Angelo Calvisi – Genesi 3.0 | Speciale Book Pride

Nelle settimane che precedono Book Pride, la Fiera nazionale dell’editoria indipendente a Milano dal 15 al 17 marzo, la redazione dell’Indice online pubblicherà una breve serie di recensioni dei libri di cui si parlerà nei giorni della rassegna.

Uno spavento della natura

dal numero di marzo 2019

di Matteo Moca

Angelo Calvisi
GENESI 3.0
pp. 158, € 15,
Neo, Castel di Sangro, 2019

In Genesi 3.0 – romanzo pubblicato dalla coraggiosa casa editrice Neo, responsabile, in tempi recenti, di Cometa di Gregorio Magini e La madre di Eva di Silvia Ferreri – si legge di una nuova creazione, quella che segue una guerra distruttiva di cui nulla sappiamo, ma di cui possiamo solo immaginare le conseguenze catastrofiche per un’umanità adesso abbruttita e soggiogata da un regime invisibile e malignamente tecnocratico. Ciò che Calvisi narra, con una lingua che talvolta affonda in maniera troppo artificiale nel grottesco e nell’orrorifico, è la vicenda di due uomini, prima isolati in un bosco e poi protagonisti della ricostruzione di una nuova città che pare fondata solo su alte mura in grado di proteggerla da misteriosi assalitori. Questo romanzo, ammantato da un’aria distopica che concilia bene le atmosfere di Cormac McCarthy con quelle più weird, si situa in uno spazio e in un tempo nuovo e sconosciuto e ha per protagonisti questi due strani uomini, il Polacco, soldato valoroso dell’ultima Guerra Luminosa, uomo burbero, violento e poco incline al dialogo, e Simon, inizialmente un ragazzo, alla fine un uomo adulto, “uno spavento della natura” che non ricorda nulla del suo passato e sa solo di essere stato adottato, in un momento imprecisato della sua infanzia, dall’altro. I due vivono isolati dal resto dell’umanità, in una “palazzina” costruita dal Polacco, immersa nel bosco e nella natura più brulla, fatta di strane varietà di piante e animali selvatici feroci e misteriosi (“scorgo le code che vagano nell’ombra, sento il soffio del loro respiro. … Vederne uno vivo, però, un corpo intero e palpitante di fronte a me, quello è quasi un miracolo”).

Il Polacco, proprio per la sua fama di grande e valoroso soldato, viene presto richiamato verso la Capitale, dove potrà fregiarsi del titolo di Grande Urbanista e guidare così la ricostruzione. All’arrivo in città i due si dividono, e il lettore seguirà le sghembe vicende che capitano a Simon, continuamente braccato dallo strampalato mondo della Capitale, del tutto differente rispetto alla vita libera nel bosco: in una realtà che non capirà mai, Simon vive circondato da obblighi da rispettare di cui fatica a capire la necessità, da minacce di tradimento che non hanno alcun fondamento e da una macchina burocratica infernale (divertente la scena in cui il protagonista prende il numero in un ufficio per mettersi in coda ma il tabellone  comincia a “sgranare sequenze di numeri incongrui, il quindici, poi il seicentoventidue, poi il quarantotto e il ventinove quasi in simultanea”). Sono tutti elementi che spingono il lettore a pensare a un regime autoritario, a uno stato eccezionale che richiede simili misure di sicurezza o alle conseguenze di un colpo di stato, ma la curiosità è destinata a rimanere tale. Protagonista assoluto di questa vicenda è Simon, presto costretto ad emanciparsi dal controllo del Polacco finendo quasi per rimpiangerne la vicinanza, di cui questo romanzo racconta la perturbante e deformata formazione. La trama, impossibile da riportare tanto è concatenata su continui stravolgimenti, è costruita in maniera spesso spiazzante, ma l’impressione finale è che Calvisi, narratore sui generis, sia riuscito compiutamente a costruire un mondo feroce e opprimente, dove è completamente assente la solidarietà tra gli uomini e qualsiasi speranza di un cambiamento verso una realtà migliore, un triste orizzonte che, depurato ovviamente dai suoi contorni caricaturali, può apparire forse non così lontano.

matteo.moca@gmail.com

M. Moca è dottorando in letteratura italiana all’Université Paris Nanterre e all’Università di Bologna