Carlo Bordini – Strategia

Essere Dio significa scappare

di Giorgio Patrizi

Alcune settimane fa, se ne è andato – come si dice eufemisticamente – Carlo Bordini, noto scrittore romano, autore di culto per amici e attenti lettori. Bordini, che ricordo con affetto di amico e con stima di lettore, è stato (cioè, è ancora, nella storia e nel sentimento di questo periodo spietato) una presenza peculiare nel mondo della poesia italiana. Scrittore di particolare presenza, e di un percorso intellettuale e biografico del tutto eterogeneo da quello topico di intellettuali di sinistra che hanno attraversato, scrivendo, gli anni Sessanta e il quarantennio successivo. Scrivendo: una scrittura di poesia, ma anche di una prosa di particolare tonalità e di difficile collocazione, che spesso, mi sembra, negli appassionati, luttuosi ricordi di questi giorni, finisce un po’ in ombra, privilegiando, nel carisma della figura del poeta, la produzione di versi. Mentre, l’originalità di Carlo, il suo modo personalissimo di attraversare i generi della scrittura, va individuata nel suo proporsi in una serie ampia, complessa, di sfaccettature, che movimentano il suo approccio ai generi letterari. Autore di romanzi del tutto eterodossi, e di poesie elaborate attorno ad una struttura narrativa, o comunque improntate ad una discorsività piana, l’idea di letteratura di Bordini si condensa in una modalità di lavoro a togliere, a elidere quanto più possibile, scarnificando il testo verso una essenzialità, solo apparentemente dimessa, in realtà assertiva e rigorosa.

Questo nella scelta di un linguaggio povero, vicino sia al parlato, sia allo stile didascalico: di una didattica politica, erede certo di una lunga militanza, in epoche propizie, nelle file di un trotskismo nutrito di un primario richiamo all’internazionalismo. Bordini vive questa esperienza con passione per l’organizzazione del lavoro politico, all’insegna della forte solidarietà per gli sfruttati. Ma questa impronta di formazione si coniuga poi con una scrittura creativa collocata in una terra di nessuno, tra sperimentazione post-avanguardistica – attenzione al piano formale, con la scelta della “semplicità” e, a seguire, dello smontaggio della frase – e vocazione sentimentale, ma sempre poco tradizionale. Senza aderire all’uno o all’altro campo, ma ritagliandosi una personalissima postazione da cui poter raccontare se stesso, gli altri, i vicini, i percorsi. Raccoglie, nel 2010, per Sossella, tutte le poesie (I costruttori di vulcani), da leggere secondo questa avvincente peripezia della scrittura. Riprende una premessa di Roversi: «lo leggo come un ampio racconto, meglio: resoconto, epico in versi”, che ha” il merito e la forza…di srotolare problemi, emozioni, violenze utili e riflessive». Per la prosa, la ricerca di un quadro definitivo di sé e del proprio mondo, in Memorie di un rivoluzionario timido, del 2016 (ancora per il provvidenziale Sossella), che Carlo andava riscrivendo fino all’ultimo, appassionante racconto di sé tra amori, libri, utopie, ripiegamenti. Ma, personalmente, mi resta dentro, la inquietante, dura vicenda di allucinazioni in Gustavo, una malattia mentale (Avagliano 2006), dove, la narrazione piana, senza fronzoli, riesce a comunicare il pathos di una realtà/irrealtà lucidamente vissuta.

Tutto questo (ma poi, in realtà, altro, di più) per lo scrittore: l’uomo, massiccio  cultore di arti marziali e di scacchi, estimatore di vini e di cibi, di donne e di libri, ha trovato, con la naturalezza giocosa del carattere e dell’incontro con il mondo, una cifra tutta sua, coinvolgente. Che faceva ben sperare sull’umanità e che ora mancherà enormemente.

Carlo Bordini
Strategia
pp. 145, € 15,
Aragno, Torino 2019

La popolarità di Carlo Bordini, da poco scomparso, come uno dei poeti più interessanti di questi ultimi anni, nasce da una lunga e rigorosa pratica di scrittura poetica. Matura attraverso prove di versi – ma anche importanti prove di narrativa – via via più orientate verso una modalità così peculiare da diventare esemplare. C’è un modo di far poesia “alla Bordini” tanto specifico e riconoscibile da ritagliarsi un proprio spazio specifico nelle scritture attuali, collocandosi in uno spazio privilegiato in cui riesce a prendere le distanze sia dalle sperimentazioni radicali, di forme e linguaggi lontani dalle proprie scelte culturali, sia dalle modalità “confessionali”, di una poesia sentimentale e narcisistica. Tutte le sue raccolte possono essere lette nel duplice rifiuto di queste collocazioni entro cui si gioca, ormai da decenni, la dialettica della nostra cultura poetica. Proprio questo appartato modo di costruire il verso e la scelta specifica di un linguaggio semplificato al massimo ne fanno un caso letterario, insieme accattivante nella sua essenzialità espressiva e magistrale nel giocare con i tasti del linguaggio in direzione di una rarefazione della significazione.

Ora, per l’editore Aragno, nella collana di punta della poesia di ricerca, con un’ispirata prefazione di Claudio Damiani, Bordini ripubblica Strategia, un testo che aveva visto la luce nel 1981, nelle storiche edizioni di Giulio Savelli, che accoglievano alcune delle più dinamiche sperimentazioni dell’epoca. Strategia, come afferma Damiani, sembra raccogliere solo ora l’attenzione che merita. Nella quarta di copertina, Maria Grazia Calandrone sintetizza esattamente il processo in atto, nei testi raccolti nel volume, scrivendo di una ossessione amorosa che trasferisce “in contesto agonistico la ‘donna dello schermo’ dantesca”, per poi chiudere il corto circuito con una invocazione alla madre, in richiesta di risarcimento per la perdita dell’amata. Temi, come si vede, entro cui si svolge l’intera vicenda del libro e della scrittura: l’elaborazione dell’intreccio e la definizione di campo entro cui agiscono l’immaginario e il fantasma.

Appare significativo anche il titolo, che allude non al sentimento sofferente o alla memoria confusa, o alla compensazione immaginativa, ma al processo che regola ruoli e comportamenti: il rapporto tumultuoso con l’amata si teatralizza in rounds pugilistici, che raccolgono le tensioni della coppia nei gesti tipici dello scontro sul ring. Colpi, schivate, finte, abbracci, allontanamenti. Atti strategici, raccontati dal protagonista del match, che testimonia la propria tattica, consapevole di come essa assuma un carattere di modello: dello scontro come di ogni altro rapporto, nel quotidiano e nell’immaginario, nella biografia e nell’inconscio. L’abilità di Bordini – che si coglie meglio proprio nella nostra epoca di enfatizzazione dell’io e di concentrazione sull’attività narcisistica – è proprio nel mantenere tesa la narrazione/confessione del lavoro del soggetto che tracima costantemente dal ring alla vita, dal virtuale al quotidiano, letto però – il quotidiano – nello schema simbolico dello scontro (lo schema è la scherma tra i due), che permette di gestire l’intera gamma dei rapporti tra identità diverse e contrapposte.

Un destino di lotta che diventa una condizione metafisica (“guardavo la tua faccia dell’angolo / era sempre più tumefatta. / E pensavo: “ma se non ti ho colpito io, / chi ti ha colpita?”), così come l’amore dichiarato, che pulsa dietro i pugni e i colpi, si svela come un meccanismo bloccato, fermo quasi per l’eccessiva ritualità. Ma, procedendo nel percorso, la sezione Sondaggio raccoglie una dizione dello schema/scherma di cui si è detto, via via più faticosa ed estenuata: come escono allo scoperto i significati espliciti della lotta, le voci indifese della sofferenza e della perdita, la lingua va sfaldandosi, perde i pezzi, l’allucinazione si dichiara come sola possibile modalità di discorso: “Essere Dio significa scappare, / avere la forza esatta la com- / prensione / per / scappare”; “Perché, dimmi / vorrei che tu / smettessi / di mangiarmi/ a/ pezzettini, / una tregua, / una tregua, / perché ti / chiedo una / tregua?”.

Il libro si chiude con singole lettere che occupano un intero verso. La dicibilità dello scontro è ora ben lontana dai fasti del ring, si spegne nel frantumarsi delle parole, come esiti di un uppercut ben assestato: ma chi l’ha portato, il “montante” – quello che scardina le parole – sul volto di entrambi i contendenti, la vita, il linguaggio, la poesia?

patrizigg@gmail.com

G. Patrizi è saggista e insegnante

 

[Ringraziamo il fotografo Dino Ignani per lo scatto di Carlo Bordini in copertina]