Alfred J.Cohen – Matrimonio sotto zero

Nozze di ghiaccio

di Camilla Valletti

Alfred J.Cohen
MATRIMONIO SOTTO ZERO
trad. dall’inglese di Luca Crescenzi, pp. 200, € 15
Mattioli 1885, Fidenza 2019

Siamo agli sgoccioli dell’Ottocento quando Alfred J. Cohen, più conosciuto sotto lo pseudonimo di Alan Dale, pubblica un romanzo che sconcerta tutta l’opinione pubblica inglese. Censurato in patria, sarà poi ripubblicato in America e infine ripreso da Mattioli che lo traduce per i lettori italiani. Sorprendente per temi e scrittura, il romanzo racconta un matrimonio sbagliato, inseguito con cocciutaggine dalla giovane protagonista. La ragazza è stata educata e istruita per accalappiare un buon partito secondo un preciso dettame tardo vittoriano. La madre, come nelle migliori battute di Jane Austen, è un’impicciona preoccupata soprattutto a causa dell’esaurirsi della sua rendita. Lanciata la ragazza nel più classico dei debutti, s’imbatte in un giovane dal profilo angelico e dall’aria malinconica. È di ottima famiglia ma soprattutto non indulge in sciocchi corteggiamenti. A lui si accompagna un tale colonnello Dillingher, una sorta di ombra molesta che non lo  abbandona mai, isolandolo dal resto del pubblico dei salotti. In società sono chiamati Damone e Finzia, in virtù dell’ironico richiamo al mito greco sul valore dell’amicizia tra uomini, così potente da sacrificare la vita. Nonostante alcuni segnali, la ragazza non recede e accetta la proposta di matrimonio del giovane Arthur. Lui la conduce nella sua proprietà di campagna dove la abbandona proprio la prima notte di questa stravagante luna di miele. Da quel momento in poi, Arthur si nega a qualsiasi possibile effusione che la povera ragazza, nella sua inesperienza, cerca di avanzare. Sempre più irritata, sempre più frustrata, infine la sposina scopre che Arthur ha affittato un appartamento a Notting Hill a Londra dove si incontra con il colonnello. La verità, quella che al lettore appare da subito evidente, finalmente s’impone sulla sventurata. L’epilogo drammatico chiude una vicenda che cerca di lavorare sulle convenzioni, sul matrimonio di facciata e sulle speranze di un destino diverso. Ricordiamo che l’ultima condanna a morte per sodomia fu comminata nel 1835 proprio a Londra.

Il romanzo non presenta alcun intento di denuncia, è semplicemente una comedy of manners scritta con lingua tagliente e sguardo vivisezionatore. La vera tragedia è l’incapacità di capire della protagonista, pur tanto perspicace su altri fronti. Una cecità davvero efficace che dimostra come l’omosessualità, all’epoca della stesura del romanzo, era indefinibile, priva di parole per dirla.