’idioma istro-veneto della sua infanzia. “Voglio andare a casa”, ripete spesso, vittima della propria confusione mentale. Caterina, figlia amorevole, però non sa a quale casa si riferisca. La casa dell’infanzia nell’Istria italiana? La casa di Edmonton dove viveva con suo marito, o la casa di Caterina, dove ha trascorso l’ultimo periodo. Caterina non nasconde la fatica e la fragilità della pratica della cura, ma non indietreggia nell’indagare la Storia del passato, per serbarne memoria. Ci restituisce il ritratto di una donna tenace che serbava in segreto la Storia dell’Italia e di una intera generazione che va scomparendo. 

Carmen Concilio
carmen.concilio@unito.it

Con una nota storica di Enrico Agostino Cesare Miletto:

Riscoprendo mia madre è un libro prezioso, capace di guidare il lettore nelle complesse vicende della Venezia Giulia, territorio di confine nel quale si intrecciarono, lungo il corso del Novecento, fascismo di confine, nazismo e comunismo titino, trasformando l’intera area in un luogo di tensioni, violenze e attraversamenti forzati di popolazione. Nelle pagine di Caterina Edwards troviamo, declinati su diversi binari, l’insieme di questi elementi che portano il volume a essere una vera e propria elegia istriana e dalmata, nella quale appare molto forte il legame con la memoria che richiama ai luoghi e alla terra di origine.
Il volume rappresenta però anche una lente di ingrandimento attraverso la quale passaggi cruciali come l’esodo giuliano-dalmata, richiamato dalla Edwards nelle sue differenti articolazioni che consentono di cogliere il ventaglio di motivazioni che ne costituirono la base e le condizioni di estrema sofferenza, materiale e morale, cui andarono incontro le circa 250.000 persone che intrapresero la via dell’esilio.
L’esodo, asse centrale nell’architettura storica del romanzo, ritorna anche attraverso le direzioni dei giuliano-dalmati (nazionali e transoceaniche), la loro condizione di profughi e la sistemazione in campi e centri di raccolta. L’esodo si coglie anche nello sguardo di chi resta, i rimasti, facendo emergere il trauma e lo spaesamento di quanti si videro proiettati, improvvisamente, in un mondo nuovo, la Jugoslavia socialista, che cancellava quello precedente. Pagine fortemente evocative, che ci consentono anche di riflettere sulla difficile e controversa accoglienza, sull’esclusione e sul pregiudizio che, al pari dello sradicamento forzato e dell’esilio, definirono la diaspora istriana.
Riscoprendo mia madre ricuce gli scampoli del patchwork istriano, affrontando gli altri grandi temi che scandiscono il lungo Novecento istriano e cioè il fascismo di confine con la sua politica di snazionalizzazione della popolazione slovena e croata e la duplice stagione delle foibe che interessò il territorio, con dimensioni numeriche differenti, nell’autunno 1943 e nella primavera del 1945.
Attraverso un attento e puntuale percorso di ricerca, Caterina Edwards interroga il passato senza pesi ideologici nel tentativo, pienamente riuscito, di comprendere fino in fondo il complesso capitolo di una storia che non è solo italiana, ma è dalmata, jugoslava e croata. In poche parole europea. Un approccio che rappresenta la dimensione alla quale occorre sforzarci di guardare.