Giorgio Ghiotti – Gli occhi vuoti dei santi | Aspettando Book Pride

di Camilla Valletti

Giorgio Ghiotti
pp. 191, € 15
Hacca, Matelica 2019

Ghiotti arriva con questa nuova raccolta di raccolti dopo avere sondato terreni diversi con altre raccolte di racconti, di poesie, un romanzo e un saggio. Classe 1994, è una figura di scrittore intellettuale che ha saputo mutuare materiali, oltre che dalla letteratura, anche dal cinema. E qui rende un omaggio affettuoso e innamorato a Pedro Almodovar, che sembra avere segnato la sua formazione sessuale ed estetica, almeno durante gli anni dell’adolescenza.

Immersi in un tempo sospeso, i temi sono quelli della famiglia, delle relazioni, della rivelazione  del proprio corpo e delle sue inclinazioni. Arduo tentare di raccogliere un filo conduttore: d’altronde a Ghiotti interessa di più offrire ai suoi lettori immagini temperate dal passare degli anni, nostalgie per amiche del cuore, compagne di battaglie interiori   e episodi piccoli ma fondamentali per la costruzione di un’identità. Ci sono racconti dal tratto più realistico ed altri che sembrano non avere nulla a che vedere con l’autobiografismo come quello intitolato “È permesso” in cui si ritrae la figura di una madre come congelata nel suo tempo incantato scrutata dagli occhi di una figlia più goffa e sofferente a causa della morte prematura della sorella. La madre si chiama Fleur e non pare azzardato pensare che Ghiotti, in un sottile gioco di rimandi, abbia in mente le atmosfere ambigue e dal doppio fondo crudele di Fleur Jeaggy. E poi ci sono racconti più intimi, degni di una  narrativa che parte da Alberto Moravia per arrivare a Mancassola e affini, come quello che s’intitolo “Santi giorni” in cui una ragazzo di tredici anni matura un forte senso di colpa per essersi masturbato la prima volta sul divano di famiglia davanti ad un nudo maschile. Ghiotti così descrive quel sentimento. “Quella notte penso: lo verranno a sapere, domattina mi cacceranno di casa perché sono diventato adulto, come Peter Pan, fuori per sempre dall’Isola -che – non – c’è, mi allontaneranno come certe specie animali (la mia indecisione oscillava tra gli elefanti e le foche) che, quando invecchiano, si distaccano dal branco per non essere di peso alla comunità”.

Una voce molto contemporanea, ben radicata e consapevole dei modelli a cui guarda, matura e insieme ancora debitrice di quel “senso di immortalità” che ci arriva in direttissima dall’adolescenza.