Chiara Valerio – Il cuore non si vede

Maestro della scomparsa

di Matteo Moca

Chiara Valerio
IL CUORE NON SI VEDE
pp. 150, € 17,50
Einaudi, Torino 2019

“Una mattina, dopo sogni inquieti, Andrea Dileva si era svegliato nel suo letto, senza il cuore”. Così inizia il nuovo romanzo di Chiara Valerio che sin dalla prima riga mette in scena la particolare situazione che sceglie di raccontare. La scrittrice di Formia, oltre a rendere immediatamente consapevole il lettore della strana vicenda che sta per leggere, suggerisce subito un riferimento letterario facilmente intuibile: il più celebre racconto di Franz Kafka, La metamorfosi, inizia in maniera assai simile: “Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto”. Ma laddove Kafka raccontava di una trasformazione esteriore più che evidente, e inquietante, il gioco di Valerio è più sottile perché il protagonista Andrea, attento e diligente professore quarantenne di greco (da qui i numerosi riferimenti alla mitologia, che non appesantiscono mai il dettato ma si amalgamano invece alla perfezione con una storia che vive al confine con la realtà, considerato che, pur senza cuore, Andrea continua a vivere), subisce un’amputazione forse meno esteriormente impressionante, ma certo altrettanto complessa. “Non mi batte più il cuore” pensa tra sé e sé l’uomo dopo aver provato a sentire un battito che non c’è più, sorpreso di essere ancora in vita.

Il prosieguo della storia spoglierà pian piano Andrea anche degli altri suoi organi sottolineando ancora di più quello che è il tema principale del libro che parla di sottrazioni, di qualcosa che manca. Questo Il cuore non si vede è però anche un romanzo d’amore, di relazioni a cui, così come accade per il corpo di Andrea, manca qualcosa, di rapporti che vivono, o meglio sopravvivono, nell’incompletezza: “Non amava svegliarsi e dover sbattere contro l’evidenza che qualsiasi relazione umana è, per la maggior parte del tempo, un improponibile baratto tra il terrore di restare soli e la gioia della condivisione, uno scambio iniquo tra il proprio tempo, che è il proprio modo di essere, e la natura umana, che è dividerlo con gli altri”, pensa tra sé, appena sveglio e senza cuore, Andrea. In tale riflessione sta forse il nocciolo della declinazione dell’amore di questo romanzo (un’altra, altrettanto interessante e molto ben raccontata, bensì più tragica, è quella del precedente La gioia piccola d’esser quasi salvi, nottetempo, 2009), in una difficoltà profonda nel riuscire a conciliare forze diverse. Così la menomazione di Andrea, concreta e fisica, si tramuta subito in qualcosa di ben più volatile e astratto, perché pone domande inaggirabili sulle manchevolezze che caratterizzano le relazioni.

Le storie di amore principali attorno a cui ruota il romanzo sono due, e riguardano entrambe il protagonista Andrea: il professore ha una compagna, Laura, la prima che scoprirà la sua grave mancanza appena si sveglierà al suo fianco, ben consapevole che Andrea ha un’altra donna, un’amante, Carla, e che nutre timore riguardo ciò che a lei manca e che può essere dato al suo compagno dall’altra donna. Carla è invece sposata, ha già un figlio, e un cane, e rappresenta per Andrea un’idea più classica di famiglia, nonostante lui non abbia mai proposto a Laura di costruirne una tutta loro. C’è poi un’altra donna ancora, Angelica, la dottoressa alla quale Andrea si rivolge per cercare di capire quello che gli sta succedendo e con la quale, in gioventù, ha avuto una relazione. È con Angelica, e con i suoi confusi e fallimentari tentativi di interpretazione della strana malattia (o condizione) di Andrea, che il male che affligge il protagonista si tinge di altre sfumature: se il mistero scientifico è probabilmente insolubile, questo permette però ad Andrea di interrogarsi su cosa sono le emozioni e cosa un uomo senza cuore può fare, se può ancora sostenere le relazioni che aveva prima dell’improvvisa scomparsa senza alcuna mutazione (“Delle cose che gli piacevano o non gli piacevano, avrebbe dovuto ancora occuparsi? Che percentuale di invalidità viene attribuita a una persona che, in un incidente, probabilmente domestico, ha perso il cuore?” si domanda).

L’assenza del cuore, con l’avanzare delle pagine, sembra trasformarsi in una conseguenza diretta del modo di intendere la vita che ha Andrea, maestro della scomparsa e del mimetizzarsi per non prendere mai definitivamente delle decisioni, come testimonia bene il tentativo di tenere in piedi due relazioni diverse. E invece tutto questo finisce per avere un valore opposto, perché porterà il protagonista a interrogarsi su quello che in realtà è il suo mondo, come se fosse proprio la vicinanza delle donne, una vicinanza sincera e consapevole, a tenerlo in vita: “Quando le si avvicinava, gli pareva di respirare nuovamente, e che il cuore avesse ripreso a battere, non come prima, ma almeno un po’”.

matteo.moca@u-paris10.fr

M. Moca è dottore di ricerca in italianistica e insegnante