Emissioni, energia e clima: le conoscenze che servono per decidere

Ma perché abbiamo aspettato tanto?

di Gabriele Lolli

Dovrebbe essere distribuito nelle scuole il bellissimo pamphlet di Andrea Tilche sulla crisi climatica; ispirate alle Lezioni di Calvino sulle qualità della letteratura da salvare nel prossimo millennio, queste guardano solo al periodo dei prossimi trent’anni, poi dopo il 2050 si apriranno irreversibili scenari da incubo se non sarà raggiunto l’obiettivo, deciso nell’accordo di Parigi del 2015, di azzerare le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione di combustibili fossili. Per semplicità e perché è il più chiaro e completo, la recensione si baserà sul suo lavoro, degli altri diremo alla fine. I combustibili fossili, carbone, petrolio e gas naturale, quando sono bruciati emettono anidride carbonica CO2. Questa nell’atmosfera è una componente del cosiddetto ciclo naturale del carbonio: alla morte di animali e piante il loro carbonio è trasformato da batteri e funghi in CO2 che entra nell’atmosfera, e di qui interviene nella fotosintesi dei vegetali che sono mangiati dagli animali (e poi dai carnivori che mangiano i vegetariani) che la digeriscono producendo energia per la crescita emettendo CO2.

L’uso dei combustibili fossili (che prima se ne stavano sotto terra), la deforestazione per espandere lo spazio coltivato, l’aumento della produzione di cemento (con emissioni di CO2 per la calcificazione di carbonati) – per indicare solo i fenomeni principali – hanno causato un progressivo aumento della concentrazione di COnell’atmosfera, che è passata da 270-80 ppm (parti per milione) del Settecento alle attuali 415 circa. La CO2 è un gas serra, nel senso che riflette gli infrarossi in ogni direzione, anche verso il basso. Gas a effetto serra meno presenti sono nell’ordine il metano, prodotto dalla degradazione di rifiuti umani e dalla digestione dei ruminanti (che però in una decina d’anni si degrada), l’ossido nitroso dai fertilizzanti azotati usati in agricoltura, e altri gas a base di fluoro. L’effetto serra è fondamentale per mantenere la temperatura su valori favorevoli alla vita, ma la temperatura media della superficie della Terra è cresciuta di 1,1° C dall’epoca preindustriale, e molto di più negli oceani; se crescesse ancora tra 1,5 e 2 si scioglierebbe il ghiaccio della Groenlandia provocando nel tempo la crescita degli oceani fino a 5-6 metri. (Breve riassunto del cap. 1, Conoscere, ricco di molte altre informazioni di base, con spiegazioni. Per i ghiacci naturalmente si rinvia a Peter Wadhams).

Forse più che ai ragazzi il libro dovrebbe essere distribuito ai loro insegnanti e soprattutto ai parlamentari, costituzionalmente incapaci di visioni generali e altruistiche. Tilche ha lavorato una vita per la Commissione europea e come rappresentante della stessa presso l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), poi ci è stato sottratto dalla Norvegia; è un esempio dell’alto livello della burocrazia europea; è abituato a discutere e convincere i politici, sa scegliere i dati essenziali che fanno presa senza essere troppo pesanti da valutare e ricordare, e anche sa argomentare in modo pacato e comprensibile ma nello stesso tempo appassionato e convincente. Il chiodo su cui batte per farlo entrare nella testa dei lettori è che anche se si riducessero (ma non a zero) le emissioni di anidride carbonica, la sua concentrazione nell’atmosfera continuerà a salire; è obbligatorio l’azzeramento delle emissioni.

Tilche non vuole illuderci che sia facile raggiungere emissione zero; non dice “basterebbe una tassa” sui combustibili fossili, anche se lo dice, ma sa che i padroni del vapore (l’epiteto è appropriato, perché tutto è cominciato con la macchina a vapore) mai lo permetterebbero; al contrario l’uso di combustibili fossili continua a ricevere sussidi pubblici (ancora nel 2017 circa il 6 per cento del Pil mondiale).

Il sistema attuale di produzione di energia è basato sullo spreco: per esempio l’efficienza di un motore di auto è di 25 per cento al massimo, tutto il resto è calore di scarto buttato nell’atmosfera. Per ogni operazione si preferisce universalmente una soluzione con basso costo di attivazione senza prevedere gli alti costi operativi; e ci si lamenta degli alti costi di impianto delle nuove tecnologie senza sapere o volere fare il calcolo dei costi successivi (nelle auto elettriche il costo di ricarica è molto basso; ugualmente le pompe di calore che lo trasferiscono da un mezzo a un altro hanno rese 3-4 volte superiori alle caldaie per riscaldamento). Sarebbe tutto il contrario se si dovesse tener conto di una tassa sui danni ambientali e alla salute, la cui entità però si potrà realisticamente valutare solo quando l’aria sarà pulita. Forse è bene che non basti una tassa, perché per riuscire nella decarbonizzazione è tutto da ripensare. Nel capitolo Immaginazione, Tilche affronta una varietà di problemi e ne scompone alcuni ricomponendoli con nuove soluzioni, ma non nasconde né problemi né ritardi.

La crescita della domanda di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili al posto dei fossili richiede per esempio un sistema di produzione e distribuzione diverso, da pochi grandi impianti a una rete di luoghi di produzione diffusi sul territorio e col flusso gestito informaticamente; e il bilanciamento della scarsità nei periodi non favorevoli con tecnologie di accumulo; e l’attivazione di utenze in base alla disponibilità; e interconnessioni delle reti nazionali. L’elettrificazione dei trasporti pesanti non è ancora risolta, le batterie sono troppo pesanti, si studia la dotazione alle autostrade di cavi sospesi sopra la corsia di destra a cui possano agganciarsi i camion, o la soluzione di mezzi di trasporto a idrogeno verde. Gli interessi tuttavia inquinano la discussione.

L’emissione di anidride carbonica nella produzione di cemento è un problema difficile (una tonnellata di cemento Portland corrisponde a una tonnellata di CO2) per il quale finora si sono sperimentati palliativi di riduzione e che spinge verso la sostituzione con legno resistente al fuoco, già ci sono edifici in legno di 80 metri di altezza. La ricerca è indietro per quel che riguarda la produzione dell’acciaio e anche per la chimica dove Tilche può citare solo alcune bioraffinerie per plastiche biodegradabili. Agricoltura e zootecnia sono “lo zoccolo duro per ogni strategia di azzeramento di emissione di gas a effetto serra”, per la responsabilità degli stessi ruminanti che contribuiscono per il 33 per cento all’emissione di metano. Per quello dei rifiuti esistono impianti di digestione anaerobica; per quello prodotto dalla digestione l’unica prospettiva è quella di ridurre la domanda di carne. Attualmente il 70 per cento dei terreni agricoli mondiali è destinato a colture per l’alimentazione animale, e non è sostenibile.

Un altro argomento critico è quello delle foreste. Circa il 13 per cento delle emissioni è dovuto alla deforestazione e alla bonifica di zone umide. In Europa la cattura di carbonio da parte delle foreste è superiore alle emissioni dal suolo, ma il bilancio è difficile da stimare. Programmi di riforestazione sono certamente essenziali per ricostituire il budget di carbonio sottratto alle foreste. Ma Tilche non vuole facili appelli ai sentimenti, quindi critica la mania di piantare alberi come se fosse la soluzione di tutti i problemi: pochi sanno che piantare foreste su aree non forestate diminuisce l’albedo e causa un aumento di temperatura. L’energia causata dal riscaldamento produce già eventi climatici estremi; le zone di acque fredde degli oceani stanno diventando più acide e scompaiono alcuni tipi di fitoplancton; con un ulteriore aumento nelle aree tropicali si presenterebbe la possibilità di sia pur brevi periodi non compatibili con la sopravvivenza (bastano cinque giorni consecutivi di calore superiore a 35°C con 100 per cento di umidità relativa, con sudorazione impossibile). I costi della non azione sarebbero ancora più alti, e impossibili.

Questa volta gli scienziati hanno fatto il loro dovere, anche se la necessità di ottenere un consenso universale “comporta un certo grado di conservatorismo”, riuscendo infine a scuotere i politici; in una ventina di anni dai primi avvisi si è arrivati al Rapporto dell’Ipcc (1990) e alla Conferenza di Rio sull’ambiente delle Nazioni Unite (1992) e sono iniziate le trattative tra gli stati. Ora l’obiettivo irrinunciabile è quello di limitare il riscaldamento a 1,5° C, “ancora possibile anche se molto difficile”.

Ma perché abbiamo aspettato tanto? si chiede Tilche nel capitolo Riflettere. A parte l’osservazione che “la politica internazionale è dominata dall’uso geopolitico delle risorse energetiche”, indica quattro fattori: resistenza di tutti gli stati a forme adeguate di tassazione sul carbonio; i conflitti d’interessi tra stati produttori, compagnie estrattrici, mondo bancario che gestisce la rendita petrolifera; le abitudini acquisite, per cui in un’indagine europea sulla disponibilità delle famiglie a modificarle ha mostrato l’alta adesione a misure a impatto quasi nullo come la riduzione dei vestiti nuovi del 30 per cento, e bassissima a quelle come i viaggi intercontinentali; la preferenza di opinioni parascientifiche e la negazione della scienza (USA al primo posto).

Ora la pubblicistica relativa è diventata enorme, ma questo non è un segno che la consapevolezza delle persone si sia radicata, al contrario. L’interesse sembra rivolto per ora, sotto lo stimolo martellante della pubblicità, alle occasioni di risparmio e migliori servizi, per lo stesso train de vie. Molti interventi sembrano solo pubblicità a sé stessi, come il proclama di Bill Gates (dieci anni ha impiegato a informarsi, si vanta, ma a che scopo? con che titolo?) o sono appelli emotivi come quello di Safran Foer (per “convincere qualcuno a fare qualcosa”) o incubi alla Stephen King come il racconto di Peter Wadhams. Non basta la paura: perché diventi una guida per le scelte politiche occorre che il problema sia interiorizzato con convinzione e questo può succedere solo sulla base di conoscenze, non informazioni, salde e precise. Il libro di Vaclav Smil sarebbe utile, se non spaventa. Ma di Smil i lettori possono sfruttare il più agile lavoro I numeri non mentono (Einaudi, 2021: cfr. “L’Indice” 2021, n. 6), con una quarantina di pagine dedicate all’elettricità e i suoi costi di produzione, e altre pagine distribuite nel testo hanno riferimento al clima, dove parlano di dieta mediterranea, consumo di carne, grano, trasporti, spreco di energia.

Sorprende la poca attenzione delle religioni, salvo un recente invito di papa Francesco a preoccuparci di trasmettere un pianeta abitabile alle prossime generazioni; sono molto sensibili alle scelte individuali di disporre della propria vita, mentre dovrebbero preoccuparsi del significato escatologico dell’eventualità di un possibile suicidio collettivo dell’umanità, e di spiegare come interferisce con il disegno divino della salvezza.

gabrielelolli42@gmail.com

G. Lolli ha insegnato filosofia della matematica alla Scuola Normale di Pisa